«Così la dc se ne andrà dalla Rai»

«Così la dc se ne andrà dalla Rai» «Si dia voce a tutti ma senza urla, si facciano nomine non di parte, si rispetti l'obiettività» «Così la dc se ne andrà dalla Rai» Martinazzoli: e mi aspetto che escano anche gli altri IL SEGRETARIO DELLA DC E LA RIFORMA F BRESCIA. UMA Muralli come una cappa di camino. Parla con quella sua amarezza un po' incupita perché pesa più i concetti che le parole. 1 suoi collaboratori dicono che odia la televisione, nel senso che non ci vuole mettere piede. Ma la ama, da spettatore, come tutti. Ed è uno spettatore indignato, appassionato. Film e sport (niente tennis «perché sono un po' cieco e non vedo la pallina»), molto calcio, atletica, e telegiornali. Il resto è zapping. Allora, signor neosegretario della de, amore o odio per la televisione? «Detto così non ha senso. Amore quando ho tempo e c'è qualcosa...». Andiamo diritti al punto. Lei ha detto basta con i partiti nella Rai. Ma lei è il segretario del maggior partito. Allora? «Allora, basta leggere l'articolo 21 della Costituzione, che stabilisce il diritto di tutti ad essere ascoltati e rappresentati. Non credo che ci sia da aggiungere o togliere altro». Lei è stato eletto in fretta e furia dal gran conclave democristiano per battere le leghe che si stanno fagocitando la de. Domanda: Bossi è stato favorito dalla televisione o no? «Quando lo dico, Sandro Curzi si arrabbia. Ma lo ripeto: il modo di fare televisione del Tg3 e della terza rete in generale, più che favorire il pds ha gonfiato Bossi. Lui dice che bisogna dare voce a tutti. Ma la voce è una cosa e l'urlo è un'altra». Colpa dunque anche del vecchio pei? «Nella maniera più assoluta, no. La riforma del '76 si basava sul pluralismo delle idee, e il pei ne aveva da rappresentare. Qui le idee non c'entrano...». E allora cosa? Lo sfascismo televisivo? «Tutta quella robaccia che viene urlata, insultata...». Moralismo? «No, non soltanto: è che la via emozionale al dominio televisivo è tutt'altra cosa rispetto alla via dell'obiettività». Lei crede che esista una cosa di nome obiettività? «Francamente sì. Cercano tutti, o almeno molti, di far credere che l'obiettività non esiste, che tre parzialità siano una quasi-verità, invece sono tre bugie». Questo lei lo ha anche scritto nel «Cielo sotto Austerlitz». «Credo di sì». Ha scritto anche: «Dire niente in modo incomprensibile è un esercizio troppo diffuso. La civiltà dell'immagine ha bisogno soltanto di rapidità e di immediata comunicazione». «Sì, mi sembra che queste siano alcune delle deformazioni. Ho anche detto che spesso, più che tv spazzatura vediamo tv segatura». Lei ha scritto un florilegio di giudizi feroci sulla tv. «Lo ammetto». Parla di una finta cultura per commessi viaggiatori, sa¬ pienza a dispense per cretini veloci. «Ho detto che purtroppo siamo di fronte a una televisione che pretende di contenere tutta la verità, ma viene accesa dalla pubblicità, il suo demiurgo». Ci è andato anche più pesante: «Questo è il tempo dei sosia, se è vero che basta accendere la televisione per vedere che i buffoni parlano come re, mentre la bontà si incarna esattamente in un detersivo, meglio se liquido». «Queste erano riflessioni private di un cittadino che, come me, ama la pagina del libro finché non gliela impolpettano in uno sceneggiato». Lei intende occuparsi direttamente della Rai? E come? «Al tempo. Io ho un obiettivo: tornare al rispetto delle regole, dell'obiettività, della completezza, di tutto ciò che garantisce i cittadini che si rivolgono al servizio pubblico...». Sì, ma praticamente? «Praticamente io adesso devo ascoltare le persone che conoscono bene il problema, prima di tutti Grazioli che è anche nell'attuale consiglio d'amministrazione...». Lei, quando telefona alla Rai, di chi chiede? «Io non ho mai chiesto di parlare con Tizio o con Caio. Non ho mai voluto partecipare a programmi, andare a Crème Caramel, o roba del genere...». Andrebbe da Ferrara? «Da nessuno. Ma da Ferrara, devo dire, meno che mai. E' un genere di televisione che non mi piace, e che ognuno è libero di consumare, specialmente sulle reti private...». Tuttavia gli altri politici ci vanno, e litigano, fanno spet¬ tacolo. «Lo so. E questo è deprimente». Li condanna? «Io non condanno nessuno. Fanno una scelta che non condivido, punto e basta». Che voto dà agli attuali telegiornali? «Io seguito a vedere di preferenza il Tgl. Avrà i suoi difetti, quell'eccesso di politica di partito che io vorrei veder sparire da tutta l'informazione Rai, ma in definitiva lo trovo il più equilibrato e pro¬ fessionale». Da quando è diventato segretario ha mai incontrato Bruno Vespa? «No. Lui mi ha fatto un'intervista che è andata in onda, ma è stato tutto». Alla Rai l'attuale presidente Pedullà calcola che il Parlamento, a occhio e croce, non impiegherà meno di un semestre prima di nominare il consiglio d'amministrazione. «Accidenti. Tanto?». Io non lo so. Lo chiedo a lei. «Be', io sono assolutamente contrario a una prorogatio del genere. Parlamento e governo devono decidersi alla svelta». Alla Rai si preparano ad una sorta di lungo inverno, senza soldi, senza dirigenza legittimata, e pensano di procedere comunque a una autoriforma. Che ne dice? «Lodevole intento. Ma se le cose andranno come io spero, non ci sarà bisogno di tanto volontarismo». Pensa a un commissariamento della Rai, in extremis? «Lo leggo. Non so rispondere sui due piedi. Ma non lo escludo». Che opinione ha dell'attuale presidente della Rai? «Un galantuomo. Una persona colta. Io lo conosco come critico letterario e lo apprezzo. Ma io mi batterò affinché la Rai arrivi alla svelta a un assetto nuovo, sgombro delle attuali storture e che faccia il suo mestiere». Con chi pensa di farla questa battaglia? «Con gli altri partiti. E' una questione che riguarda l'interesse generale. Fra l'altro, ripeto, senza la spettacolarizzazione dell'urlo, dell'insulto, dello sfascio, non si sarebbe sparsa intorno tanta emozionalità brada. E di conseguenza non avremmo questo tasso di agitazione ed eccitazione che serve soltanto ad aggravare le cose». Molti interpreteranno queste sue parole così: la de intende mettere il bavaglio all'informazione tv, chiuderne gli spazi di libertà e procedere a una normalizzazione. «Chi lo facesse sarebbe un imbecille. Io non chiedo nulla da democristiano. Io chiedo da cittadino che parla a nome dei cittadini un servizio che sia pubblico...». Professionalità al primo posto? «Ed etica. Io credo che professione e morale vadano insieme. Sono queste le cose di cui vorrei cominciare a parlare con le persone che conosco e della cui competenza mi fido: Radi, Borri, altri consiglieri autorevoli, uomini che hanno passato anni immersi nella questione televisiva». Lei credeva al monopolio? «Ci credevo a condizione che fosse lo strumento con cui garantire il diritto di tutti a vedere rappresentate le proprie idee. Altrimenti non avrebbe avuto senso. Credo nell'articolo 21 della Costituzione e soltanto per questo ben determinato a imporre un ritorno del rispetto delle regole». Una pagella alle reti? «No, mi scusi. Non è il caso di fare pagelle. Ognuno vede da sé: là dove la verità è offesa...». Perché lei crede alla verità. «Io credo che esista sempre, nel momento in cui si dà una notizia, il livello massimo di verità reperibile in quel momento». La sua critica alla terza rete è nota. «No, non è nota e non è una critica tecnica. Vedo programmi di altissima qualità, un uso dello strumento televisivo di rara intelligenza. Però tutto questo copre una deformazione che non mi piace». Un giudizio su Blob. «Goliardismo funereo». Lei crede in quella cosa astratta che si chiama interesse generale? «Assolutamente. E io mi voglio battere per l'interesse generale». Tuttavia lei è il capo di un partito politico. «Un partito che dalla difesa dell'interesse generale ha tutto da guadagnare, e tutto da perdere se si dedicasse a parzialità di partito». Lei si aspetta che anche gli altri partiti accolgano il suo appello. «Senta, io amo riflettere e pensare sempre all'interesse generale. Mi piace pensare che anche gli altri facciano altrettanto. Certo, non sono mica un inerme, o un ingenuo. Se anche gli altri non fanno la loro parte, io su questo non starò fermo». In altre parole: sono pronto a ritirarmi dalla Rai, ma gli altri devono fare altrettanto. «Non è esatto. Il sistema pubblico è stato alterato e pretendo che l'alterazione abbia termine. E mi aspetto che così facciano tutti, perché così stanno le cose. E mi aspetto che tutti tornino a rispettare le norme, a cominciare dagli organi preposti...». E della rivolta dei giornalisti nelle testate televisive che cosa pensa? Molti hanno gridato al nuovo Sessantotto. «Il Sessantotto aveva più o meno degli obiettivi di natura ideale, giusti o sbagliati che fossero. Qui siamo piuttosto alla rivolta dei Ciompi, mi pare. E a me non piace tutto quello che sa di anomalia permanente, di evasione dalle regole, a cominciare da quelle generali che stabiliscono gli obiettivi di fondo». Questo vuol dire che anche Parlamento e governo si devono decidere e alla svelta. «O decidono alla svelta, o si dovranno prendere provvedimenti provvisori ed eccezionali». Fantasia al potere non è il suo slogan, vero? «Il mio è piuttosto quello dei dominio della ragione, e anche della ragionevolezza. Non mi piace tutto ciò che è gridato». Ma anche la politica è spettacolo. «Quando la politica dà spettacolo non è una cosa positiva. La politica deve avere maggior pudore». Intende i politici. «Intendo uno stile generale. Io mi occupo di quanto mi compete. Ma mi aspetto che anche gli altri facciano la loro parte». Finora siamo stati abituati a veder affrontati i problemi con la legge del rinvio. Non crede che questa legge avrà il sopravvento anche nella Rai? «Il rinvio provoca bradisismo. E i risultati li vediamo. No, io sono deciso: voglio vedere i risultati. Sui modi e i tempi, ascolterò chi se ne intende. Ma sul che cosa, non ho dubbi, né tentennamenti». Lei vede film in affitto? «Non so neanche come si usa il videoregistratore. Come uomo tecnologico sono un disastro». E come segretario della de? «Mi dia un attimo di tempo, poi faremo il punto». Paolo Guzzanti «Il modo di fare tv del Tg3 e di Raitre ha gonfiato Bossi più che il pds Io non condanno, ma non condivido» «Basta con tutta quella robaccia che viene insultata, gridata Come cittadino chiedo un ritorno alle regole del servizio pubblico» Giuliano Ferrara (foto a sinistra) «Il suo è un genere di televisione che non mi piace» ldino Martinazzoli (nella foto grande) Qui accanto il presidente della Rai Walter Pedullà 4 Enrico Ghezzi autore di Blob «Quel programma è goliardismo funereo»

Luoghi citati: Brescia, Crème Caramel, Ferrara