Una vita turbinosa
Una vita turbinosa maria schneider Una vita turbinosa Maria Schneider vive a Parigi. Appartata. Difficile riconoscere nella quarantenne di oggi, smagrita, il viso segnato, la protagonista del cult-movie di Bertolucci. Solo gli occhi sono rimasti bellissimi, anche se lo sguardo è triste, lontano. Così l'attrice è apparsa nel film libanese Ecrans de sable presentato alla Mostra di Venezia nel '91 e mai arrivato nei cinema italiani. Questi 20 anni sono stati spesso drammatici per Maria. La droga, da cui è faticosamente uscita; poco lavoro nel cinema; scandali. Il più clamoroso proprio a Roma nel febbraio del '75. Vi era tornata in tumultuosa vacanza con una sua ultima fiamma, la fotografa americana Joan Patrice Tawnsend, che ad un certo punto aveva dato in escandescenze ed era finita al manicomio di Santa Maria della Pietà. La Schneider aveva voluto seguirla. I paparazzi erano riusciti a fotografarle dietro le sbarre, ne seguì un'inchiesta. Dopo Professione reporter di Antonioni e Baby sitter di Clément nel '75, Maria partecipa a film quasi tutti di «insuccesso» tra cui il femminista Io sono mia della Scandurra, Cercasi Gesù di Comencini. La tv italiana si ricorda di lei per due sceneggiati: nell'84 per Buio nella valle di Fina; nell'88 per una particina in Silvia è sola di Maestranza storia di alcolismo, protagonista la Malfatti. Nell'84, dal set del Caligola di Brass, Maria invece scappa: il film, dice, è contrario alla sua morale. [s. e]
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