Bukharin, il testamento d'amore

Bukharin, il testamento d'amore LE TRAGEDIE DELL'URSS Dagli archivi di Eltsin una straziante testimonianza degli anni di sangue dello stalinismo Bukharin, il testamento d'amore La lettera alla moglie Anna prima dell'esecuzione MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Quello che per il mondo è già passato remoto, in un attimo è tornato ad essere per me il giorno di ieri». Anna Mikhajlovna Larina ha ormai 78 anni, ed attraverso il filo del telefono la sua voce anziana ci arriva ancor più tremolante per l'emozione. Il suo uomo, la sua stessa giovinezza, non possono certo tornare, ma i due fogli di carta ingiallita emersi dalla polvere dell'archivio del Presidente Eltsin le hanno precipitato il cuore in quel lontano e terribile 1937: l'anno delle peggiori purghe staliniane, l'anno della paura, della eliminazione in massa della vecchia guardia bolscevica. L'anno in cui Nikolaj Ivanovich Bukharin fu arrestato e gettato in un carcere da cui sarebbe uscito solo morto. «E' difficile dire quanto sono agitata» dice la Larina. Questa donna di ferro, passata «come una statua» attraverso 25 anni di carcere, lager ed esilio, privata del marito e del figlio, non ha mai rinnegato, mai dimenticato l'amore che la legò, appena sedicenne, ad un uomo già maturo, condannato inconsapevolmente dalla sua intelligenza e dalla sua popolarità a finire fucilato. Si incontrarono nel 1930, sul golfo di Finlandia, dove il quarantaduenne Bukharin, uno dei massimi dirigenti della repubblica sovietica, era andato a visitare il padre di lei, compagno di partito. Fu allora che il grande teorico bolscevico «scoprì» la giovanissima «Annushka» dichiarandole il proprio amore: «Sei cresciuta senza che me ne accorgessi, e i tuoi occhi sono diventati come il mare». Una semplicità che la vecchietta di oggi ricorda con tenerezza ed un velo di rimprovero («sei rimasto così ingenuo e credulo come sei stato per tutta la vita»). Un'ingenuità che era la sua forza morale, ma che forse causò la sua fine. Un'ingenuità che ha permesso oggi, a cinquantacinque anni di distanza da quel tragico gennaio del '37, di far diventare realtà l'eterna favola dell'amore più forte della morte. «Era ingenuo pensare che allora mi avrebbero fatto avere la tua lettera», scrive oggi la Larina. Lei era già in galera, e Stalin aveva già firmato nella sua mente la condanna a morte del rivale. Eppure nella lettera di quest'uomo umiliato, percosso, che sa di dover morire, c'è un profumo sottile e leggero di destino infallibile, una bellezza contagiosa, che fa fremere il lettore estraneo, e che ha costretto Anna Larina a riprendere in mano la penna per scrivere al marito «all'altro mondo», dopo più di mezzo secolo di assenza. E il tempo si comprime quasi fino a scomparire, così come gli attori dell'epoca, relegati al ruolo di comparse ineludibili, ma offuscate dall'ombra proiettata da queste straordinarie lettere d'amore. Stalin in primo luogo, ricordato dalla Larina solo per una sbrigativa quanto disgustata condanna. Ma anche Berija, il suo boia prediletto, e Lenin, e Trotskij, e tutti gli altri grandi rivoluzionari creatori di sogni sbriciolati. Dalle ceneri, dalla polvere, esce invece la lettera di Bukharin, «il prediletto del partito». E risplende. Ingenuo, certo, ma non tanto da non stare attento a cosa pensava di poter scrivere. Ingenuo, sì, ma forse proprio grazie a questa pretesa ingenuità, grazie ad un commercio terribile, la Larina e i due bambini si salvarono, mentre Bukharin si apprestava a salire sul banco degli imputati, ammettendo colpe che non aveva commesso. Al processo Bukharin si lasciò coprire di fango e vergogna in nome della «grande causa dell'Urss». E perché non in nome della salvezza dei suoi cari? «Non so per quali motivi "umanitari" Koba (Stalin) non mi ha fatta fucilare», scrive la Larina. Non è forse per questo che «Kolja» si è fatto ficcare una palla in testa nel cortile della Lubjanka? Chi può dirlo, oggi, e in fondo che importanza può avere? «Io credo che egli sia vivo, lì, e che come un tempo non mi dimentica, come io non dimentico lui, qui». Tra i vivi. Fabio Squillante

Luoghi citati: Finlandia, Mosca, Urss