Il rischio è il ripudio

Il rischio è il ripudio Immigrati islamici e diritto Il rischio è il ripudio RTORINO IPUDIO: è il rischio più grave che può correre la moglie italiana di un mu Isuhnano privo della nostra cittadinanza. Per sottrarsi a un paritario divorzio e sbarazzarsi della consorte senza complicazioni (e oneri), l'uomo ha l'opportunità di tornare in patria e notificare di aver scaricato sui due piedi la signora. Se la caverebbe così: il tribunale italiano non riuscirebbe a difendere la donna. Scontro frontale tra il diritto di famiglia islamico e i codici civili occidentali anche in materia di tutela dei figli (che per i seguaci di Maometto spetta sempre al marito) e di eredità (una figlia riceve la metà della somma destinata ai maschi). Questi contrasti giuridici sono già all'ordine del giorno in molti Paesi europei a forte immigrazione islamica, primo fra tutti la Gran Bretagna. Aumenteranno rapidamente anche in Italia. Le soluzioni? Accordi tra Stati di accoglienza e Stati d'origine degli immigrati, riforma del diritto intemazionale privato. Se ne è discusso in questi giorni alla Fondazione Agnelli in un convegno dal titolo «Famiglie musulmane immigrate tra pratica e diritto». Di vera e propria anarchia giuridica parla Felice Dassetto, dell'Università di Lovanio: «Tra i magistrati europei c'è una gran confusione». I matrimoni misti sono le principali vittime del caos. Ma anche le coppie di immigrati con la stessa nazionalità sollevano un bel polverone giuridico, quando vanno in crisi. Per loro vale il codice civile del Paese d'origine; ma le donne che risiedono da molti anni in Europa si appellano sempre più spesso alla legge dello Stato di accoglienza, che garantisce la parità tra i sessi. Molti,giuristi auspicano una sorta di Nevada islamico in Europa: una terra franca dove i musulmani possano divorziare e risolvere le controversie familiari. «Il problema peggiore non è la poligamia, ma il ripudio», dice Sergio Noja, islamista alla Catto¬ lica di Milano. All'uomo è sufficiente pronunciare per tre volte la formula «talak»: e la moglie è liquidata. Altre forme di scioglimento del matrimonio non sono riconosciute dal nostro codice. Per esempio l'autoripudio della donna, che restituisce la somma di denaro avuta al momento del contratto nuziale. «Per ora in Italia i casi di ripudio sono poche decine, ma la faccenda è seria dice Francesco Castro, dell'Università Tor Vergata di Roma -. Negare a un'italiana il riconoscimento della dichiarazione di ripudio aggrava il disagio di lei, che dovrà mandare avanti a sue spese la causa civile. Altro brutto caso: è difficile tutelare i figli nati da una convivenza. Se l'uomo li porta in patria, per la madre sarà dura riuscire a vederli». Per un musulmano che sposi un'italiana, nessun problema. Per una musulmana che sposi un italiano sono guai: la legge coranica non lo permette. Il suo Paese rifiuterà di rilasciarle il certificato di stato libero. L'Italia ha cominciato ad accettare un'autocertificazione: la donna garantisce di essere nubile e tanto basta. Controverse le cifre della presenza musulmana in Italia: 250 mila immigrati secondo il ministero degli Interni («Ma è verosimile che siano 350 mila, compresi i clandestini», dice Ottavia Schmidt, dell'Università di Pavia), 800 mila secondo II messaggero dell'Islam. Pochi hanno già la cittadinanza italiana. Tra dieci o vent'anni l'avranno in molti. E' prevedibile un futuro colpo di coda integralista? Dobbiamo aspettarci pressioni analoghe a quelle della comunità musulmana inglese, che reclama un diritto islamico parallelo? «Sì - risponde Noja -. Ma bisogna prevenirle: preparando ora una legisla2Ìone adeguata, che tuteli loro e noi. I musulmani hanno diritto alle loro macellerie, ai loro cimiteri, alle loro moschee. Ma tutti devono capire che in Italia bisogna vivere da cittadini italiani». Maria Chiara Bonazzi

Persone citate: Catto, Felice Dassetto, Francesco Castro, Maria Chiara Bonazzi, Noja, Ottavia Schmidt, Sergio Noja