«lo, Lanzichenecco a piana del Gesù»

«lo, Lanzichenecco a piana del Gesù» LE CONFIDENZE Al FEDELISSIMI da Brescia a Roma Le prime ore del nuovo leader dopo il viaggio in vagone letto «lo, Lanzichenecco a piana del Gesù» «Lasciatemi lavorare», e parte un no al governissimo E ROMA PPURE il lunedì dell'AcI clamazione era cominciato proprio male: «Grunf! Uff! Non ho niente da dire, òstia!». Povera Daniela Tagliafico e povero cameraman del Tgl, mandati alle sette del mattino, alla stazione Termini, da Bruno Vespa. Mino Martinazzoli, una notte insonne sul vagone letto da Verona a Roma, scende dal treno e se li trova lì, grunf. Ma è un signore che arriva da solo, che vuol esser lasciato solo, ha in mano un borsone e in testa quel discorso che dovrà fingere d'improvvisare. Le telecamere proprio non le vuole, òstia. Ma che giornata, poi. E che sfizio, per questo Martinazzoli che da anni ripete «sarò il primo segretario di una de in esilio», diventale segretario davanti a quella platea di notabili e amici-nemici. E quanti baci, bigliettini infilati in tasca, lunghi testi di evviva consegnati a mano. Alle tre del pomeriggio, da Corsetti, il ristorante più vicino al Tempio dell'Acclamazione, il Segretario chiama a raccolta dieci amici, tutti fidati, tutti in grado di capire il dialetto bresciano. Tovagliolone al collo, spaghetti aglio e olio, un gelato enorme, un grappino e via. «Parlavo, sudavo e li vedevo. Piccoli in lacrime, Lattanzio che applaude, Andreotti che non lo capivo...». Attorno, mentre si racconta, questa sua lobby che è tutta un gutturale urgh-grunf-òstia: siamo a Roma e siamo tra Brescia e la Val Camonica. «Martinazzoli - spiega lui viene da "Manin solo", e Martin da noi era il lanzichenecco. Lanzichenecco solo, ecco cosa sono». Era così quando è partito da Verona, appena due amici a salutarlo, tutt'e due di nome Sergio, contadini sani e democristiani: «Ti abbiamo ammazzato il maiale». Sul treno per Roma, vagone numero 10, cuccetta numero 21, il Lanzichenecco che arriva in Piazza del Gesù è intrattabile. Proprio come il giorno del suo debutto da avvocato, 1954, pretura di Orzinuovi, processo por furto d'acqua. Vale il racconto di un amico bresciano, che è Gigi Bazoli fratello di Nanni presidente del Nuovo Banco Ambrosiano: «Prima di una causa era inavvicinabile». Seguiva i consigli dell'avvocato Giuseppe Quaglia, il suo maestro del Foro: fai finta di improvvisare, ma preparati bene, a memoria. E così fu. In bresciano: òstia se si è preparato bene! Ottima scuola, complimenti all'avvocato Quaglia. E qui da Corsetti, come la sera di lunedì in un'altra tavolata, stavolta più larga, con l'ex presidente della Regione Lombardia che smorza il duro dialetto bresciano e preferisce il «Porca l'oca!», Martinazzoli conferma. A suo modo, s'intende: «Come sono andato?», chiede ai suoi tra un urgh e un grunf. Ma che domanda: hai citato il Giuseppe di Gardone e il Paneroni, li hai buttati lì alla grande, testimoni chiave come davanti alla corte d'assise. Giuseppe e il Paneroni, che capolavoro oratorio, ecco la nobile arte forense di Mino Marti- nazzoli avvocato penalista in Brescia. Giuseppe è il Pezzotti di Gardone Val Trompia, operaio, una vita a tirar cavi d'acciaio per le funivie. A Gardone i leghisti lo chiamano ladro. Domenica si son visti, Giuseppe e Mino: «Noi non dobbiamo farli più piangere» quelli come Giuseppe, dice ai notabili de. Come dire: io sto con Giuseppe, io sto con chi vuol essere de senza trafficare e senza incassare: «Ma questa battuta - dice a tavola - l'avranno capita?». E Paneroni? Citare Paneroni è quasi da «Lumbard» bossiano. Giovanni Paneroni, agricoltore che svende la terra e va a vendere biscotti neri nei mercati di paese, sedicente fisico dalle grandi scoperte, prototipo del leghista. Paneroni che elabora la teoria, detta «la Panerona», secondo cui la Terra non gira attorno al Sole. Paneroni che scrive al Duce, come racconta Martinazzoli a tavola: «Si ricordi, Eccellenza, che il fascismo senza la Panerona è merda». Tre giorni dopo era al confino. La fine di Bossi, che parla e straparla e rischia? No, con Bossi neutri rapporti, al momento. E' un nemico, sì, ma è lo stesso nemico che lo avrebbe votato per mandarlo al Quirinale. Meglio Mino di Scalfaro, per Bossi. Ma da Corsetti, e alla sera da Archimede in piazza dei Caprettari, Martinazzoli di Bossi non parla. Evviva Giuseppe Pezzotti segretario della de di Gardone, evviva Paneroni. I suoi, intanto, vogliono sapere, domande indiscrete senza risposta. Che, per chi conosce Martinazzoli, è già una gran bella risposta. E vero che Gianni Prandini, il rivale de bresciano, non ha applaudito? La sera dell'Acclamazione Martinazzoli ha salutato gli amici alle undici. Spaghetti al pomodoro, frutta fresca, a letto presto che domani inizia il tour diplomatico. Alla stessa ora, nel suo ufficio di Brescia, era in arrivo un fax del suo più eccentrico cantore, che è poi lo scrittore Aldo Busi, bresciano di Montichiari, della Bassa come Martinazzoli, negli ultimi mesi un vero tifoso: «Prendimi come segretario del Principe». Era proprio contento, il peccaminoso Busi. Che per Mino detta quest'epitaffio: «Finalmente una bella faccia da capo Sioux, sexy e maschia». Chissà se farà piacere a Martinazzoli. Certo, come sempre, risponderà al volo. E continueranno a vedersi e a ridere, sì proprio a ridere, della politica e delle facce de. Busi le chiama «le facce con la pelle di culo». Martinazzoli, grunf!, urgh!, sghignazza. Ma nella sera dell'Acclamazione è meglio lasciar perdere l'argomento facce. Meglio, magari, raccontare le telefonate degli amici bresciani che diventeranno famosi. Che dispetto, Mino. Sapevi che arrivavano in macchina lunedì sera, e ti sei lasciato eleggere la mattina. «L'ho fatto apposta». Tieh!. E ride. E adesso che è mercoledì mattina, ora che Martinazzoli ha il suo ufficio a Piazza del Gesù, ora che bisogna essere segretari de (in esilio?) si torna alle origini e al carattere, a quella brescianità ombrosa. Basta con le tavolate, i grunf! e gli urgh! Soprattutto da oggi, come insegnava l'avvocato Quaglia, si finge l'improvvisazione e però tutto va ben studiato. Il Lanzichenecco solo abbassa il crapone bresciano e va a Piazza del Gesù a dire il primo no al governissimo. Con una raccomandazione ai cronisti: «E lasciatemi lavorare in pace...». Urgh!, impresa impossibile. Giovanni Cerruti E lo scrittore Aldo Busi diventa il suo cantore «Finalmente una bella faccia da capo Sioux sexy e maschia» Ili'-»' ■Se»*' 1SH measec»! ■ <s. «•>«*•*< U •.<«»«•»« :.*,*»«»*«;: li neo segretario della de Mino Martinazzoli (Publifoto) A destra, Ciriaco De Mita che ha lasciato la presidenza del partito