La lista nera degli status symbol di Pierluigi Battista

La lista nera degli status symbol la polemica. Ottaviano Del Turco replica a Pininfarina: «Poveri Anni 80» La lista nera degli status symbol Spazzare via Rolex, Rondine e Stephen King E ROMA allora, Del Turco, adesso si mette pure a fare il corifeo dèi pauperismo? Gli italiani sono lì che soffrono per crisi, stangata e imposta straordinaria sugli immobili, e lei non trova di meglio che ammannirci un inno all'austerità, una tirata moralistica contro i consumi, un elogio della frugalità dei bei tempi andati? «Chi ha interpretato così il mio articolo, non ha proprio capito niente», risponde il numero due della Cgil. Una decina di giorni fa sull'Avanti.' Ottaviano Del Turco aveva infatti criticato ruvidamente l'industriale Sergio Pininfarina per il lancio della nuova Ferrari 456. :<Un calcio alla miseria», aveva scritto. «Una buffissima operazione di restaurazione», proprio «mentre migliaia di persone temono per le loro medicine e per la loro pensione». Ex presidente della Confindustria, Pininfarina non ha voluto perdere l'occasione di replicare. E lo ha fatto con una lettera al quotidiano del psi in cui difende a spada tratta «un progetto che mi auguro dimostrerà la superiorità della tecnica e del design italiano su quelli dei nostri concorrenti». «Avremmo dovuto vergognarcene?», chiede Pininfarina, e «lasciare campo libero ai prodotti Mercedes, Bmw, Jaguar, invece di contrastarli con la qualità del nostro prodotto?». Faccia il suo mestiere, sembra dire Pininfarina a Del Turco, e pensi piuttosto, lei che è sindacalista, alle positive «conseguenze sull'occupazione». «Ma il lavoro non c'entra», è la controreplica di Del Turco, «e nemmeno la qualità del nostro design. Pensi che io considero una splendida carrozzeria Pininfarina esposta al quarto piano del Museum of Modem Art di New York come una delle più belle "sculture del nostro secolo». E allora? «E allora è in discussione un decennio di stupidità e fatuità i cui modelli oggi sono diventati semplicemente intollerabili». Tangenti, crisi e svalutazione, dice insomma Del Turco, hanno messo una pietra tombale sugli Anni Ottanta. Anzi su quella congerie di oggetti esibiti come status symbol, gadget idioti, capi d'abbigliamento griffati, ninnoli costosi che hanno contrassegnato un'epoca spensierata e gaudente. «Ma insomma - rincara Del Turco - come si fa ad appioppare alla Ferrari il soprannome Daytona?». Forse per richiamare il mitico circuito americano. «No - è la risposta di Del Turco - per richiamare il mitico orologio per ricchi Rolex». Uno status symbol tira l'altro. Ed è tutta l'oggettistica Anni Ottanta che entra nel mirino di Del Turco. Con una precisazione, però: «Adesso tutti esecrano e vituperano lo yuppismo. Io non ho aspettato tempi più favorevoli per parlarne male. Quando a un congresso socialista mi scagliai contro quelli "nei cui occhi non brilla la luce della passione politica", era proprio agli yuppies che alludevo». E dunque, primo oggetto da dimenticare per Del Turco: il Rolex. «Salverei lo Swatch, un delirio tutto italiano. Se vai all'estero e chiedi uno Scuba, subito ti dicono: "Italiano"?». Diagnosi: «Provincialismo straccione». Esattamente come i Fay, gli impermeabili tipo pompiere con tutti quei ganci: «Provincialume d'accatto». Per finirla con gli odiosi Anni Ottanta occorre, per il numero due della Cgil, farla finita con i seguenti status symbol. Primo: l'Hondina SH50 e gli altri scooter giapponesi: «Segno di disinvoltura, usato da quelli che parcheggiano la Ferrari per andare in motorino». Secondo: «Lo champagnino, di qualunque marca. Non lo champagne, ma quel ridicolo liquido con le bollicine che avrebbe dovuto sostituire il più sanguigno vino». Pollice verso per le giacche Armani con le spalline imbottite, per lo squash, per quelli che vanno in aquascooter: «Li abbatterei senza misericordia come cavalli impazziti», per quei mensili, Capital o Class che sono altrettanti monumenti al consumo vistoso. E infine alcuni libri, «tutto Crichton e tutto Stephen King, letture-simbolo di una delle generazioni più incolte della storia dell'umanità». Nel cupio dissolvi di Del Turco si salvano a sorpresa il telefonino, «che oramai è diventato un indispensabile strumento di lavoro», e le Timberland, che «mi ricordano i jeans e quei bei giacconi a scacchi tipo Marion Brando». Tabula rasa, per gli Anni Ottanta. Sarà forse costretto a chiudere un giornale come Capitali «Neanche per idea - risponde il direttore del mensile Isa Antonelli Mazzoleni - non ci sentiamo affatto fuori moda, anzi». Anzi? «Siamo stati tra i primi a registrare un certo cambiamento di umore rispetto ai consumi dominanti negli Anni Ottanta. Abbiamo capito prima di altri che oramai c'è uno spontaneo ripudio generalizzato verso il consumo ostentato». E anche Capital cambia segno: «Non più viaggi alle Maldive e alberghi costosi. Va invece la locanda carina dove si mangia bene e a poco prezzo. Non più la fuoriserie ma la bicicletta. Non più l'orologione ma la giacca che dura anni. La qualità sta spazzando via l'etichetta. E non c'era bisogno del redditometro per constatarlo». La Guardia di Finanza ora sa dove cercare. Pierluigi Battista Ottaviano Del Turco

Luoghi citati: Maldive, New York, Roma