«Atlanta, Roma sapeva»

«Atlanta, Roma sapeva» Clamorosa ammissione della Cia: Drogoul agì coperto dal vertice «Atlanta, Roma sapeva» Ora si fa più difficile la posizione della Casa Bianca Bush aveva sempre negato di aver coperto il «giallo» NEW YORK NOSTRO SERVIZIO La Cia ha mentito sul caso della Banca Nazionale del Lavoro di Atlanta. Le informazioni che ha fornito al dipartimento della Giustizia e al procuratore di Atlanta che stava istruendo il caso, erano «incomplete». Ad ammetterlo, ieri, è stata Elizabeth Rindskopf, che della Cia è una sorta di avvocato capo, nel senso che dirige il suo apparato legale. Ma non c'è stato dolo, ha aggiunto la signora. «In tutta questa storia nessuno ha tentato di fuorviare nessuno o di coprire niente. Però alcuni errori sono stati commessi, e sono stati disdicevoli ma umani errori». Una pubblica ammissione di errore da parte della Cia non è cosa di tutti i giorni, ma non sono molti quelli disposti a credere negli «umani errori». Fra le cose che l'ente spionistico ha «tralasciato» a suo tempo di segnalare, infatti, c'è un documento dell'ottobre 1989 dal quale risulta chiaramente che i dirigenti della Bnl di Roma erano perfettamente al corrente di quello che stava facendo Chris Drogoul, il loro uomo di Atlanta che invece è stato sempre indicato come un funzionario infedele che agiva in proprio. La conclusione più ovvia da trarre è che questa confessione la Cia l'abbia fatta dopo che la sua posizione era diventata insostenibile. Una volta accertato cosa avvenuta qualche giorno fa - che il dipartimento di Stato «premette» su quello della Giustizia perché era stato a sua volta «premuto» dal governo italiano attraverso l'allora ambasciatore a Washington Rinaldo Petrignani, era impossibile per la Cia continuare a dichiarare che «tutte le informazioni di cui disponevamo erano quelle pubbliche». Da quando il caso è esploso, del resto, l'ente spionistico americano ha sempre seguito la norma di condotta di negare tutto e di «concedere» qualche documento solo quando dall'indagine, nonostante tutto, risultava impossibile che negli archivi della Cia non ci fosse nulla. E ogni volta si scopriva che la «concessione» fatta la volta precedente era limitata rispetto alle informazioni di cui la Cia disponeva. Anche questa volta è così, dicono quelli delle commissione parlamentari che stanno indagando. E infatti ieri è accaduto un fatto destinato a imbarazzare parecchio George Bush e le sue ripetute affermazioni di non essere stato al corrente di nulla e soprattutto di non avere fatto nulla per «coprire» la faccenda. Contro di lui, ormai, non c'è più soltanto la commissione di indagine della Camera, il cui presidente Henry Gonzalez ha da tempo fatto di quest'indagine la sua ossessione, ma anche quella del Senato, tradizionalmente molto più propensa a «credere» alla versione ufficiale. La richiesta «imperativa» alla Cia di consegnare «tutti» i documenti di cui dispone è stata firmata non solo dal presidente democratico di quella commissione, il senatore David Boren, ma anche dal Frank Murkowski, il vice presidente repubblicano, cioè amico di Bush. E non è tutto. Alla luce della confessione della Cia, ieri il giudice Marvin Shoob (quello che già molti chiamano «il Sirica degli anni '90», con riferimento al giudice del processo Watergate che costò il posto a Richard Nixon) ha aspramente criticato il governo per «non avere indagato seriamente» sulla possibilità che alla Bnl di Roma sapessero benissimo cosa faceva Drogoul ad Atlanta. A questo punto, la pubblica accusa contro Drogoul ha concesso all'imputato di ritirare la sua ammissione di colpevolezza, il che vuol dire che contro di lui ci sarà un processo «vero», destinato a sviscerare tutte le implicazioni possibili, e non la «soluzione rapida» su cui finora il dipartimento della Giustizia, cioè il governo, aveva puntato. In sostanza, con questa uscita della Cia la faccenda è destinata ad allargarsi, a tutto danno di George Bush. E questo, ancora una volta, induce molti a chiedersi quale «gioco» stia in realtà giocando la Cia. E' vero infatti che la sua confessione di ieri era diventata pressoché inevitabile, ma è anche vero che da qualche tempo si è diffuso il sospetto che il capo della Cia, Robert Gates, stia seguendo una politica «personale», tesa in qualche modo a scindere le sue responsabilità da quelle dell'attuale amministrazione, per acquisire meriti agli occhi della prossima. Essendosi ormai convinto che George Bush perderà le elezioni del 3 novembre, insomma, Gates starebbe tentando di conservare il posto. Franco Pantarelli Chris Drogoul

Luoghi citati: Atlanta, New York, Roma