«lo, comunista salvato dalla dc»

«lo, comunista salvato dalla dc» Incontro con Gregoretti che dal 25 ottobre guiderà «Domenica in...» su Raiuno «lo, comunista salvato dalla dc» Dice: «Senza i democristiani ora farei il ciabattino Sono divorato dai dubbi, ma non mi tirerò indietro» TORINO. Lo sguardo pacatamente ironico filtrato dagli spessi occhiali quadrati, il sorriso sornione, l'eleganza accurata e un po' retro, Ugo Gregoretti, che della tv conosce ogni segreto, e che forse, proprio per questo, non disdegna neppure «Domenica in», si prepara all'appuntamento con il pomeriggio festivo di Raiuno. Gregoretti, dunque è vero. «Sì. Sono uno stravagante che ogni mattina, appena alzato, apre la finestra e si butta sotto, ma trova sempre il telone dei pompieri». E se una volta non ci fosse il telone? «Domenica In» non merita un suicidio... «No, certo. Devo dire, però, che le ossa non me le sono mai rotte. Mi piacciono le avventure. Chi altri, sennò, avrebbe partecipato alla premiazione di Venezia? C'erano tutte le premesse perché colassimo a picco. Ma siamo riusciti a rimanere a galla». Com'è che l'enfant terrible si è fatto coinvolgere nella banalità di «Domenica In»? «Il mio amico Giordani mi ha chiesto un progettino per rinnovare la trasmissione. Il progetto è piaciuto, poi mi è stato offerto di entrare nello staff dei programmisti (Calabrese, Gandus, D'Amico), poi nel cast. Così, piano piano, mi sono trovato coinvolto». Non ha mai avuto dubbi? «Sono divorato dai dubbi. Molte volte mi sono detto: non è possibile, mi tiro indietro. Ma a questo punto sarebbe una vigliaccata e con un'alternativa: la disoccupazione. E poi, diciamolo, io credo nel progetto». Com'è il suo progetto? «Metto a confronto le grandi tradizioni culturali del Nord e del Sud, attraverso autori, testi teatrali, canzoni su temi classici, come il denaro, l'amore, la gelosia, le corna. Per dimostrare che in questo Paese, che oggi si tenta di dividere, culture originali convivono pacificamente da secoli». Ci sarà anche lei in video? «Io dovrei comparire come leader di un gruppo d'ascolto in una sorta di salotto dialettico in cui i personaggi divertenti sono chiamati a chiosare tutto ciò che è avvenuto sino a quel momento. Intervengo "malgré moi", perché sono fondamentalmente un timido». Timido, ma esibizionista... «Esibizionista, no: diciamo narcisista. Quando intervengo, non lo faccio per esibirmi, ma perché penso di essere una presenza giustificabile delle mie trasmissioni». Perché lei, comunista, è finito a Raiuno? «Se non fosse per i democristiani, a quest'ora farei il ciabattino. I socialisti hanno sempre escluso i registi comunisti; quanto ai comunisti, il discorso era: non vor- rai farci accusare di favoritismo nei confronti di un compagno. Per cui ho sempre finito per lavorare per i de. Tutti i mie programmi più importanti, da "I romanzi popolari", alle "Uova fatali a Goldonia", li ho fatti per Raiuno». E così adesso lei si fa erede di Pippo Baudo e dovrà combattere contro la Cuccarmi a fianco della Panetti e di Cutugno. Le sembra allegro? «La scommessa è: una trasmissione popolare che sia al tempo stesso non volgare né sciocca. Che riesca a conciliare la massima audience con la massima civiltà. Un impegno in un momento in cui si teorizza che il pubblico è una fogna e bisogna ammannirgli prodotti cloaca. Io mi sento coinvolto soprattutto sul piano civile». Diventerà dunque il filantropo della televisione di Stato? «Perché no? Intanto, mi sono riproposto di chiedere pochissimi soldi: se l'obiettivo è una rivolta contro la volgarità, penso che la prima manifestazione di volgarità stia proprio nello spillare miliardi. Quelli che fanno il mio mestiere e dicono di aver lasciato un'emittente per un'altra perché contesi a suon di miliardi, mi fanno rivoltare lo stomaco: si parli della Laurito o di Ferrara. Oggi, la morale corrente è: più mi faccio pagare, più sembro importante. Dimostrerò che si può essere importanti anche con le pezze sul sedere». Gregoretti però non rinuncia al suo antico amore: l'opera lirica. Sarà infatti il regista della «Bohème» che andrà in scena al Teatro Regio il 15 ottobre, protagonisti giovani cantanti lirici. Un nuovo impegno civile, uno spettacolo allestito per i ragazzi. «Da quando allestii Bohème la prima volta, sono passati dieci anni. Gli interpreti sono cambiati. I tempi sono cambiati. Soprattutto, sono cambiato io: non mi va di ripetermi con trovate in cui non credo più e che oggi mi annoiano». Donata Già ne ri «La scommessa è un programma popolare ma non sciocco» Ugo Gregoretti apparirà in trasmissione insieme con Alba Panetti

Luoghi citati: Ferrara, Torino, Venezia