Einaudi, devi pubblicare Babel di Franco Lucentini

Einaudi, devi pubblicare Babel A un anno dalla morte di Natalia Ginzburg, esce dagli archivi una lettera controcorrente del 1954 Einaudi, devi pubblicare Babel L'editore: non abbiamo avuto esitazioni *t torino » ATALIA Ginzburg moriva 1 l'8 ottobre 1991. A un anI 1 no di distanza, dagli archivi dell'Einaudi spunta una carta inedita. Una lettera, del 21 aprile '54, che riproduciamo integralmente. E' un documento importante. Natalia Ginzburg si rivolge a Giulio Einaudi, «uomo col cuore a sinistra ma con lo spirito libero», per caldeggiare la pubblicazione delle opere di Isaak Babel. Non era una segnalazione qualunque. Negli Anni 50 intorno all'autore dei Racconti di Odessa gravava la «damnatio memoriae» da cui era stato colpito dopo essere scomparso nel gorgo delle purghe staliniane. L'accusa era tremenda: trotzkismo. Negli ambienti della sinistra non era facile riesumarlo. Erano anni di guerra fredda, anni duri. Natalia Ginzburg, anche lei «col cuore a sinistra» ricordava a Einaudi che Babel «era un grande scrittore» e che «la pubblicazione di tutti i suoi racconti ci farebbe onore». La proposta partiva dalla prima moglie dello scrittore ebreo-russo; se ne faceva tramite lo slavista Renato Poggioli, che già aveva tradotto nel '32 per Frassinelli VArmata a cavallo. Unica condizione: «Che sia detta in prefazione la verità, cioè che Babel è scomparso nelle epurazioni del '39 (non si sa altro)». Solo da qualche mese si è saputo di più: lo scrittore venne fucilato il 27 gennaio 1940. Einaudi accolse la proposta e nel '58 uscì nei «Millenni» il volume dei Racconti, tradotti da Renato Poggioli e Franco Lucentini. Nella prefazione Poggioli rivelava come lo scrittore fosse stato arrestato e deportato per un'innocente battuta su Stalin, e quindi morto in un campo di concentramento in circostanze imprecisabili. Ma questo non conta, sottolineava il curatore: ((Anche se l'uomo Babel morì di morte naturale, quel che è certo è che lo scrittore venne ufficialmente condannato a morte. Dopo la sua scomparsa le sue opere furono proscritte e il suo nome fu condannato all'oblio». L'editore non aveva tradito le attese, ma il libro usciva soltanto nel '58, quattro anni dopo: due anni dopo il XX congresso del pcus e i fatti d'Ungheria, che convinsero molti intellettuali a recidere il cordone ombelicale con il partito di Togliatti. Una coincidenza, oppure nell'editrice si dovettero su¬ perare resistenze? Giulio Einaudi spalanca gli occhi azzurri, scuote la testa: «Per pubblicare un libro ci vuole del tempo, quattro anni sono normali. Aspettare i fatti del '56 sarebbe stato opportunismo, di questo non ci possono proprio accusare. Noi non avevamo nes-. sun filo diretto col Politburo. Paura di pubblicare Babel? Figuriamoci! Noi abbiamo tradotto per primi Solzenicyn, abbiamo pubblicato Nekrasov, la Achmatova: tutti autori non certo amati da Zdanov. Diciamo che è stato un atto di coraggio, come sarebbe oggi pubblicare Rushdie: po¬ tevamo essere fatti oggetto di una campagna di discredito. Del resto in quegli anni, quando andavamo al Salone del libro di Mosca, ci controllavano tutto: questo sì, quello no. E quello no che cos'era, poi? Era Gramsci, un marxista non ortodosso: l'abbiamo pubblicato proprio per questo! Natalia ci segnalò Babel perché lo riteneva letterariamente importante, sulla scia delle opere curate dal marito Leone Ginzburg. Lei non ha mai badato all'ideologia di uno scrittore: se si appassionava a un libro lo sosteneva fino in fondo. Più di tutti si appassionò al Diario di Anna Frank, e ultimamente al caso di Serena Cruz: fu il suo unico momento politicizzato». Anche Franco Lucentini esclude veti nel circolo einaudiano degli Anni 50: «Era un'editrice molto aperta, semmai il "gauchismo" si è accentuato più tardi. Ma sull'apertura mentale della Ginzburg non ci possono essere dubbi». Lo scrittore ricorda bene il clima dell'epoca: «Negli ambienti del comunismo internazionale quando qualcuno chiedeva della sorte di Babel si sentiva rispondere: "Non sono fatti nostri". Anche la moglie a lungo non riuscì a sapere niente. La incontrai più volte in Francia, mentre ero impegnato a tradurre. Abitava in un paese vicino al mio, dalle parti di Fontainebleau, e il suo aiuto fu per me determinante». La Babela viveva in Francia dal '25, speditavi dal marito che si era invaghito di un'attrice. Ma continuò pervicacemente a bussare alle autorità sovietiche, non foss'altro per chiarire il proprio stato civile. «Non ebbe mai risposta - conclude Lucentini -. Finché un giorno le mandarono a dire che poteva risposarsi». Maurizio Assalto «Erano tempi duri. A Mosca ci vietavano anche Gramsci» 1 I A fianco, Natalia Ginzburg con Giulio Einaudi A fianco. Franco Lucentini: «Negli Anni Cinquanta l'Einaudi era un'editrice molto aperta». A sinistra, Isaak Babel

Luoghi citati: Francia, Mosca, Odessa, Ungheria