Sulle Finanze l'ombra del Caf di Mario Deaglio

Sulle Finanze l'ombra del Caf Nel '93 l'erario sborserà 1781 miliardi ai Centri di assistenza fiscale Sulle Finanze l'ombra del Caf Così lo Stato paga per riscuotere le tasse ECONOMISTI CONTRO IL FISCO CMè ancora del buon sen™ so al ministero delle Finanze? Noi speriamo di sì e speriamo anche che, pur se tardi, si possa ancora tornare indietro. Parliamo di Caf, che non è l'asse Craxi-Andreotti-Forlani, ma, più banalmente, sono i Centri di Assistenza Fiscale, inventati dal ministro Formica sotto la non disinteressata pressione delle associazioni dei commercianti, artigiani e dei sindacati dei lavoratori. Perché i Caf? La storia ha dell'inverosimile. Lo Stato per incassare le imposte fa ricorso a formulari complicati e incomprensibili la cui compilazione e regolamentazione amministrativa grava su imprese e cittadini. Posto che incassare le imposte è interesse legittimo dello Stato, ci si sarebbe aspettato che il ministro delle Finanze, con modica spesa e con l'aiuto di un professionista, operasse una semplificazione della modulistica, per rendere più agevole l'incasso, come farebbe ogni impresa che fosse preoccupata di ricevere i propri pagamenti. Invece la soluzione escogitata è opposta. Le complicazioni restano (anzi, aumentano), ma viene «consentita» per legge la istituzione di Centri di Assistenza Fiscale (Caf) da parte di sindacati, imprese, commercianti e artigiani cui viene demandata la compilazione delle dichiarazioni di reddito, contro il pagamento da parte del ministero delle Finanze di 20 mila lire a dichiarazione! Adesso il quadro degli interessi è forse più chiaro. Lo Stato pagherà, secondo le sue stesse previsioni, ben 1781 miliardi di lire nel 1993 per un'attività che finora i cittadini hanno fatto per conto proprio. Questi soldi non andranno ai cittadini stessi per indenniz¬ zarli delle complicazioni burocratiche, ma affluiranno ad alcune corporazioni che si legittimeranno nei confronti dei loro aderenti e che potranno garantirsi un certo finanziamento pubblico. La spesa pubblica aumenterà notevolmente nei prossimi anni, perché le 20 mila lire promesse oggi sono palesemente insufficienti a una gestione professionale delle dichiarazioni di reddito: il prossimo anno, il contributo dello Stato passerà (a furor di corporazioni) a 50 o 100 mila lire per dichiarazione. Lo Stato finirà così per appaltare le imposte, così come ha già fatto in parte con le pensioni, ove operano numerosi Patronati (dei sindacati e organizzazioni affini) che, con la scusa di sbrigare le pratiche amministrative, prelevano già oggi circa 400 miliardi di lire l'anno dai conti dell'Inps. Per questa via, corporazioni e asso- ciazioni «storiche» che non riescono più a convincere i propri aderenti a pagare liberi contributi si potranno finanziare pubblicamente a spese dello Stato, in barba alla tanto decantata libertà di associazione e con un ritorno pericoloso verso forme di corporativismo. In queste condizioni, domandiamo sommessamente ma fermamente: perché non abolire i Caf che costeranno allo Stato una somma esorbitante che rappresenta una frazione non indifferente delle nuove imposte che il ministro delle Finanze chiede agli italiani? E, se proprio il ministro non se la sente, perché non rinviare a tempi migliori e dopo una maggiore riflessione questo appalto di parti fondamentali della funzione pubblica? Ci aspettiamo una risposta. Mario Deaglio Innocenzo Cipolletta A destra Rino Formica. Quando era ministro delle Finanze ha inventato i Centri di assistenza fiscale

Persone citate: Forlani, Formica, Innocenzo Cipolletta, Rino Formica