Orlando: ecco chi trama con i boss
Orlando: ecco chi trama con i boss Il leader della Rete testimonia sul delitto di Piersanti Mattarella e piovono querele Orlando: ecco chi trama con i boss «Giumella, Ciancimino e Muraria i re di Palermo» PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Senza nulla rimangiarsi, Leoluca Orlando è tornato a parlare di un comitato d'affari che attraverso gli appalti comunali era «padrone di Palermo» immediatamente prima dell'omicidio Mattarella, il presidente della Regione «delfino» di Moro che fu assassinato in un agguato il 6 gennaio dell'80. Il leader della Rete, che dell'ucciso fu consulente giuridico, ha aggiunto che «il delitto ebbe un riferimento nel comitato d'affari che per anni ha condizionato la vita politico-amministrativa della città e che ancora oggi è forte e presente, impegnato a difendere la sua impunità». Nella verde aula bunker dell'Ucciardone ad ascoltare Orlando, teste nel processo sui delitti politici, un solo imputato, sia pure di gran nome: Michele Greco, indicato come il detronizzato capo della «cupola». Greco ha ottenuto, come suo diritto, di assistere alle udienze e i soliti «bene informati» assicurano l'abbia fatto più per star lontano dal durissimo penitenziario di Pianosa che per l'effettivo interesse a seguire il dibattimento nel quale è imputato di essere mandante degli omicidi Mattarella, La Torre, Reina. L'ex sindaco ha tenuto bene la scena, facendo i nomi di quanti avrebbero fatto parte del comitato d'affari. Gli stessi che Giovanni Falcone («Faccia i nomi o stia zitto») l'aveva sfidato a rendere noti dopo le tante denunce generiche e per le quali il Csm un anno e mezzo fa aprì un'inchiesta. Il parlamentare transfuga dalla de ora ha detto: «Il comitato è composto da politici e imprenditori come i Cassina e i Vassallo, politici come Vito Ciancimino, Gunnella, Murena socialdemocratico e l'on. Salvo Lima. Sono stati loro i padroni della città, i garanti dell'equilibrio politico-mafioso». Identica linea, perfetta sintonia nella stessa udienza con le deposizioni del senatore Carmine Mancuso pure della Rete e del gesuita Ennio Pintacuda che del movimento di Orlando è un po' il capo spirituale, il principale ispiratore. Pintacuda ha sostenuto che anche nell'uccisione dell'europarlamentare de Lima, il 12 marzo scorso, s'intravede l'oscura trama di un comitato d'affari, insomma un intreccio politico-mafioso. Le reazioni non sono tardate. L'ex ministro pri Giumella non più parlamentare e non più del pri ha diffuso una nota di fuoco; più stringato, ma non più morbido, il costruttore cavaliere del lavoro Arturo Cassina. «L'onorevole Orlando - ha detto Gunnella - tende a depistare la corte d'assise e a rendere più difficile l'accertamento della verità con un'azione moralmente censurabile che va valutata in tutti i suoi aspetti». Annunciando querela, Gunnella ha ricordato che l'anno scorso aveva citato Orlando in sede civile, chiedendogli un risarcimento per danni morali di 5 miliardi e il 18 novembre sono fissate le comparse conclusive. «Orlando tende forse a influenzare i giudici civili?», si è domandato Gunnella che ha sottolineato come dal 1976 al 1980 quando Mattarella («il mio amico») fu ucciso il Comune fu amministrato «dagli amici di Or¬ lando insieme al gruppo di Ciancimino e Murena». E Cassina? Bolla di «fantasiose e farneticanti» le dichiarazioni di Orlando e non esita ad accusare i leader della Rete di avere «scelto l'arma della diffamazione gratuita nell'intento di rendersi protagonista ad ogni costo nel dispregio delle più elementari norme morali e di civiltà». Nel riservarsi «azioni nelle sedi competenti a tutela del nostro buon nome», Arturo Cassina aggiunge: «Nulla che attenga a fatti di delinquenza qualificata o inchieste per delitti che trovano comunque la nostra più viva e partecipe esecrazione ci ha mai sfiorato». E intanto guai si profilano per Giuseppe De Santis, sindacalista Cgil, pidiessino amico di Carmine Mancuso, interrogato lunedì in corte d'assise. In istruttoria aveva detto che Orlando, Pintacuta e Mancuso gli avevano anticipato che il «pentito» Giuseppe Pellegriti di lì a poco avrebbe fatto il nome di Salvo Lima come mandante del delitto Mattarella. De Santis poi smentì la circostanza (smentita anche dai tre chiamati in causa) e Pellegriti, che davvero aveva parlato di Lima, poi ritrattando, fu incriminato per calunnia da Falcone. Su questo balletto che secondo alcuni potrebbe far immaginare Pellegriti e De Santis «usati» dal senatore Mancuso, adesso il pm Pignatone ha chiesto alla corte di trasmettere alla procura il verbale dell'ultimo interrogatorio del sindacalista perché si accerti se vi siano gli estremi per un'incriminazione per falsa testimonianza. Si è anche parlato di Gladio e servizi segreti. Ieri pomeriggio ha deposto l'ammiraglio Fulvio Martini, già capo del Sismi, che ha chiarito come non fosse stato mai provato che nel convulso dopoguerra siciliano Pio La Torre, allora molto giovane, avesse trescato con i servizi dell'Europa orientale. Quanto a Gladio, secondo Martini nel 1987 vi fu un tentativo di farla agire anche nell'isola, ma poi non se ne fece nulla. Antonio Ravidà L'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha deposto come teste nel processo per i delitti politici. In aula era presente un solo imputato: Michele Greco, ritenuto il «papa» di Cosa Nostra
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