La lira si svaluta il risparmio no di Mario Salvatorelli

La lira si svaluta il risparmio no r B NOSTRI SOLDI La lira si svaluta il risparmio no 0 letto su un giornale (ne leggo parecchi) che gli italiani in questi giorni sono diventati più poveri (meno ricchi) del 12 per cento, perché la lira, tra svalutazione ufficiale e svalutazione fluttuante, ha perso il 12 per cento al cambio con le altre monete. Questa è un'affermazione che può far piacere all'ambulante del mio mercatino rionale, perché si sente equiparato agli operatori sui mercati dei cambi, e può fargli, soprattutto, molto comodo, perché lo autorizza ad aumentare i prezzi di altrettanto, anche solo del 10%, così guadagna di più e fa la figura dell'uomo onesto con i clienti. Ma, le pere che maturano a pochi chilometri di distanza, e le uova che le galline hanno scodellato nel pollaio di borgata, l'ambulante mica le ha pagate in marchi. A me, questa che ho letto mi sembra un'enormità: non è tale?». Al lettore Ruggero Borgini, che mi scrive da Novara, non posso che dar pienamente ragione. Un esempio: quando il dollaro degli Stati Uniti iniziò, nei primi Anni Ottanta, la lunga galoppata che da 850 lire doveva portarlo a superare, sui mercati dei cambi, nel 1985, le 2 mila lire, per poi crollare, negli anni seguenti, fino agli attuali livelli di 1200 lire e anche meno (e così, in proporzione, con le altre valute), i cittadini americani sarebbero dovuti impazzire, prima di gioia e dopo d'angoscia, mentre non risulta che se ne siano neppure accorti. A parte quei pochi milioni (si fa per dire) d'imprenditori o di viaggiatori che hanno rapporti di lavoro o di turismo, con l'estero, gli altri americani non si sono sentiti affatto, prima più ricchi del 120 per cento, e, dopo, più poveri del 40 per cento. Certo, per Paesi importatori come il nostro, le svalutazioni sui mercati dei cambi, prima o dopo si fanno sentire, e in misura sensibile, anche sui mercati dei prodotti, non esclusi gli alimentari (il disavanzo alimentare è il più pesante della nostra bilancia commerciale, subito dopo quello energetico), ma non certo nella stessa misura delle svalutazioni, e non in pochi giorni. E proprio per questo, gli errori di calcolo in proposito non possono che favorire gli speculatori, intendendo per tali i disonesti e non chi opera nei settori e nei termini legali e morali. Ma, mercati a parte, occorre che tutti, in particolare i risparmiatori, abbiano, ben chiara in mente, la differenza, fondamentale, tra svalutazione (la perdita di valore della moneta verso quelle degli altri Paesi) e inflazione (la perdita di potere d'acquisto della moneta nazionale all'interno del proprio Paese). Stabilita questa differenza, si possono, anzi si debbono anche trovare collegamenti e reciproche influenze. Ma si possono fare solo dopo aver chiarito le idee, e non prima, a sé stessi e agli altri. Senza contare che, facendo d'ogni erba un fascio, cioè dando alla lira una svalutazione eguale verso tutte le monete, si diffonde l'effetto «simpatia» (prendendo a prestito l'espressione dai contenitori di esplosivi che scoppiano quando ne scoppia uno nelle vicinanze). Non è detto, invece, che, nei casi di fluttuazione libera d'una moneta, la sua svalutazione sia eguale in tutti i rapporti di cambio con le altre. E, con questo, rispondo anche al signor Carlo C. (firma illeggibile), di Genova, il quale, anche a nome «di moltissimi amici e conoscenti», domanda: «Nei giorni scorsi (la lettera è datata 3 settembre u.s.) vari quotidiani hanno scritto: "La lira è schiacciata tra il dollaro in discesa libera e il marco in continua ascesa". Ora, i cittadini, sprovveduti come me, perdono (come si dice a Genova), la tramontana: se il dollaro sale, siamo nelle pesti, ma siamo egualmente in crisi se scende? In quanto alla svalutazione della lira, in pratica già svalutata, non ne capisco la strenua difesa da parte della Banca d'Italia che, così facendo, brucia preziose riserve». Il lettore ha il merito (si fa per dire) di aver previsto quello che doveva succedere 10 giorni dopo, cioè la svalutazione. Quanto al dollaro, quando i giornali scrivevano di «lira schiacciata ecc.», non volevano dire che per la nostra moneta è sempre crisi, sia che il dollaro salga, sia che scenda. Volevano dire che un dollaro forte avrebbe potuto controbilanciare il rafforzamento del marco, rendendolo meno pericoloso. E' certo invece, che con il dollaro debole risparmiamo ogni anno decine di migliaia di miliardi: basti dire che la nostra spesa per importare petrolio (grezzo e derivati), dopo aver superato i 30 mila miliardi di lire nel 1985 (pari, in lire attuali, ad almeno 44 mila miliardi), è scesa nel 1991 alla metà: 15.300 miliardi, e questo è servito, quantomeno, a non far aumentare l'inflazione. Lo spauracchio La signora Silvana G., di Torino, domanda se, «alla luce degli ultimi avvenimenti», sottoscriverei ancora la rubrica del 7 settembre, nella quale definivo, nello stesso titolo, il consolidamento dei titoli di Stato «un assurdo spauracchio». Certo, quella rubrica la scriverei anche oggi, perché «gli ultimi avvenimenti» non mi hanno certo indotto a cambiare convinzione, caso mai l'hanno rafforzata. Mario Salvatorelli elli |

Persone citate: Carlo C., Ruggero Borgini, Silvana G.

Luoghi citati: Genova, Novara, Stati Uniti, Torino