Nel Paese dei debiti non servono i falò di Alfredo Recanatesi

Nel Paese dei debiti non servono i falò AZIENDA ITALIA Nel Paese dei debiti non servono i falò BENE: come nei romanzi di fantascienza, prendiamo dalla logica leghista una forzatura verosimile della realtà - l'ipotesi che la gente non acquisti più titoli di Stato - e sviluppiamola fino alle sue ultime conseguenze. Con una premessa, però. E' riprovevole che lo Stato si indebiti nella misura in cui sistematicamente lo fa da anni, ed è riprovevole che lo faccia per i motivi improduttivi per i quali, sempre da anni, si indebita. Ne consegue che questa politica finanziaria non può essere difesa in alcun modo. Ciò nondimeno sarebbe ancor più riprovevole che la soluzione venisse cercata interrompendo il pur deleterio circuito che si è stabilito tra disavanzo corrente dello Stato e domanda di titoli da parte del mercato. Se trascuriamo la modesta componente estera di questa domanda, infatti, possiamo considerare quel circuito come chiuso, nel senso che la spesa in disavanzo genera le risorse necessarie al suo finanziamento. Se escludiamo i molti e complessi itinerari del denaro uscito dalle pubbliche tesorerie, alla fine è come se lo Stato^ pagasse quella parte della sua spésa in titoli anziché in contanti. Allora, se ipotizziamo che la gente rifiuti dì' acquistare titoli, ipotizziamo di bloccare solo una parte di questo deleterio circuito; ipotizziamo, cioè, che lo Stato non possa più finanziare una spesa che comunque ha già fatto. Ne è possibile immaginare che, non potendola finanziare, lo Stato se ne astenga. La spesa statale ha una inerzia elevatissima dovuta al fatto che è autorizzata ed imposta da provvedimenti di legge. Dunque, non si può frenare dalla sera alla mattina. E poiché lo Stato non può dichiarare fallimento, né ricorrere a procedure concorsuali, si troverebbe costretto a rimediare nell'unico modo che avrebbe a disposizione, ossia stampando quella moneta. Nel caso, il governo dovrebbe far votare al Parlamento - che la voterebbe in men che si dica una legge che impone alla Banca d'Italia una anticipazione straordinaria al Tesoro per un importo che, nell'evenienza di un blocco totale delle sottoscrizioni di titoli, dovrebbe raggiungere alcune decine di migliaia di miliardi al mese. L'ipotesi è estrema perché, comunque, rimarrebbe la domanda di titoli da parte delle banche; una domanda che aumenterebbe parecchio perché buona parte del denaro che la gente rifiutasse di investire in titoli rimarrebbe nei depositi bancar. e da qui intermediato a favore del Tesoro. Ma tant'è: lo sbocco di un atteggiamento come quello al quale le leghe stanno invitando sarebbe comunque una forte impennata dell'inflazione e, con essa, di tutti i tassi di interesse. A pagare non sarebbero, dunque, il Tesoro, lo Stato o i partiti, come i leghisti mostrano di ritenere, ma chi ha bisogno del credito per le sue attività, chi possiede i titoli collocati finora i quali, a motivo dell'impennata dei tassi, perderebbero buona parte del loro valore, e, più in generale, tutti quanti avrebbero, direttamente o indirettamente, da perdere dal ritorno di una inflazione virulenta ed incontrollata. Se poi andassimo a fare conti un po' più esatti sulla distribuzione territoriale di questi costi, pare .evidente,., che le regioni più punite sarebbero quelle nelle quali sono più radicate le attività produttive medie e piccole e dove il reddito (compreso quello dei titoli) ha consentito la maggiore accumulazione di titoli pubblici presso le famiglie. Lo sviluppo fantascientifico dell'ipotesi può finire a questo punto: dovrebbe bastare perché anche i leghisti più radicali si convincano che l'attuale realtà, per quanto storta, è ben preferibile a quella alla quale condurrebbe un qualsiasi seguito che il loro avventato invito finisse per riscuotere. Ci riflettano i leghisti ed i loro tanti adepti: anche mettendo in conto qualche svalutazione ogni tanto, chi altri può loro assicurare i rendimenti che il Tesoro è disposto ad accollarsi? Che questo Bengodi debba finire è nelle cose ed è auspicabile che ciò avvenga quanto prima; ma, diamine, per rendere più produttivo l'impiego delle risorse finanziarie, non per bruciarle in un immenso rogo di inflazione. Alfredo Recanatesi esi |

Luoghi citati: Italia