«Quest'autunno meglio se non troppo caldo» di Flavia AmabileWalter Mandelli

«Quest'autunno, meglio se non troppo caldo» «Quest'autunno, meglio se non troppo caldo» Del Turco: no a un altro '69. Camiti: rischieremmo il fascismo ROMA. «Sì, l'autunno caldo è stata la stagione più bella della mia vita». Allora è d'accordo con Trentin, che l'ha invocata per risolvere i problemi della nuova crisi italiana? «No, non sento nostalgia per quei tempi. Ogni autunno è diverso dall'altro, ed è bene che sia così. Mi auguro che nessuna generazione abbia più bisogno di conoscere un altro autunno caldo». Ottaviano Del Turco, segretario generale aggiunto della Cgil, non ha l'«hobby» della polemica con il suo collega Bruno Trentin. Ma stavolta l'auspicio del collega non lo trova d'accordo. E come lui, sono molti i sindacalisti - sia tra coloro che c'erano sia tra quelli che non c'erano ancora - che non rimpiangono le barricate, i lacrimogeni, l'esasperata tensione sociale di quegli anni «formidabili». Pierre Camiti, un altro che «c'era»: «Autunno caldo? Ma quello che rischiamo di vivere nf>RÌ in Italia come in Eurona, è un '68 di destra con naziskin e leghisti. C'è un'ondata di contestazione di destra, completamente diversa da allora, anche perché quella di adesso è assolutamente incolta. La protesta del 1969 corrispondeva a bisogni di cambiamento, era una contestazione antiautoritaria. Quella di oggi no, non lo sarebbe». Trova pochi consensi, dunque, l'idea del valore «salvìfico» di quella stagione di lotte. O quantomeno: dell'opportunità di ri¬ proporla oggi, a distanza di ventitré anni. Walter Mandelli, uno che nel '69 c'era eccome - naturalmente dalla parte degli imprenditori va giù duro: «L'autunno caldo? E' stato uno dei periodi peggiori, una convulsione illogica e antistorica. Si fece tutto il possibile per ottenere l'eversione del sistema. Le rivendicazioni dovevano essere superiori a quanto il sistema poteva recuperare, perché onesto voleva dire cambiare i rapporti di potere. Ecco: c'era, alla base, una gran voglia di potere. E oggi la nostra democrazia sta ancora pagando il prezzo di quell'autunno caldo, padre dell'economia consociativa che ha affossato il Paese». E c'è una critica, una forte perplessità, che giunge anche da una fonte «insospettabile», cioè da Gino Giugni, padre dello Statuto dei lavoratori, oggi presidente socialista della commissione Lavoro del Senato: «Non capisco che cosa vuole Trentin. Vuole la caduta del governo? Era già inutile questo, di sciopero generale: avrebbe potuto ottenere gli stessi risultati senza far fermare il Paese per quattro ore. Se ora si parla di una seconda agitazione, allora direi che ci avviamo verso la ginnastica dello sciopero e non mi sembra il momento adatto». E' una musica, questa, che risuona anche nelle stanze della direzione socialista. Francesco Forte, responsabile economico del partito e presidente della commissione Finanze del Senato: «Un altro sciopero generale? Forse lo vuole Trentin, ma è da solo. Dunque, mi sembra un'ipotesi assai remota e la manifestazione di una politica di disperazione da parte della Cgil che non è certamente utile per il Paese». E che cosa ne dice il senatore Forte della possibilità che l'Italia viva un nuovo autunno caldo? «Per carità, sarebbe la fine per il Paese. Stiamo ancora scontando gli effetti del primo autunno caldo, che ha portato a questo enorme buco nel debito pubblico, per potercene sobbarcare un secondo». Zero su tutta la linea, dunque. Esattamente quello che pensano anche a piazza del Gesù. Mario D'Acquisto: «Un nuovo sciopero generale sarebbe una mossa profondamente sbagliata: è proprio quello di cui non ha bisogno l'Italia in questo momento». ^ Flavia Amabile A sinistra Walter Mandelli. Qui accanto Ottaviano Del Turco

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