Viva Vittorini che boccia il Gattopardo di Pierluigi BattistaRaffaele CroviValentino Parlato

Viva Vittorini che boccia il Gattopardo Togliatti condannò lo scrittore-editore, «il manifesto» lo rivaluta Viva Vittorini che boccia il Gattopardo «Rifiutare il libro non fu errore, ma un atto giusto» AROMA LTRO che clamoroso infortunio editoriale: «Elio Vittorini», proclama con I spirito caustico Valentino Parlato, invece «fece benissimo a bocciare quel gradevole polpettone di storia patria che ebbe come titolo 11 gattopardo». No, Vittorini non fu cieco né ingenuo né sconsiderato a consigliare a Mondadori prima e ad Einaudi poi di non pubblicare il romanzo di Giuseppe Tornasi, duca di Palma e principe di Lampedusa. Certo, quel libro, fortissimamente voluto nel 1958 da Giorgio Bassani nella sua collana di Feltrinelli, si sarebbe rivelato un fruttuoso best seller reso ancor più popolare dalla traduzione cinematografica di Visconti. Ma insomma, resta l'adamantina coerenza ideologica di Vittorini, che rifiutando quel monumento letterario al trasformismo nazionale ha pur sempre detto di no a un libro che rappresenta «il massimo generatore di luoghi comuni degli ultimi trent'anni e della nostra vita». Sul manifesto un togliattiano irrequieto avvia così la riabilitazione postuma di Vittorini, l'intellettuale più volte bistrattato e svillaneggiato dalla penna viru- lenta di Palmiro Togliatti. «Vittorini se n'è ghiuto, e soli ci ha lasciato», fu il commento con cui il segretario del pei, indossando i panni di Roderigo di Castiglia, commentò nel 1951 su Rinascita l'uscita di Vittorini dal partito. Ma oggi Parlato rilegge quell'infelice passaggio togliattiano in un senso tutt'affatto diverso: sì, Vittorini «se n'è ghiuto», ma solo perché «è stato cancellato» in «tempi di Funari e di Fantozzi». Un Vittorini «sepolto, dimenticato», messo da parte «fra le macerie del socialismo reale». E' bastato un libro pubblicato da Einaudi, L'editore Vittorini di Gian Carlo Ferretti, per accendere nel togliattiano pentito il sa¬ cro fuoco autocritico. Cosa ha appreso infatti Parlato dal libro di Ferretti? Un dettaglio che sembra una paradossale conferma della grandezza dell'editorescrittore: «A leggere Ferretti, parrebbe che Vittorini non lesse neppure una pagina del dattiloscritto di Tornasi di Lampedusa». Commento, tra il serio e il faceto: «Sarebbe una conferma dello staordinario intuito di Vittorini». «Sarebbe». Ma le cose, stando al libro di Ferretti, non sono andate proprio così. Quella di Vittorini fu una scelta eseguita con cognizione di causa. Discutibile, forse, anche se qualche anno fa lo stesso Giulio Einaudi, in un dibattito a Torino, si disse «lieto di non aver pubblicato un libro che contraddiceva la nostra linea editoriale». Ma non è vero, conferma Ferretti dopo aver letto l'articolo di Parlato, che Vittorini ignorasse il contenuto del dattiloscritto: «E' che Parlato confonde due momenti diversi e non tiene conto del vero e proprio sdoppiamento del Vittorini che collaborava contemporaneamente con Mondadori e Einaudi». Alla Mondadori Vittorini, dopo aver accolto il parere dei tre lettori della casa editrice Adolfo Ricci, Sergio Antonielli e Angelo Romano, non «rifiutò» proprio niente. Anzi, sottolinea Ferretti, intuì «l'interesse editoriale» e dunque commerciale del romanzo. Perché a non volerlo, quel romanzo, in casa Mondadori fu nientemeno che il presidente Arnoldo. Qualche dubbio rimane nel libro di Ferretti sul rifiuto in casa Einaudi. Ma a fugarlo provvede la testimonianza del direttore editoriale di Camunia Raffaele Crovi, allora giovanissimo collaboratore einaudiano di Vittorini. «Proprio non riesco a capire perché Parlato debba diffondere una storia che non sta in piedi - risponde Crovi -, è noto e stranoto che Vittorini avesse letto e riletto il dattiloscritto. Basta leggere una lunga intervista che Vittorini concesse allora a Roberto De Monticelli sul Giorno per sincerarsene». Certo, conferma Crovi, la lettera di rifiuto dello Struzzo, sebbene firmata dallo stesso Vittorini, ebbe una «stesura redazionale». Ma fu una scelta «culturale e non dettata dall'ignoranza del dattiloscritto di Tornasi di Lampedusa come insinua Parlato». Mai metterci troppo entusiasmo, nelle riabilitazioni postume. Pierluigi Battista Raffaele Crovi: «Dicono perfino che non lo lesse. Storie: il "no" fu una scelta» Una scena del ballo nel «Gattopardo». Sopra: Giulio Einaudi. A sinistra: Valentino Parlato. In basso: Elio Vittorini

Luoghi citati: Lampedusa, Torino