Falsi permessi per immigrati di Ezio Mascarino
Falsi permessi per immigrati Arrestato un tunisino con «attestato di lavoro» fasullo Falsi permessi per immigrati Li vende il racket, costano 2 milioni E c'è chi offre lavori inesistenti Quando gli agenti della polizia ferroviaria lo hanno fermato, Mohamed Imed Ben Mohamed Maiza, nato 33 anni fa in Tunisia, stava provando un abito in un soffice tessuto di lana, in vendita per 600 mila lire. E davanti al negozio, vicino a piazza Carlo Felice, aveva posteggiato la sua nuova Alfa 33 rossa. Si è mostrato seccato: «Ve la prendete sempre con noi perché siamo stranieri. Però oggi perdete tempo, io sono in regola con la legge. Ho una casa e un lavoro. Ecco il foglio della mia fabbrica». E Mohamed Imed Maiza, che abita in via Pio V 4, ha esibito una dichiarazione in carta intestata: «E' regolamente assunto nella nostra ditta, con la qualifica di operaio generico di 10 livello». Quel foglio era falso. Mohamed Imed Ben Mohamed Maiza è stato arrestato. Le indagini potrebbero far scoprire l'organizzazione che vende, al prezzo di uno o due milioni, documenti indispensabili per ottenere il permesso di soggiorno. La conferma che un'organizzazione esiste viene dalla stessa questura. All'Ufficio stranieri ammettono: «Lo scorso anno sono state presentate diecimila domande di soggiorno, nuove e di rinnovo; 250 avevano attestati e documentazioni vari falsificati». Mohamed Imed Ben Maiza era pedinato da tempo. Passava le sue giornate attorno a Porta Nuova, da un locale all'altro, offrendo spesso da bere ai connazionali. E ogni volta estraeva di tasca un rotolo di banconote da 10 mila: «Io lavoro, io guadagno, io posso pagare». Gironzolava attorno alla stazione mattina e sera: quando lavorava? Ora il vicequestore Filippo Dispénzà, della Polfer, ammette: «Sospettavamo che spacciasse droga; il sospetto resta, ma non è provato». Quella falsa dichiarazione è su carta intestata di una ditta che produce penne e biro, la «Metalco», stabilimento a Settimo Torinese. Gli agenti hanno parlato con il titolare: «Conosce Maiza?». Dalla Metalco: «Mai sentito, per altro non abbiamo dipendenti extracomunitari». E i responsabili hanno spiegato che quel foglio era senza dubbio falsificato, anche perché stampato con un colore diverso dai documenti originali. E per Mohamed Imed Ben Mohamed Maiza è scattata la prima denuncia. Ma i suoi guai non sono finiti. In tasca aveva un assegno del San Paolo, staccato da un blocchetto rubato tre mesi fa ad un paziente ricoverato all'ospedale Mauriziano, Adoldo Chiesa, 63 anni, pensionato di Rivalta. Chiesa stava riposando, qualcuno aprì il cassetto del comodino metallico portandogli via soldi, documenti e quel libretto di assegni. Il tunisino in carcere deve, così, rispondere anche di ricettazione. Sulla falsa dichiarazione di lavoro Maiza stesso ha mormorato: «Me l'ha fornita un egiziano, gli ho dato un milione». Poi non ha voluto aggiungere altro. Dice il vicequestore Antonio Baglivo, capo dell'Ufficio stranieri della questura: «Non è un caso isolato, da tempo stiamo indagando». Falsi documenti in vendita. Ma, sempre per soldi, anche la promessa di un lavoro che poi non c'è. Come è accaduto a Ben Ali Hammed, tunisino di 23 anni: «Un connazionale mi ha detto che poteva aiutarmi. Ha voluto un milione, mi ha portato in un cantiere di Chivasso. Lui è sceso dall'auto si è avvicinato a degli operai e ha parlato con loro. Poi è tornato e mi ha detto che era tutto combinato, dovevo cominciare il giorno dopo». Il mattino successivo Hammed ha scoperto la truffa. Ezio Mascarino II tunisino Mohamed Imed Ben Mohamed Maiza
Luoghi citati: Chivasso, Rivalta, San Paolo, Settimo Torinese, Tunisia
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