Craxi: io, Martelli e la fronda del psi

Craxi: io, Martelli e la fronda del psi Il segretario socialista: nella vita ho avuto un solo leader, Nenni, e non l'ho mai tradito Craxi: io, Martelli e la fronda del psi «Claudio pensi al sup, di onore» LA GUERRA DENTRO IL GAROFANO OROMA NOREVOLE Craxi, usciti di scena Andreotti e Forlani, molte veci dentro il psi e fuori dicono che anche il dopo-Craxi stia per cominciare. E' vero? «C'è tanta gente che sta sulla scena e non serve a nulla. Non credo di essere stato e di essere di questa specie. Per il resto con tutto il rispetto per Andreotti e Forlani penso che ognuno si costruisca il futuro suo». Si dice che una fase si sia chiusa, che il «Caf» sia al tramonto... «Il "Caf è un'invenzione come tante altre. Mi sono sempre trovato classificato in qualche sigla, a seconda dei periodi. Se questo "Caf fosse realmente esistito fórse la corsa presidenziale avrebbe avuto un esito diverso. Il tramonto che mi preoccupa è quello di un sistema politico in crisi che deve riuscire a rinnovarsi ed evitare di essere letteralmente travolto». E Lei non doveva diventare presidente del Consiglio? «Quando ho visto che il mio nome si urtava ad un veto, in parte pretestuoso, come i fatti hanno poi dimostrato ed in parte motivato in modo del tutto ingiusto, mi sono subito messo da parte. Ho favorito ed ho lavorato egualmente, senza scarti recriminatori, per una soluzione della crisi di governo, la sola che mi pareva possibile nelle condizioni date, nell'interesse del Paese. L'ho fatto nella convinzione di dare una prova di serietà e di responsabilità. Mi ero già adoperato del resto per aiutare a sciogliere i nodi istituzionali che si presentavano all'inizio della legislatura. Ho detto ed ho fatto valere la mia nell'elezione di Spadolini, poi di Napolitano, poi di Scalfaro al Quirinale ed infine di Amato come presidente del Consiglio». E adesso a Lei quale compito rimane? «La democrazia italiana ha bisogno di trovare nuovi e più saldi punti di riferimento. Io penso, del resto non da oggi, che sono mature le condizioni per far convergere e riportare ad unità tutte le forze che si dichiarano di ispirazione socialista. Già in questo Parlamento una federazione di queste forze rappresenterebbe la formazione più consistente, in grado perciò di dare le carte del gioco politico che si riaprirebbe su di una nuova prospettiva. Qualcosa in questo senso si muove ma tutto è ancora in alto mare. Nenni ed altri leaders della sinistra italiana ci hanno insegnato che chi perde la nozione del tempo in politica è già fuori dai binari. Ed io penso che il tempo stringe e che siamo già in ritardo». Teme di più la crisi economica, la tenuta del governo, il leghismo, l'avanzata dei referendari, o le conseguenze di tutto ciò sul sistema dei partiti? «L'intreccio della crisi economica con quella politica ed istituzionale può creare una miscela esplosiva. L'ondata di scandali da un lato e i fatti di corruzione veri e provati e non solo presunti, una criminalizzazione indiscriminata di tanta parte del sistema politico possono determinare effetti devastanti. Dalle viscere del leghismo sta uscendo il peggio e ormai non lo vede solo chi non lo vuole vedere. Quando sento parlare tra il serio ed il faceto di Kalashnikov, carri armati, secessione e milioni di giovani in piazza penso a quante volte Pulcinella ridendo dice la verità. Poi si muove tant'altro ancora che non tarderà a mostrare le sue stigmate di destra». Resta il fatto che le prove della corruzione di gran parte degli arrestati risultano evidenti. «Che si facciano processi e si giudichi secondo giustizia. Quello che non mi convince è l'uso violento del potere giudiziario. Tutti abbiamo o dovremmo avere il diritto di pretendere sempre ed in ogni caso il rispetto della legalità, il senso della misura, la totale indipendenza di cui ha parlato il Capo dello Stato, o la serenità di cui ha parlato il presidente del Senato. Non mi convincono invece gli arresti in massa di intere amministrazioni, di interi governi regionali, gli arresti spettacolari ed inutili, le detenzioni volte ad ottenere confessioni. Non mi convincono le«BoFa be Karide pressioni politiche lobbistiche che. si propongono di aprire la strada ad un cambiamento del sistema, con un'apoteosi dell'azione giudiziaria come via maestra al risanamento politico». Si è mai chiesto perché Lei appare come il politico più bersagliato, quasi il simbolo del «regime» che si cerca di abbattere? «Per la verità tante volte sono stato il bersaglio di mille polemiche. Lo sono stato quando guidavo il Paese accompagnandolo fuori da una crisi ben più grave che non la crisi odierna. Lo sono oggi forse perché chi va all'assalto del potere con il coltello tra i denti pensa che tolto di mezzo me tutto sarà più facile. Io penso che tante cose possono essere ancora cambiate senza farsi travolgere dalla demagogia e senza correre rischi avventuristici». Sta dicendo che il psi è per- seguitato perché Lei va in giro a predicare queste cose? «Non direi la verità. Il psi si trova nell'occhio del ciclone anche perché sono molti coloro i quali sono stati coinvolti in inchieste giudiziarie. Fra di loro vi saranno dei colpevoli ma certamente anche degli innocenti. Per il resto qualche riflessione deve essere fatta. La legge sul finanziamento dei partiti è sempre stata una mezza presa in giro che serviva a ottenere una quota di mezzi del tutto insufficiente in modo legale, e dunque costringeva tutti i partiti ad entrare nella sfera del finanziamento irregolare e illegale. C'è poi la questione criminale di tutti quelli che a nome dei partiti, o facendolo intendere, hanno ramazzato denaro che si sono messi in tasca». Le ruberie ci sono state, questo non è controverso. «Verissimo e infatti vogliamo la punizione dei colpevoli. Ma, ciò detto, non possiamo far finta di non sapere che i partiti hanno dei costi che sono comuni a tutti e in particolare ai maggiori: stampa, organizzazione, congressi, stipendi, viaggi, campagne elettorali e quant'altro. Tutti i partiti si sono riforniti da qualche parte per integrare le possibilità previste dalla legge. Poi si può aggiungere un capitolo che riguarda il ceto politico e il finanziamento delle sue attività politiche ed elettorali». Non trova che rubare sia pur sempre rubare, sia pure per il partito? «No, non è la stessa cosa come dimostra il suicidio di Moroni e la sua lettera. Ci deve essere una gradazione, una misura che serva a distinguere fra un comportamento illecito nei cui confronti vigeva una tolleranza verso tutti i partiti, e i ladri, i corruttori, i millantatori, i malfattori. Occorre adottare rapidamente una disciplina nuova in materia di finanziamento dei partiti in tutti i suoi aspetti passati e futuri». Martelli propone un'indagine sul lusso dei leaders del partito. «Ho sentito qualcosa di simile. Benissimo, forza, avanti, facciamo casi, nomi e cognomi, usciamo dal generico. In qualche riunione ho già fatto cenno anche ad un tribunale speciale di partito che vada a cercare i lussi e i soldi, indaghi, accerti. Se ci sono dei leaders del partito che vivono nel lusso non sarà difficile accertarlo e documentarlo». Mica l'abbiamo inventata noi giornalisti la storia dei rampanti calati in massa sul vecchio psi negli anni craxiani, mica siamo noi che abbiamo denunciato l'assemblea nazionale socialista come un circo di nani e ballerine. Perché non ha mai risposto a queste accuse? «E cosa dovevo rispondere? Nel partito per quel che mi riguarda io ho portato solo socialisti, e li difendo. Naturalmente sugli uomini tutti ci possiamo sbagliare ed anche io per quanto mi picchi di conoscerli, ho fatto la mia bella parte di errori. L'assemblea nazionale però raccoglie tanti bei nomi della cultura di area riformista, scienziati, intellettuali, operatori sociali. Le altre sono chiacchiere, deformazioni squallide e ostili». Anche per i rampanti? «Ma chi sono? Figuriamoci, non vivo sulla luna: ci sarà gente che è venuta da noi anche e solo per la voglia di scalare e di arrampicarsi. Ma tutto questo quando si è verificato non è passato per le mie scale. Io appartengo ad un'altra scuola, ad un'altra tradizione ed anche ad un'altra disciplina». Lei è accusato di aver mandato in carriera politica un esercito di affaristi spregiudicati, arraffatori senza vergogna. Purché portassero voti. Era inevitabile questa fretta di crescere comunque e con chiunque? «Quando sento dire così, io faccio una cosa molto semplice: mi rileggo mentalmente la lista delle persone che io ho portato in Parlamento. Si possono trovare solo uomini di qualità e degnissi- mi. Può sempre saltar fuori l'eccezione. Questo non lo si può mai escludere». Ma il suo è il partito anche dei Teardo, dei Chiesa... «Sono persone che non ho creato certo io. Chiesa, a pranzo con me non c'è mai stato. Altri andavano a pranzo con i principali tangentocrati milanesi. Non io». Resta il fatto che Pillitteri e Tognoli sono inquisiti. Non crede che la gente leghi questi nomi direttamente a Lei? «Mi auguro che venga presto il momento della verità. Per ora io credo a quel che so. Carlo è un uomo che di certo non ha mai cercato di arricchirsi. Paolo e mia sorella non sono anch'essi di certo una famiglia di ricchi. Io difendo entrambi perché su di loro sono state dette e scritte molte cose ingiuste. E questo vale anche per altri che sono stati messi alla gogna prima ancora di essere giudicati. E c'è chi si è piegato e non ha resistito di fronte al clima infame che si era venuto determinando». Eppure l'emergenza morale innescata dall'inchiesta di Milano ha provocato un terremoto elettorale, scrolloni ai vertici dei partiti, e nel psi una vera e propria guerra interna. Dica la verità: vede avverarsi la sua vecchia profezia del 1984, quando dopo le elezioni europee guardò negli occhi il partito che l'applaudiva e disse: bastava che perdessi lo 0,5 per cento e sareste stati pronti a farmi la pelle? «L'ho sempre pensato. Finché vincevamo, avevamo la guida del governo e crescevamo ad ogni elezione, tutto andava a gonfie vele e tutti stavano tranquilli, sotto il grande ombrello». Tranquilli, sotto dittatura? «Idiozie! Quel clima andava benissimo a tutti. Se ci fosse stata una dittatura o, come ho sentito dire, il centralismo democratico forse tante degenerazioni non si sarebbero verificate». E adesso cosa s'è rotto? Come mai è spuntata una opposizione a Craxi proprio dal gruppo dei craxiani di ferro come Martelli e Formica? «Cerco di cogliere la sostanza politica di questo dissenso. Ci sto ragionando sopra perché non tutto mi è chiaro. La politica del resto è fatta dagli uomini e negli uomini si agitano insieme idee, interessi, sentimenti e passioni. In tutto questo non sempre prevale il fattore più giusto e più nobile». Che cosa non Le è chiaro? «Intanto vorrei sapere che cosa è cambiato in poche settimane, che bisogno c'era a luglio di votare in Direzione un documento all'unanimità quando già veniva maturando un distacco politico che poi è divenuto ogni giorno più polemico, purtroppo in coincidenza con una aggressione contro la mia persona di cui sarebbe difficile trovare precedenti e che ho finito con il subire senza poter reagire». Distacco? Non è un tradimento? «Tra uomini liberi non ci sono patti di sangue». Lei non ha mai tradito un leader a cui è stato vicino? «Ho avuto un solo leader: Nenni. Povero grande Pietro: sono andato in minoranza con lui, ma non l'ho mai lasciato solo». Ma si aspettava l'abbandono di Martelli? «Gliel'ho detto: valuto e valuterò. Sento parlare di nuovi soggetti e di nuove identità e cerco di capire meglio, ed in tempo, di che esattamente si tratta». Gli ha parlato? «A Claudio? Ultimamente no». Dunque siamo alla incomunicabilità totale? «Per il momento dico solo che Martelli ha commesso due errori: insistere su di una proposta di legge elettorale impraticabile per l'Italia e dire che lui è venuto a salvare l'onore del partito. Ognuno pensi a salvare il proprio, di onore, che a salvare quello del partito ci deve pensare il partito stesso. Se mi sforzo di guardare con distacco questa nostra vicenda interna essa mi appare in definitiva solo come il tassello di un mosaico più grande. Ci sono molte spinte e campagne esterne che influenzano la vita del partito e tutto questo è sempre più evidente». Lei avverte intorno a sé la tiepidezza di molti che fino a ieri si sbracciavano? «Qualcosa del genere c'è, perché io sono sotto tiro. Poi c'è il timore di contarsi, come invece avviene in tutti i partiti democratici e come credo avverrà anche nel psi. D'altra parte, se la fase dell'unanimismo è finita, bisogna andare a vedere se c'è una maggioranza, e anche quanto pesa, come si compone e che cosa propone la minoranza. Ci arriveremo. Datemi tempo. In fondo sono tornato dalle ferie solo da un mese». Il problema è proprio il tempo. Lei crede di averne molto? Non la colpisce la velocità con cui la de ha cambiato il segretario e ha azzerato il gruppo dirigente dopo la batosta di Mantova? «Io ho certamente la massima stima di Martinazzoli che è un uomo e un politico di qualità. Ma non vedo che cosa dovrebbe insegnare nel psi, in questo momento, la vicenda Martinazzoli». Eppure le chiedono di andarsene. Non li sente? «Ufficialmente non me lo ha chiesto ancora nessuno. Lo leggo sui giornali. Ci sono poi gli ipocriti che lo pensano ma non lo dicono o dicono il contrario. L'ipocrisia è l'unica cosa che può mandarmi veramente in bestia». Ma Lei non ha mai pensato in queste settimane di tirarsi da parte? «Un punto dev'essere chiaro. Io non posso lasciare la segreteria del partito per la cosiddetta questione morale e neppure per una richiesta avanzata da ex comunisti. Questo non è proprio possibile giacché io sono in condizione di dare spiegazione su ogni punto della mia condotta e della mia responsabilità tanto di uomo di governo che di segretario di partito. Chi vuole spingermi alle dimissioni invocando la questione morale sbaglia del tutto indirizzo. Poi, naturalmente, vedremo». In che senso? «Nel senso che ho 58 anni. Fra 12 ne avrò settanta e da 16 sono segretario del psi. Ogni tanto ci penso. La vita è corsa via così, senza neanche avere il tempo di veder crescere i miei figli. E allora mi chiedo: chi diavolo me lo fa fare di stare qui? La carriera? Mi sembra di averne fatta abbastanza, no? E allora che cosa? Mi trattiene lo stato del Paese e la consapevolezza di avere ancora da fare e un dovere da osservare. Ma certo verrà poi anche per me, come per tutti, il momento di passare la mano». Allora si prepara ad andare in pensione? «Neanche per sogno. Per intanto faccio il segretario del psi. E poi, tra i cosiddetti rinnovatori vedo chi ha più anni di me e che più di me ha diritto alla pensione». «I givioleBastdi in Non teme, prima della pensione, di rivedere un psi modello pre-Midas, in mano alle correnti? «Spero proprio di no. Quel genere di spaccature, l'ubriacatura correntizia è per un partito un rischio troppo grande. Io spero che una larga maggioranza possa riconquistare e garantire l'unità». Però la spaccatura c'è. «Definiamolo in un modo meno brutale». Nega che Martelli e gli altri abbiano tagliato in due il psi? «Un partito tagliato è un partito che si scinde. Non mi pare che siamo già su questa china». Farà il congresso? «Ma certamente». E quando? «Quando si vuole. Io sono pronto anche subito». Diciamo a primavera? «Sarebbe fisiologico farlo a primavera. Meno a Natale». Dicono che Lei ha pianto per il tradimento di Martelli: è vero? «Lasciamo stare il tradimento che è una brutta parola che io non pronuncio. " Io veramente piango poco. Piango talvolta ai funerali delle persone care e qualche volta di gioia. Qui non è morto nessuno. No, non ho pianto, anche se non ho riso». Ma il fattore umano... «Il fattore umano quando ci si trova di fronte a dei crocevia difficili deve lasciare spazio alla responsabilità delle decisioni e delle scelte politiche». Chiarezza per chiarezza, il pds considera Craxi l'ostacolo da rimuovere. Cosa risponde? «Intanto, dico che quello che si farà nel nostro partito lo decideranno i socialisti e non gli ex comunisti. Poi vorrei ricordare che io qui ci sto perché sono stato eletto da un congresso ed al congesso risponderò del mio operato. Ricordo ancora che Craxi, incaricato da Brandt, è stato il relatore del congresso dell'Internazionale sulla questione della ammissione del pds». Occhetto lo considera un atto dovuto... «Atto dovuto un corno. Se vuole proprio saperlo, ho dovuto convincere alcuni rappresentanti dell'Internazionale che volevano congelare il pds almeno per un anno e tenerlo ancora sotto osservazione». Invece per Lei il pds è maturo? «Diciamo che è in un ritardo terribile: tallonato da Rifondazione, intimidito dal partito trasversale, sta lì, ancora non si è liberato dell'anima comunista e non si decide a muoversi. Morto il pei, avrebbero dovuto subito chiamarsi socialisti e trovare con noi una base comune di azione». E invece? «Ricorda anche lei, l'uso del "democratico"». Beh, all'americana... «No, alla comunista. Nel solco della migliore tradizione. L'aggettivo democratico - si ricorda? - era dappertutto: democrazie popolari, magistrati democratici, studenti democratici. Ma a questo punto, è inutile rivangare il passato: vorrei ora sapere una cosa». Quale? ((Adesso, il 4 novembre, noi e loro parteciperemo alla nascita del partito socialista europeo. Lo stesso partito socialista. Insieme. Non capisco proprio come potrà essere spiegata la confluenza in un partito socialista e il rifiuto del nome socialista». E se Occhetto aspettasse la sua uscita di scena? «Compirebbe un errore di valutazione. Questo non accadrà neppure se Finissi in minoranza, salvo che non decidessi io stesso di andarmene. Il che, in questa critica situazione italiana, mi sembrerebbe una diserzione». Ma se andrà via che farà? «Basta che mi diano della carta da scrivere, una penna e un telefono. Vedrebbe che qualcosa farei». Marcello Sorgi «Il partito non ha bisogno di essere salvato da lui Ci sono troppe spinte esterne in questa nostra vicenda» «Andarmene? C'è tanta gente inutile, io servo ancora Ma ho già 58 anni, verrà anche il mio momento» «Bossi è come Pulcinella Fa battute su secessione e Kalashnikov. Ma forse, ridendo, dice la verità» «I giudici fanno un uso violento del loro potere Basta con arresti inutili di intere giunte» Pillitteri, ex sindaco di Milano e cognato di Craxi «Paolo e mia sorella non sono certo una famìglia di ricchi Li difendo perché su di loro sono state dette molte cose ingiuste. Sono stati messi alla gogna prima di essere giudicati» Bettino Craxi A destra Oscar Luigi Scalfaro

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