L '«infernale» Bocca egli esorcisti frettolosi

L '«infernale» Bocca egli esorcisti frettolosi LETTERE AL GIORNALE: IL LUNEDI' DI O.d.I L '«infernale» Bocca egli esorcisti frettolosi L'ultima carica Mi dispiace dover contraddire l'articolo descritto dal generale Emilio Grimaldi su La Stampa del 19 settembre, ma l'ultima carica della cavallerìa avvenne l'I I settembre 1943. Cito l'avvenimento: il IO settembre il Reggimento Nizza Cavalleria, appena arrivato dalla Francia, viene fatto prigioniero e disarmato dalle truppe naziste nella caserma Morelli di Popolo in corso Stupinigi (ora corso Unione Sovietica). L'II settembre, al mattino, verso le ore 9 i tedeschi portano via tutti gli ufficiali con i camion per trasferirli in Germania (in seguito sapemmo che si erano liberati, salvando pure lo stendardo). Nel pomeriggio, sempre dell' 11 settembre, verso le ore 15 veniamo incolonnati tutti quanti, dragoni e qualche sottufficiale con relativi cavalli (circa 500) per andare alla stazione, destinazione Germania. A questo punto il comandante tedesco commise un grave errore, facendoci salire in sella. In corso Unione Sovietica, un po' prima di corso Dante, un nostro commilitone fuggì in una casa diroccata dai bombardamenti. I tedeschi reagirono sparando senza però riuscire a colpire il fuggitivo, ma con il risultato di spaventare i cavalli. In quel frangente capimmo che, se avessimo caricato le camionette dei tedeschi, ci saremmo potuti liberare senza subire pesanti perdite. Così fu: di comune accordo spronammo i cavalli al galoppo, caricando e travolgendo i numerosi soldati di scorta che sparavano in modo disordinato, confusi dalla nostra sortita. Non potemmo combattere perché non avevamo armi, avevamo però i nostri fieri cavalli che con falcate poderose ci portarono fuori del tiro nemico fino in corso Vittorio, riconquistando così la libertà e l'orgoglio di aver sconfitto il nemico. Questa carica non è riportata in nessun diario reggimentale ed è passata inosservata in mezzo a tutti quei momenti difficili e tristi perché i protagonisti erano in gran parte soldati semplici e graduati di truppa. Ma secondo me questa è l'ultima vera carica della cavalleria italiana. cap. magg. Gamba Dino, Torino (classe 1917) Gentile signor Gamba, la ringrazio per questo ricordo. L'episodio è veramente degno di venir recuperato e inserito nelle cronache di quasi mezzo secolo fa. Questa impresa di comune accordo tra uomini e cavalli ha una sua bellezza, una sua forza, una sua grazia che meritano di esser rivissute nei particolari. C'è qualche reduce da quell'ultima carica che si senta di testimoniare? Ci scriva: dopotutto si tratta di colmare una lacuna della storia patria. [o. d. b.] Una storia incredibile? Erano le 11 del mattino quando un'infermiera del pronto-soccorso mi telefona in ufficio per dirmi di correre subito lì a prender mia madre perché, mentre andava in bicicletta, era stata buttata per terra da due scippatori che, oltre alla borsetta, le avevano rubato quelle altre poche cose di valore che aveva addosso; comunque, mi dice, non devo preoccuparmi troppo perché mia madre, a parte lo choc e qualche escoriazione, sta bene. Vado subito da mia madre, la tranquillizzo e poi andiamo a sporgere denuncia: mia madre, risposto a tutte le domande fattele dal brigadiere, fa presente che gli scippatori, svuotata la borsetta, l'hanno abbandonata assieme a una busta azzurra con una striscia tricolore. Il brigadiere esamina la busta, fa una smorfia, la apre, ne tira fuori una lettera a cui dà una rapida occhiata e poi, con uno sguardo di compassione nei nostri confronti, ci dice: «Mi dispiace, ma non posso farci nulla: questo non è stato uno scippo vero e proprio, bensì un cosiddetto "prelievo forzato" eseguito dal nuovo corpo "tasse veloci" della Guardia di Finanza: è un nuovo modo per riscuotere le tasse, mi creda, mi dispiace, ma come è capitato a lei, può capitare a tutti». Completamente sconvolti, torniamo a casa in silenzio, con le lacrime agli occhi, non solo per quello che ci è successo, ma anche per quel senso di impotenza che ci pervade e quell'amaro in bocca che ci viene guardando il nostro Paese... Ma, Signore, perché ci hai abbandonato? Entriamo nel portone di casa nostra e veniamo accolti dalle urla isteriche della nostra vicina che, tor¬ nando dalla spesa, ha trovato la porta sfondata, la casa svuotata di tutto ciò che poteva essere portato via, e nella buca della posta una busta azzurra con una striscia tricolore. Cario Antani, Quinto al Mare (Ge) Gentile signor Carlos Luis Panzieri, che si firma in calce, dopo lo pseudonimo d'arte o di presa in giro, le confesso umilmente che, sino a metà lettera, ho stupidamente creduto che si trattasse di una storia vera. La pubblico, per espiare per la mia credulità; a ogni modo, dopo questo, non saranno più pubblicati testi di fantasia, né racconti, né poesie, per carità. Ma è davvero una storia così incredibile, poi? [o. d. b. ] Questione di argomento Gentile Del Buono, ho letto l'intervista a Giorgio Bocca sul suo ultimo libro e successivamente, sempre su La Stampa l'articolo: «Il Sud parte alla riscossa». Stimo Bocca come intellettuale colto e raffinato (Il Provinciale è uno dei libri più belli che ho letto). Solo che, forse a causa dell'età che avanza, ultimamente è diventato monotono, scontato, superato. Il Sud impero del male che dipinge nell'ultimo libro non esiste più da un bel po'. Questo Inferno visto attraverso gli occhi e la cultura di postcomunisti chiusi nelle loro sezioni è del tutto falso o quanto meno parziale o, comunque, metafora del Paese. Nel frattempo l'Italia non è più disunita, ma è stata unificata sotto il simbolo della tangente e della caduta di valori. Che si sappia Tangentopoli non è vicina a Bari e quel tale che ha ucciso madre e padre per fare la bella vita non è di Catanzaro. Ora, comunque, noi meridionali ci aspettiamo che, per coerenza, Bocca, dopo aver visto l'Inferno, si faccia un giro nel Paradiso di Tangentopoli e dintorni, metafora ancor più reale e inquietante. Il suo antimeridionalismo sa perciò di muffa, è buono per le chiacchiere leghiste alla fermata dell'autobus, sa di sociologia da bancarella. Di analisi serie e approfondite sul Sud, noi meridionali continuiamo a restare, come direbbe Costanzo, in credito. Francesco Greco, Montesardo (Le) Gentile signor Greco, L'Inferno è l'ultimo libro di Bocca, Il Provinciale è il penultimo. Possibile che l'età abbia potuto in un così breve spazio di tempo far tanto rimbambire Bocca da indurre lei a bocciarlo severamente? Non sarà che a lei non va l'argomento dell'ultimo libro? Perché lei ha tanta fretta di esorcizzarlo? Se fosse davvero un libro monotono, scontato, superato come lei dice, perché mai se lo sarebbe letto sino in fondo? Per farsi del male? [o. d. b.J

Luoghi citati: Bari, Catanzaro, Francia, Germania, Italia, Nizza, Torino