Rigoberta Menchu, un Nobel che fa paura

Rigoberta Menchu, un Nobel che fa paura Alla giovane india il premio per la pace? Rivelerebbe al mondo quarantanni di carneficina Rigoberta Menchu, un Nobel che fa paura Il governo del Guatemala oppone una candidata aristocratica 1SAN PAOLO L prossimo 16 ottobre, un'india di 33 anni, piccola, gli zigomi larghi, Icon indosso ì'hipules, l'abito tradizionale del popolo Quiche del Guatemala, potrebbe ricevere il premio Nobel per la Pace. La candidatura di Rigoberta Menchu Tum, una delle cinque rimaste in lizza, ha molti sostenitori illustri - i Nobel Adolfo Perez Esquivel e Desmond Tutu, molti vescovi e organizzazioni di difesa dei diritti umani - e un grande nemico: le élites del suo Paese. Al punto che il Congresso nazionale, dominato dai partiti di estrema destra al servizio dei militari, ha lanciato nelle scorse settimane una candidatura alternativa, quella di Elisa Molina de Stahl, una aristocratica signora bianca della buona società di Città del Guatemala, che da anni si dedica alle opere di carità. Il presidente Jorge Serrano, e soprattutto i generali e i grandi latifondisti che da sempre dettano legge nel Paese, sono preoccupati. Se Rigoberta vincesse il premio, il mondo potrebbe a un tratto volgere gli occhi sulla carneficina dimenticata che da quasi 40 anni insanguina il Guatemala. La guerra civile e i massacri degli squadroni della morte dell'esercito vanno avanti dal '54, quando un golpe appoggiato dalla Cia e dalla United Fruit, la grande multinazionale americana padrona all'epoca di mezza America Centrale, rovesciò il governo democratico di Jacobo Arbenz. Il saldo delle vittime è spaventoso: almeno 100 mila morti e 45 mila desaparecidos, 200 mila rifugiati all'estero e un milione di persone costrette a trasferirsi in altre regioni del Paese. Per le forze armate, i «nemici» non sono solo i guerriglieri di sinistra - peraltro ben più deboli dei loro compagni del Salvador e del Nicaragua - ma tutte le forme di organizzazione popolare, a cominciare dai 22 popoli indigeni che vivono nel Paese. Poche famiglie di bianchi controllano il Guatemala dai tempi dei Conquistadores: hanno oltre il 70% delle terre coltivabili e mantenengono l'ordine col pugno di ferro. Su questa terribile realtà, una decina di anni fa aprì uno squarcio rivelatore un libro autobiografico tradotto in diversi Paesi, Mi chiamo Rigoberta Menchu (pubblicato in Italia da Giunti), in cui l'autrice racconta la storia della sua famiglia: il padre bruciati- vivo con altri 30 leader indigeni durante una pacifica occupazione dell'ambasciata spagnola nella capitale guatemalteca, la madre rapita, violentata e torturata per giorni e poi ammazzata da uno squadrone della morte, il fratello ucciso e sepolto in una tomba senza nome con la moglie e i tre figli. La stessa Rigoberta Menchu - che aveva imparato da sola a leggere e scrivere lo spagnolo a 17 anni - era stata più volte minacciata di morte, ed era stata costretta a lasciare il Paese e a chiedere asilo in Messico nel 1981. Da allora, la piccola india Quiche si è trasformata in un simbolo internazionale della resistenza del popolo guatemalteco, girando il mondo in conferenze e dibattiti. E' potuta tornare per la prima volta in Guatemala solo nel 1989, accompagnata da un parlamentare francese e uno americano, ma ancor'oggi ogni visita è un rischio: nel luglio scorso, è dovuta ripartire in fretta dopo essere stata minacciata tre volte. E la sua indicazione per il Nobel ha ulteriormante peggiorato la situazione. «Vista la coincidenza con i 500 anni della conquista delle Americhe, Rigoberta Menchu ha reali chances di vincere il premio - ci dice da Città del Guatemala un diplomatico europeo -. Il presidente Serrano avrebbe potuto appoggiare la candidatura di Rigoberta ed usare questa opportunità per dare un segno concreto di apertura verso i popoli indigeni e contro lo strapotere dei militari, ed invece ha preferito inscenare la contro-indicazione della signora Molina». Alcune settimane fa, il Presidente ha persino concesso alla «sua» candidata al Nobel l'Ordine del Quetzal, la più alta onorificenza del Paese. Un giornale locale ha riassunto la situazione con una vignetta. Una donna india chiede a Rigoberta cosa il governo avesse concesso a lei: «Un mandato di cattura», è la risposta amara. Gianluca Bevilacqua Centomila morti, 45 mila scomparsi. Un paese in mano a poche famiglie Rigoberta Menchu Tum. Sopra, il presidente del Guatemala Serrano