«Se arriva la Lega io scappo al Sud»

«Se arriva la Lega io scappo al Sud» «SU LA TESTA» FRA POLITICA E SBERLEFFO Paolo Rossi, dal cabaret alla domenica in tv: mi han lasciato lavorare come volevo «Se arriva la Lega io scappo al Sud» U NA signora, vedendolo dopo la trasmissione, ha fatto un salto in là, per l'orrore. Ma i più lo hanno assediato folgorati: certo, Paolo Rossi non era uno sconosciuto. Cabaret. Teatro. Roba milanese. Eppure lui, questo gremlin inquietante. «Ma guarda che io sono buonissimo, non somiglio mica al mio personaggio...». Questo individuo che ammicca nella telecamera, che dice parolacce come uno scaricatore di por... «Ma guarda che dico le cose che dicono tutti nella vita normale, cos'è 'sta storia della volgarità...». Ma sei milanese. «Triestino. Di Monfalcone». Milanesizzato. «Passato per Ferrara». Alla prima puntata di questo «Su la testa», subito un botto: un milione e otto a mezzanotte, uno share del quindici, sedici per cento... «Sì, non mi intendo, ma mi hanno spiegato che sono numeri seri...». Hai riso rivedendoti? «No. Ma io non rido quasi mai di me. Cioè: salvo alcune cose. Ma ero lì angosciatissimo, con mio figlio, io e lui...». Sei un animale notturno. «Sì. Lavoro di notte. Il metabolismo comincia a carburare alle cinque del pomeriggio». Ma anche Cochi è stato bravissimo... «Sì. Era straordinario. Lui non metteva piede a Milano da vent'anni e quando è arrivato...». Ha vomitato. «Beh, quello che ha visto...». I testi: di chi sono? «Mah, le cose mie sono mie, ma poi Gino e Michele le integrano con delle battute, altri testi sono di Gino e Michele e io li integro...». E quelli di Cochi? «Suoi. Roba sua quasi tutta. Ma lavoriamo assieme». Chi sono gli altri comici? «Antonio Albanese, quello che gli hanno rubato il motorino. C'è Lucia Vasini, l'unica donna...». Tua moglie. «Ex. Lavoriamo benissimo insieme. Poi c'è Cornacchione che si fa picchiare dai teppisti, Gianni Paladino con il cartello di comico disoccupato, Aldo e Giovanni che fanno il dibattito fuori e Maurizio Milani che è quel pazzo che vorrebbe far crollare la tenda... Quello è molto più cattivo di me». Consapevole della mazzata che avete inferto all'Italia? «Ho dovuto rendermene conto per forza». Con «Su la testa» non avete fatto uno spettacolo di cabaret sulle tangenti: siete entrati a gamba tesa sulla questione nazionale. «Sì. E credo che se un giorno faranno la secessione, 'sti leghisti, io scapperò al Sud. Ai miei avi toccò già di scappare in Francia». Ti incontrerai con i comici del Sud? «Tutto può essere. Non so che dire: ha senso una cosa del genere?». Sembrava teatro. «Era teatro. Io ho un metodo'di lavoro molto serio, che non somiglia al mio personaggio...». Sembrava una puntata già molto rodata. «Ha giocato prima di tutto la con¬ dizione ottimale in cui mi ha messo Guglielmi, il direttore di Rai3». Angelo Guglielmi ha vinto un altro trofeo. ((Angelo Guglielmi ha avuto l'intelligenza di lasciarmi lavorare alla mia maniera, con i miei tempi, i miei ritmi, in una tenda di periferia fuori Baggio, così come appare. Io seguo una regola molto semplice: quello che c'è, c'è». Che è il nome del complesso. «E' il nome di un mio vecchio spettacolo». I leghisti si sono infuriati perché si sono visti rappresentati con la svastica. «Vuol dire che hanno la coda di paglia: quelli semmai erano i naziskin». Ma non eri un nemico dell'approdo televisivo? «Ero. In un certo senso lo sono ancora. Ma oggi le cose sono cambiate, e si può fare una televisione che seguita ad essere teatro». Però snobbavi. «No, andavo di rado. Sapevo che non mi avrebbero permesso di fare quello che avrei fatto in caba¬ ret». Oggi si fa cabaret facile: basta ripetere che i socialisti sono ladri... «Infatti. E' ormai un luogo comune, come sparare sulla Croce Rossa. Invece, sparare sulla Lega è una roba un po' più seria. E c'è anche da avere un po' paura». Torna davvero la comicità milanese? «Io ho molte tracce ferraresi» E Milano non è il luogo di una parlata, è il cuore del marasma... «Sì. Ma io come abitante di Milano sono sempre stato uno tranquillo, di successo, ma teatrale, un contatto fisico. Oggi uscendo per strada mi sono sentito gli occhi addosso, i giornali addosso, chi mi dava una manata di solidarietà, chi mi guardava storto». Sei buono o cattivo? «Più buono che cattivo». Che gavetta nai fatto? «Io ho avuto la fortuna di lavorare con tutti i miti che avevo da ragazzo: con Dario Fo, con Jannacci, con Carlo Cecchi, con Vittorio Caprioli... Ho fatto una gavetta pesante ma bella...». Che età avevi quando hai cominciato? «Tardi: a 25 anni come tecnico fonico in un teatro di marionette. Poi feci quei corsi che andavano negli Anni Settanta, poi la scuola del Piccolo, ma arrivò Fo che mi mise a lavorare...». Ma anche lavori bastardi. ((Anche strip, anche il presentatore, il buttafuori, la Tempesta di Shakespeare e nella stessa notte andavo poi in un locale...». E poi il teatro in tenda... «Sì, con David Riondino con cui ho fatto compagnia, il teatro... Ma adesso le cose stanno già cambiando...». La prossima puntata come funziona? «E' dedicata ai ventenni. Ne avremo in scena quattro, anche per spiazzare un po' l'attesa di volgarità, e invece faremo brani, discorsi sui sentimenti, il lavoro, il futuro e il sesso...». Lunedì hai invitato gli spettatori a congiunzioni bibliche... «Mi è venuta così. Segno che mi stavo divertendo». Sei o no volgare? «Sono disarmato. Non capisco. Parlo la lingua di tutti i giorni. E' volgare? E' una discussione che non so fare». Chi ti ha chiamato per congratularsi? «Per primo Dario Fo. Era contento. Tanti che mi hanno sorpreso: Lucio Dalla, che non conoscevo. E' così, la televisione. Ti lascia stupefatto. Guglielmi mi vorrebbe insinuare il dolce veleno, ma...». Perché no? Quanti anni hai? «Trentotto. Ma io non ho intenzione di svendere la vita in mezzo allo stress. Io ho bisogno di ricapitalizzarmi in mezzo alla gente». Ancora snob verso la televisione? «No. Mi piace. Ma la tv è figlia del teatro». Che ti frulla per la mente per la puntata prossima? «Un monologo sui giovani, in che modo possono prendere esempio dagli industriali per ripartire da zero. Non so come va a finire, ma l'idea mi solletica». Paolo Gu zzanti «Sono un buono, non un cattivo. Volgare? Ma no, parlo come tutti... Sparare sul partito socialista è come sparare sulla Croce Rossa» Nella foto grande: Paolo Rossi Qui sotto: Cochi Ponzoni Qui a fianco: Dario Fo A sinistra: Franca Rame

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