Arisio: decisione sbagliata

Arisio: decisione sbagliata Arisio: decisione sbagliata 77 leader dei Quadri polemico «Ma anche la manovra non va» TORINO. «No, lo sciopero generale non serve, è solo un fìnto salvagente. Ma anch'io sono molto critico nei confronti del governo che chiede sacrifici ancora una volta solo a una parte dei produttori di reddito», dice Luigi Arisio. Ma l'organizzatore della marcia dei «quarantamila», il leader di una maggioranza silenziosa in rivolta contro una linea sindacale che non condivideva, oggi è preoccupato proprio per quel sindacato a cui non ha mai risparmiato critiche: «Guai "sparargli" ancora contro, sarebbe il caos. Capisco le sue difficoltà attuali: non può essere più realista del re e rischiare di essere accusato di complicità, ma lo sciopero generale può scappargli di mano. E' ad un bivio terrìbile: rischia di fallire in qualunque modo decida». Ma se fosse al posto di Trentin, D'Antoni e Larizza che cosa farebbe? Quali mosse deciderebbe contro la manovra di Amato? Arisio, forte della sua esperienza di presidente dell'Associazione Quadri, di ex deputato e ora anche di membro del Ctoel, potrebbe dare qualche consiglio? «Mi fa unav domanda che mi tormenta anche di notte, tenendomi sveglio. Rispondere non è facile. Forse direi di pagare gli errori del passato, azzerando il contachilometri e prendendo una strada nuova senza creare facili illusioni. Ma mi viene in mente un colloquio con Lama; quando gli chiesi se doveva prevalere la piazza o il laboratorio mi rispose: "la piazza". Ma, attenti, perchè il laboratorio può prendersi la rivincita». Che cosa rimprovera soprattutto al sindacato? «Di aver chiesto troppo per il pubblico impiego, senza pretendere in cambio competitività. Il risultato è che oggi rischiamo di mettere i dipendenti del settore privato contro quelli della pubblica amministrazione. Gli rimprovero di aver voluto troppe cose mentre l'Italia stava perdendo il treno per l'Europa. Hanno avuto una visione ristretta sul futuro. Per non parlare del fiscal drag: lo abbiamo ottenuto dopo una battaglia durata dieci anni, e oggi mi trovo a pagare per l'Irpef il 20% in più». In un certo senso, dà ragione al ministro Goria quando dice che gli italiani hanno vis- . Luigi Arisio suto al disopra dei loro mezzi. «No di certo: Goria dovrebbe sapere che qualcuno ha vissuto al disopra dei propri mezzi, ma non un operaio o un impiegato con poco più di un milione al mese - al massimo riusciva a comprarsi una Panda - e a cui oggi si chiedono ancora sacrifici». Arisio, perché è così critico nei confronti del governo? «Non sono certo favorevole a mantenere i privilegi, ma non si può fare a meno di uno Stato di diritto. Non è possibile che il fisco continui a spremere certe buste paghe, già non pesanti. I quadri, le categorie medie che negli ultimi anni si sono ampiamente diffuse, pagano il fisco come se fossero dei banchieri. Per non parlare della sanità. Ieri ho comprato delle medicine contro l'influenza per mio figlio che ancora non lavora e, meno male che ne ho preso solo la metà, perché già così ho pagato 59 mila lire. Eppure, tra poco verserò un milione e settecentomila lire di tassa sulla salute e dopo aver dato il mio contributo alla cassa mutua prr 43 anni. Le sembra giusto?». Insomma, anche lei, come i sindacati, ■ è convinto che la manovra vali da corretta?, «Certo: il punto dolente è l'evasione fiscale di alcune categorie di lavoratori autonomi. E non mi convincono il redditometro e la minimum tax: sono misure troppo blande. Basterebbe un po' di buona volontà. Se uno denuncia solo un reddito di 10 milioni pur avendo un'attività si va a vedere che cosa ha in banca perché in questo caso non ha senso il segreto bancario; e se ha denunciato il falso se ne sta 20 anni in carcere. Piuttosto dello sciopero generale i sindacati devono chiedere garanzie di equità fiscale» Arisio, non è mica per caso tentato dalle rivolte di Bossi? «Che Dio ce ne scampi e liberi». Oggi, a 66 anni, a 12 anni da quel fatidico ottobre, rifarebbe una «marcia»? «No, quell'esperienza oggi è irripetibile. Credo che farò, per dirla con De Rita, come molti altri italiani: azioni di arretramento, di nascondimento. Ho già detto in famiglia che al ristorante si andrà solo una volta al mese e scordarsi l'abito griffato o l'auto grande. Insomma, ridimensioniamoci». Stefanelia Campana Luigi Arisio

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