Io vero Taliano amo la padria

Io vero Taliano amo la padria Le leghe, la lingua, i dialetti Io vero Taliano amo la padria LI A scomparsa dei dialetti in Italia è un fatto che induce a molte riflessioni. Già un linguista come —I Clemente Merlo scriveva, nel primo numero della sua rivista Ultalia dialettale, nel 1924, che occorreva salvare dalla «inevitabile non lontana rovina quanto è più possibile del patrimonio nazionale» né, fra gli stranieri, Gerhard Rohlfs si faceva alcuna illusione. Ora, apprendiamo dai dati della Doxa, coloro che parlano dialetto in Italia sono scesi dal 42,3% nel 1974, al 33,2% nel 1988 e ad appena il 22,8% nel 1991: un crollo di proporzioni tali da far ritenere che fra una ventina di anni i dialetti potrebbero essere scomparsi. La notizia ha un indubbio valore sociale. Il suo aspetto negativo è che la scomparsa di una parlata è pur sempre una perdita di civiltà con le sue tradizioni e la sua visione del mondo. L'aspetto positivo è la rinforzata unità degli italiani, così divisi per altre ragioni (politiche, economiche e sociali), nonostante certe manifestazioni di indipendenza (si pensi, ad esempio, alle leghe). Siamo ormai arrivati a pensare seriamente, dopo il monito di Clemente Merlo, alla necessità di conservare ciò che dei dialetti ancora rimane senza tuttavia credere che occorrano interventi dello Stato per una salvaguardia che deve pur sempre fondarsi sulla volontà dei cittadini. E' interessante notare che il più alto numero di coloro che parlano dialetto in casa si riscontra nelle Tre Venezie (48,8%) mentre in Basilicata, in Calabria e in Sicilia si è sul 35%; ma dati ancor più istruttivi si hanno se si osservano le percentuali di quelli che parlano fuori casa sia dialetto sia italiano Le tradizioni regionali Se si esclude la Toscana, la Lom bardia è la regione dove si parla meno il dialetto fuori casa (11,7%), preceduta, però dal Piemonte e Valle d'Aosta (10,8%) e seguita dal Lazio (13%). Resta da chiedersi quali funzioni abbiano avuto le singole tradizioni regionali (che hanno anche importanti documenti scritti) di fronte al toscano o meglio al fiorentino che, solo per i prestigio dei suoi grandi trecentisti e senza, nessuna imposizione di poteri temporali, si diffuse in tutta Italia. Al quesito si può trovare unji esauriente risposta in un grosso volume di ben 1038 pagine della benemerita Casa Utet, Uitaliano nelle regioni, a cu ra di Francesco Bruni che ha operato con l'aiuto di trenta collaboratori. L'opera è importante, ricca come è in ogni pagina di os servazioni ben documentate e meditate. Dopo la grande opera com piuta da Bruno Migliorini, culminata con l'ancora insuperata Storia della lingua italiana, il punto di partenza delle moderne ricerche è un lavoro di Giovan Battista Pellegrini che, già nel I960, oltre alla comune dicotomia lingua/dialetto, richiamò attenzione su due concetti intermedi, quello di italiano regionale e di dialetto italianizzante. Si hanno, così tante storie linguistiche regionali non tanto fini a se stesse quanto tendenti a esaminare le condizioni dell'irradiamento fiorentino fuori del suo stretto nucleo cittadino. La dialettica lingua toscana/varietà linguistiche regionali è svolta, nell'opera curata dal Bruni, con riferimento a tutte le fonti, comprese quelle giornalistiche, le inchieste compiute nelle scuole, le raccolte epistolari di emigrati. Render conto di tutto è impossibile. Il volume, che servirà precipuamente come opera di consultazione, si legge anche tutto di seguito con molto interesse. Daremo perciò soltanto testimonianza di due situazioni molto diverse in cui, tuttavia, vi è prova sicura di radicamento del dialetto nella lingua. Un aspirante elettore Consideriamo il saggio di un aspirante all'iscrizione nelle liste elettorali della fine del secolo scorso-inizio del presente, di Borgo Collefegato (ora, più graziosamente, chiamato Borgorose): lo. Amo la mia padria perche sono vero Taliano e oh servito la mia padria anni 3 nel'114° Reg.to Art.a Caporale però o servito con onore e stima però mi dico vero Taliano. Come si vede, un disastro grammaticale nella generosità dei sentimenti. D'altra parte, a testimoniare una situazione molto diversa, a Bologna la diffusione dell'italiano è stata ed è condizionata da un sostrato dialettale che si riscontra anche in chi non parla più il dialetto e specialmente in un ambito realistico proprio della regione emiliana. A parte la pronuncia di quella che è chiamata S salata, nel vocabolario dei grandi scrittori non mancano elementi locali. Così in Riccardo Bacchelli, scrittore dottissimo, si trovano bazzurlone «persona sbandata», paciugo «pantano, mota», dare le onde «barcollare», martuffo «balordo», magone «ventriglio del pollo, dispiacere», imbalzato «incapace», «rimbecillito», fittone «paracarro». Come si vede, situazioni tanto varie quanto è varia la realtà culturale italiana che trova riscontro solo nella diversità dei passaggi, nell'umore della gente, nell'infinita gamma delle manifestazioni artistiche. Tristano Bolelli

Persone citate: Bruni, Bruno Migliorini, Francesco Bruni, Gerhard Rohlfs, Giovan Battista, Riccardo Bacchelli, Taliano, Tristano Bolelli