Un fazzoletto insanguinato sull'auto del senegalese

Un fazzoletto insanguinato sull'auto del senegalese Delitto di Marina, l'imputato continua a negare Un fazzoletto insanguinato sull'auto del senegalese La prova che manca potrebbe essere un fazzoletto intriso di sangue, trovato sull'auto che Cheia Saadbou Kahoute usava da cinquanta giorni come casa. Al cumulo di indizi che grava sull'ex fidanzato di Marina Corallo, si è aggiunto anche questo rettangolo di stoffa insanguinato, che verrà immediatamente sottoposto a perizia. Lui, il presunto assassino, ha respinto anche quest'ultimo sospetto: «Quel sangue è mio. L'ho perso dopo essermi fatto un'endovena dì eroina». La macchina, una Alfetta targata Reggio Emilia, con i finestrini oscurati con cartoni e teloni impermeabili, parcheggiata in corso Monte Grappa, è stata attentamente perquisita: a bordo, oltre al fazzoletto, sono stati trovati preservativi usati. La difesa del senegalese, molto confusa ma particolarmente ostinata, non ha comunque affatto convinto il gip Simonetta Rossotti che ieri mattina alle 10,30 ha convalidato il fermo per omicidio volontario effettuato dalla Squadra Mobile di Torino. Il voluminoso dossier, raccolto con caparbietà dagli uomini del vicequestore Salvatore Longo, contiene una serie di indizi molto consistenti. Fra questi prendono notevole valore le molte telefonate di minaccia fatte dal senegalese alla famiglia, l'ultima la mattina del delitto. Minacce generiche al padre, alla madre, ai fratelli, alla stessa Marina. C'è poi un'altra telefonata, dodici ore dopo l'omicidio, in cui Choja dice soltanto: «Non sono stato io ad ucciderla». La risposta dei parenti di Marina, volta solo a non farlo fuggire, è tranquillizzante: «Ne siamo sicuri. Tu le volevi bene». La Polizia sta lavorando alla ricostruzione delle 60 ore intercorse fra il delitto e l'arresto del senegalese, a Bardonecchia. Appare scontato, anche per sua ammissione, che il presunto assassino abbia passato parte della notte fra lunedì e martedì nella sua auto-rifugio. Martedì mattina è, con ogni probabilità, a Torino e di qui telefona un'ultima volta a casa Corallo. Solo nella serata di martedì, o più probabilmente nella notte fra martedì e mercoledì, decide di partire verso Bardonecchia. Mercoledì pomeriggio è nella zona di confine e tenta il primo espatrio. Supera i nostri controlli (nel caso inesistenti: Cheia era privo di documenti), non quelli dei francesi, che lo rispediscono indietro. Passa la notte a Bardonecchia, intorno alla stazione, ed all'alba prova di nuovo a varcare il confine: i gendarmi francesi lo scoprono di nuovo e lo rimandano indietro. Questa volta, però, avvertono i nostri poliziotti, che 10 aspettano a Bardonecchia. Il resto è noto: c'è la fuga fra le bancarelle, il fermo, il tentativo di suicidio, il trasferimento a Torino, il maxi interrogatorio, il rigetto di ogni accusa. «Sono scappato perché ho capito di essere ricercato, non è vero che ho cercato di uccidermi, con quella corda stavo giocherellando». Confesserà o cercherà di arrivare al processo senza ammettere nulla? Difficile fare previsioni, considerato anche il personaggio, pesantemente condizionato dall'assunzione di droghe. L'avvocato Cosimo Palumbo ne chiederà lunedì la scarcerazione al Tribunale della Libertà. Una richiesta che difficilmente verrà accettata: il pericolo di fuga del presunto assassino, come dimostra il suo atteggiamento, è moltoò forte. Da Ivrea Gian Battista Corallo, 11 padre della ragazza, segue gli sviluppi dell'inchiesta con grande attenzione: «Quel ragazzo sa raccontare molto bene le bugie, a noi ne ha raccontate moltissime, e per molto tempo gli abbiamo creduto. E' dotato di una fervida fantasia. Non sapevo che fosse tossicodipendente, per noi questa è stata un'altra brutta sorpresa». Angelo Conti Trovato sull'Alfa che usava come casa Si difende: «Quel sangue è mio, l?ho perso dopo un'endovena di eroina» L'Alfetta targata Reggio Emilia che il senegalese usava come casa era parcheggiata in corso Monte Grappa. Aveva i finestrini oscurati con cartoni e teli impermeabili. Gli inquirenti l'hanno perquisita attentamente Marina Corallo, la vittima Di fianco il senegalese arrestato

Persone citate: Angelo Conti, Cheia Saadbou Kahoute, Cosimo Palumbo, Marina Corallo, Salvatore Longo, Simonetta Rossotti

Luoghi citati: Bardonecchia, Reggio Emilia, Torino