Addio a Daolio, voce del beat italiano di Marinella Venegoni
Addio a Daolio, voce del beat italiano Il cantante e fondatore dei «Nomadi» è morto di cancro nella sua casa di Novellara: aveva 45 anni Addio a Daolio, voce del beat italiano Trent'anni di concerti sulfilo dell'ironia e dell'impegno civile REGGIO EMILIA. Augusto Daolio, 45 anni compiuti il 18 febbraio scorso, fondatore faccia e voce del primo e storico gruppo beat italiano, i Nomadi, è morto ieri nella sua casa di Novellara della Bassa Reggiana. Da tempo era ammalato di cancro ai polmoni ma, come racconta il suo disperato amico e tastierista Beppe Carletti, non si rendeva conto della malattia: «Ha sempre avuto una grande voglia di vivere. Non ha sofferto, è passato serenamente dal sonno ad un altro mondo». La salma è stata esposta nel teatrino di Novellara; e dalla Rocca dei Comune di questo piccolo centro dov'era nato e che non ha mai voluto abbandonare partiranno oggi alle 16 i funerali. Finché le forze lo hanno retto, Augusto con la sua barbona sempre più bianca non ha smesso di cantare. Né le canzoni più recenti, né quelle che hanno segnato l'adolescenza di un paio di generazioni: «Come potete giudicar», il primo successo del gruppo del '66, «Noi non ci saremo» dello stesso anno, «Dio è morto» di Guccini (che nel '67 ne ebbe il primo trionfo popolare), di Guccini ancora «Il vecchio e ii bambino», altri brani dolci come «Il vagabondo» o «Sera Bolognese». I Nomadi furono i primi, negli Anni 80 (un periodo di ombra nella loro storia professionale), a prendersi in giro con una canzone generazionale che s'intitolava «I tre miti» e diceva: «Quelli che son stati adolescenti insieme a me../ Avevano tre miti nei '60 o giù di lì: il sesso il socialismo e il Gt». Nell'87 parteciparono alla festa per il ventennale dell'occupazione di Palazzo Campana a Torino, gratuitamente, per il gusto cortese di ritrovarsi in una situazione famigliare: anche i contestatori incanutiscono. Per trent'anni Augusto ha mescolato, con toni pacati e bonari, con quella sua voce così caratteristica, ironia impegno civile e rigore professionale. Cantava in 200 concerti l'anno, anche nei momenti in cui il tipico sound Nomadi era lontanissimo dalla musica alla moda. «Concerti porta a porta», li definiva lui, nelle località più sperdute dov'era popolarissimo. Il tempo ha dato ragione alla costanza sua e di Beppe Carletti, negli ultimi anni era tornato l'interesse intorno al gruppo, e si stavano preparavano i festeggiamenti per il trentennale che cadrà l'anno prossimo. Lui, purtroppo non ci sarà. La scorsa estate lo si è visto in tv al «Canzoniere dell'Anno» di Agrigento e all'itinerante «Cantagiro»; ha tenuto l'ultimo concerto intorno al 18 agosto. «Stava male - racconta ora il manager Dinelli - ma stava male solo fino agli ultimi gradini del palco. Appena saliva e si metteva a cantare si sentiva subito meglio». Augusto era nato per stare sul palco; come commenta il dispiaciutissimo Francesco Gucci¬ ni: «Lui e Carletti erano gli unici beat ad essere riusciti a rimanere sulla cresta dell'onda per 30 anni. Aveva una grande resistenza fisica, teneva concerti lunghissimi: aveva inventato un modo di stare sul palco, uno scambio affettuoso di biglietti e messaggi con il pubblico. L'ultima volta ci siamo visti un anno fa: dovevamo cantare insieme a Bologna ad un concerto benefico, abbiamo provato nel pomeriggio poi durante la cena mi sono sentito male io, ho dovuto infilarmi in un taxi e tornare a casa. Ancora me ne dispiace». Se ne va con Augusto Daolio un pezzo della storia ruggente del pop nostrano. In un fermento assai simile a quello di oggi per la musica rap, fiorivano agli inizi degli Anni Sessanta centinaia di gruppi: Augusto il poeta pittore e Beppe Carletti l'organizzatore misero insieme nel '63 fra Reggio Emilia e Modena la prima formazione ufficiale del Nomadi; il successo si estese grazie alle prime collaborazioni con Guccini e durò fino alla fine degli Anni Settanta. Da allora, il gruppo ha vissuto non poche vicissitudini: Umberto Maggi se n'è andato nell'84 per metter su uno studio di registrazione; Chris Dennis, il violinista che dava un sound caratteristico, ha fondato nell'89 un suo gruppo. Negli ultimi mesi era morto in un incidente il batterista trentenne Dante Pergreffi. Una sorte amara che oggi si è portata via anche la voce più tenace del beat italiano. Marinella Venegoni Da sinistra Augusto Daolio e il gruppo dei «Nomadi» segnato di recente da un altro lutto: la morte del batterista Dante Pergreffi in un incidente stradale Insieme dal 1963
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