Mino si dissocia da Segni di Fabio Martini

Mino si dissocia da Segni Il leader referendario è un rischio per l'investitura di Martinazzoli Mino si dissocia da Segni Correnti de in lotta per gli incarichi ROMA. La flebile ipotesi che Mario Segni possa diventare vice di Mino Martinazzoli fa naufragio sul portone di Palazzo Madama alle sette di sera. Il senatore Martinazzoli, a un passo dalla segretaria della de, sta entrando al Senato e all'ennesimo quesito se abbia mai fatto un'offerta a Mariotto Segni, stavolta risponde brusco: «E' la seconda volta - dice - che esce questa notizia. La prima è stata perché un signore che si chiama Mazzola (senatore della sinistra de, n.d.r.) ha detto di aver sentito da me che se fossi diventato segretario, avrei proposto a Segni... Forse Mazzola faceva riferimento ad un colloquio di un anno fa...». Poi, un po' seccato: «Su questo argomento non ho nulla da dire, non perché abbia deciso in un senso o in un altro, ma solo perché la cosa non è mai accaduta». Ultima domanda: ma proprio oggi il suo amico Tonino Zamboni ha rilanciato, dicendo che «sarebbe auspicabile» che Segni sia il suo vice... E Martinazzoli: «Zaniboni non è il mio portavoce e forse sta mettendo su un gruppo per conto proprio...». Ironia mozzafiato visto che il mantovano Zaniboni, pizzetto rinascimentale è, da sempre, uno dei fedelissimi del bresciano Martinazzoli. Ma anche parole che spazzano via le tante illazioni degli ultimi giorni. Pa- role non casuali: da una settimana Martinazzoli sta misurando quanto sia difficile far digerire a tutto il partito il suo nome e quindi sa perfettamente quanto sia destabilizzante accoppiarlo a Mario Segni. Due sere fa si è riunito il Grande Centro - il 38-40 per cento delle tessere de - e sono state molte le voci critiche (Prandini su tutti) sull'arrendevolezza della corrente, sulla rapidità con la quale si è alzata bandiera bianca e si è ridata la segreteria alla sinistra. E anche per lanciare un messaggio distensivo al resto del partito, Martinazzoli ha preso posizione sulla vicenda dei referendum: «Non bisogna buttarla in politica. Non credo che la questione sollevata dalla Cassazione sia un cavillo giuridico. La Cassazione in Italia è ancora una storia seria». Nella de, assegnato ormai lo scettro del comando a Martinazzoli, è in corso una nuova partita. Alla guida della nave c'è un nuovo comandante, ma il resto della plancia è ancora vuoto e quel vuoto rende nervoso tutto l'equipaggio: i notabili, le vecchie correnti ma anche un personaggio misurato come Mario Segni. Ieri, all'ora di pranzo nei corridoi di Montecitorio un drappello di cronisti blocca Segni, rilanciando l'enigma degli ultimi giorni: «E' vero, come dice stamani il suo amico De Matteo, che lei ha rifiutato la vice¬ segreteria de offerta da Martinazzoli?». E Segni: «Sono in "ritiro", oggi parlo solo dei referendum...». Segni si interrompe e straccia il dispaccio di agenzia che rilancia la dichiarazione di De Matteo. Non l'avesse mai fatto: i cronisti rincarano la domanda: «Strappa quel foglio perché non vuole incarichi neppure nella "nuova" de?» E Segni, un po' seccato: «Non significa niente, ho letto l'agenzia e poi l'ho strappata. Che dovevo fare, tenerla in tasca?». ■ E' una giornata storta e Segni se ne accorge, pochi attimi dopo, quando rilascia un'intervista al Tg3. «Gli insabbiatori delle riforme? Mi pare che la linea De Mita sia antitetica alla nostra: non vogliono far pronun¬ ciare i cittadini...». Segni, per evitare equivoci su De Mita, chiede al giornalista del Tg3 se sia possibile rifare la registrazione. Ma non basta: gli echi di queste parole di Segni, l'ipotesi di un «complotto» per bloccare i referendum avanzata dal repubblicano Bianco, fanno sbottare Ciriaco De Mita: «Un mio complotto contro i referendum? Chi dice una cosa del genere, dice una cosa indegna». E se nella de quasi tutti sperano che Segni resti nel partito (anche se pochi gli vorrebbero concedere potere effettivo), c'è chi spera di poterlo trascinare fuori il più rapidamente possibile. Quando mancano due giorni all'assemblea di Segni dei «Popolari per la riforma» (alla quale Martinazzoli starebbe significativamente meditando di non andare), ieri mattina è stata presentata «Alleanza democratica», un'iniziativa promossa da intellettuali (Toni Muzi Falconi, Ferdinando Adornato, Miriam Mafai), politici (Ayala, Enzo Bianco, Willer Bordon, Enzo Mattina). Il nuovo cartello punta ad un nuovo soggetto politico progressista che superi le vecchie aggregazioni. Tra i firmatari Walter Veltroni e Stefano Rodotà del pds, Mario Segni, Francesco Rutelli, Andrea Manzella. Fabio Martini Il senatore del pds Gerardo Chiaromonte ha ottenuto gli stessi voti del candidato di maggioranza

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