Flaiano: ma fu vera gloria? di Ennio FlaianoMirella Serri
Flaiano: ma fu vera gloria? Critici divisi 20 anni dopo Flaiano: ma fu vera gloria? il ENT'ANNI dopo, tutti in disaccordo: un marziano si aggira tra noi. Chi fu veramente Ennio Flaiano? Un uomo di spirito? Uno sceneggiatore cinematografico fra i più importanti? Un narratore fecondo (17 opere) ma anche di valore? Un acuto giornalista di costume? O è stato soprattutto un importante scrittore di teatro? Le opinioni sono più che mai divise. Dell'autore di Tempo di uccidere e ài Un marziano a Roma disputerà un convegno il 9 e 10 ottobre a Pescara, la città natale, a vent'anni dalla sua morte. Su un unico argomento critici e studiosi sembrano d'accordo: Flaiano, cavaliere solitario nel panorama culturale italiano, è stato un «grande» ancora in larga parte incompreso. Le sue battute micidiali hanno contribuito a darci un'immagine di Flaiano spiritoso, viveur, un po' goliarda. «Tutto il contrario», protesta Maria Corti, curatrice con Anna Longoni delle Opere dell'autore pescarese pubblicate da Bompiani: «L'ironia praticata da Flaiano era molto lucida e drammatica. Era un filosofo, non un comico. Appartiene a quella piccola schiera di scrittori umoristi capaci di esprimersi sulle vicende fondamentali della vita e della storia: la morte, il dramma politico e sociale. Anche se gli piaceva fare il salottiero e il mondano aveva una visione molto malinconica della realtà, un rigore morale che si rispecchia nei suoi lavori ed è alla base della loro attualità». Contro la «leggenda» di Flaiano «battutista» si scaglia anche Renato Minore: «Dopo la sua morte sono arrivati a frotte i suoi sedicenti amici: tutta gente che di lui sapeva soprattutto a memoria molti aforismi. E la critica non si è sottratta al fascino dei suoi giochi di parole e delle sue invenzioni. Invece prima di tutto era dotato di un talento narrativo ineguagliabile capace di porsi al crocevia di molteplici esperienze espressive. Non esito a collocarlo a fianco di un autore come Camus, soprattutto per i suoi Tempo di uccidere e per Melampus». Un autore alquanto sottovalutato, quindi? «Come narratore si è buttato via - sostiene Geno Pampaloni -, a parte Tempo di uccidere, tutte le prove successive non sono state all'altezza. Solo Un marziano a Roma rappresenta un eccellente amalgama tra il narratore e l'epigrammista. Il valore più duraturo di Flaiano, piuttosto, sta nel suo anticonformismo, nella denuncia dell'ipocrisia della nostra società». Per Pampaloni il preveggente anticomunismo di Flaiano, la sua condanna all'«antifascismo fascista» del '68, la sua visione morale e politica del mondo sono la parte più vitale dello scrittore. Ma c'è chi ne rivaluta soprattutto la meno conosciuta opera poetica, anch'essa carica di contenuti politici e polemici: «Flaiano ce l'aveva con l'intellettuale trasformista, l'intellettuale dell'effimero che scherza su tutto - dice il poeta Giuseppe Conte -. A fianco di una produzione più lirica, in stile bertolucciano, la sua vena satirica faceva di lui, non volendolo, un grande poeta civile». «Ci prendeva sempre in giro perché eravamo di sinistra - ricorda Lina Wertmùller - prendeva in giro la nostra ottimistica visione comunista facendo della sana ironia». Incompreso Flaiano lo fu soprattutto in quanto autore teatrale, dice Luciano Lucignani, che ricorda il clamoroso insuccesso della prima di Un marziano a Roma con Gassman: «Era nel 1950, a Milano. Un fiasco clamoroso, gli spettatori ci ricoprirono di fischi». C'è chi ritiene che Flaiano abbia raggiunto risultati eccelsi almeno nel cinema e nella narrativa. Secondo lo scrittore Franco Cordelli, «è il vero artefice dei migliori film di Fellini: quando il sodalizio finì, il regista non raggiunse più le vette del Bidone, di 8 e mezzo e della Dolce vita. Come narratore, Tempo di uccidere e Melampus meritano ciascuno un posto tra le dieci migliori opere del XX secolo. Altro che un provocatore alla Longanesi! Flaiano è spesso considerato un dilettante, era invece un outsider di gran razza Le sue trame narrative sono in superabili: Bassani, Eco e Mora via non sono alla sua altezza». Mirella Serri Sopra, Maria Corti, qui accanto Geno Pampaloni a sinistra Ennio Flaiano
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