Gli anarchici dividono Carrara
Gli anarchici dividono Carrara Sei arrestati per gli attentati contro i tralicci, ma la città non si sente «imputata» Gli anarchici dividono Carrara C'è chi li difende: sono sovversivi, non terroristi lllllllllli: lllllllllll LE MANETTE AGLI EREDI DI BRESCI CARRARA DAL NOSTRO INVIATO Al presidio, davanti alla cadente caserma dei carabinieri, sono una dozzina, capelli lunghi, poche barbe, un solo fiocco nero, come tradizione suggerisce e lo porta Goliardo Fiaschi, che si occupa del Circolo culturale anarchico. Ha i capelli corvini, Goliardo, e alle spalle una vita in carcere: ne ha girate 53 da quando era partito per la Spagna per attentare al Generalissimo Franco. Gli anarchici protestano per i sei arresti dell'altro giorno e insistono sull'inconsistenza delle accuse. Goliardo scuote il capo: «Con gli attentati ai tralicci quei ragazzi non c'entrano. E' una montatura». L'inchiesta va avanti, fra polemiche anche interne e dalla Digos si sottolinea come le manette siano scattate intempestive. «Il gruppo non ha solo dimensioni provinciali, e non è stato decapitato». Oggi gli interrogatori. Le bombe, d'accordo, ci sono state ma si smentisce che sia una tradizione o, peggio, un viziaccio degli anarchici della Lunigiana. Gli attentati erano cominciati perché qualcuno aveva scoperto che certi piloni portavano l'energia alla Farmoplant. E dopo quei piloni, tritolo lungo tutta la linea, da Spezia a Lucca. Poi catturarono uno svizzero, Marco Camenisch, l'altro giorno il gruppetto. I carabinieri si dicono certi di aver fatto centro. «Questa è sempre stata una zona sovversiva, ma sovversiva in senso buono, cioè qui veniva af- frontata la questione sociale e lo Stato non si combatteva in quanto tale», osserva Beniamino Gemignani, 56 anni, autore di «Carrara 1894, città in rivolta», che racconta i moti della Lunigiana. Quando era consigliere comunale de Gemignani votò per il monumento a Gaetano Bresci, l'anarchico arrivato dall'America per ammazzare Umberto I. Ora l'erba alta quasi nasconde il blocco di marmo bianco scolpito da Carlo Sergio Signori e voluto da Ugo Mazzucchelli, che con i suoi 90 anni pare un personaggio uscito dalla mitologia libertaria. Per quel monumento a Bresci è stato celebrato un processo con mezza Carrara imputata. Fra gli imputati, di quel processo, c'era anche il sindaco, Alberto Pincione, anche lui era fra quelli che sarebbe stato opportuno condannare perché aveva detto sì, quando era consigliere per il partito repubblicano, a quell'omaggio all'attentatore. Ma una cosa è un monumento un'altra sono le bombe. E l'avvocato Pincione commenta: «Nel momento in cui vengono individuati i re- sponsabili di fatti del genere, la cosa deve essere considerata in maniera positiva perché il terrorismo, sia pure quello così curioso che si rivolge contro le cose e non contro le persone, è sempre da perseguire. Con questo, mi guardo bene dall'entrare nel merito dell'inchiesta». Da chissà quanto, quando si parla di Carrara, si allude alle «bombe e al pugnale alla mano»: del resto, Felice Orsini, prima di attentare alla vita di Napoleone III, aveva guidato un'insurrezione per bande, proprio in queste zone. Il sindaco Pincione sorride: «Ma no, ma no. E' sempre il discorso sulle cave e quindi degli esplosivi, ma Carrara, credetemi, non è all'altezza di questa sua "fama"». Sulla facciata centenaria del Politeama l'insegna in ferro smaltato della Fai, la Federazione anarchica italiana, è arrugginita. Il palazzo è sbarrato, è sigillata anche la bella sala «Germinai» da quando, nel marzo 1990, gli anarchici vennero sfrattati. Quella begaccia dello sfratto aveva avuto un risvolto inquietante: il giorno dei bolli, qualcuno mise sul portone cinque garofani rossi e cinque, si disse, erano i titolari della società «Caprice», proprietaria dello stabile. Un anno dopo uno dei titolari, l'ingegner Alberto Dazzi saltò per aria con l'automobile. Gli anarchici si dichiararono subito estranei, si parlò di un attentato della malavita. La tomba di Dazzi, al cimitero Turigliano di Carrara, non è lontana da quella di Giuseppe Pinelli, l'anarchico precipitato dalla questura di Milano nel 1969, dopo la strage di piazza Fontana. C'è scritto sul marmo: «La macchina del "Clarion" di Spoon River venne distrutta. E io incatramato e impiumato per aver pubblicato questo». Vincenzo lessandosi Tritolo contro i tralicci dell'alta tensione nel Carrarese: secondo i carabinieri sono stati gli anarchici (FOTO CUFFARO]
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