Addio caro Fritz, campione col cuore grande di Cristiano Chiavegato

Addio caro Fritz, campione col cuore grande LO SPORT IN LUTTO E' morto ieri sera a Napoli Dennerlein: 56 anni, una vita di trionfi nel nuoto e poi nella pallanuoto Addio caro Fritz, campione col cuore grande Era in rianimazione da alcuni giorni dopo un incidente d'auto NAPOLI. Fritz Dennerlein, ex campione di pallanuoto ed ex commissario tecnico della Nazionale, è morto ieri sera nel reparto di rianimazione dell'ospedale «Cardarelli» di Napoli. Era rimasto coinvolto, nella notte tra martedì e mercoledì scorsi, in un gravissimo incidente stradale sulla rampa d'accesso dell'autostrada Salerno-Napoli, nei pressi del tunnel di Vico Equense. E così Fritz non ce l'ha fatta. Neppure la sua ancora forte fibra ha resistito alle ferite riportate nell'incidente: un trauma toraco-addominale con lesione di organi interni, una frattura alla scapola e una lesione all'occhio destro. Era subito entrato in coma, ma si sperava di riuscire a salvarlo. Invece, povero Fritz, vincitore di tante battaglie, stavolta ha perso la più importante, quella per la vita. Se n'è andato a soli cinquantasei anni (era nato a Portici il 14 marzo del 1936) uno dei personaggi più popolari dello sport italiano. Un uomo che per 40 anni aveva vissuto da grande protagonista nel mondo del nuoto, prima come atleta, poi come tecnico. Un uomo che tutti stimavano e che molti avevano imparato ad amare. Napoletano verace, malgrado le origini sparse per l'Europa (suo padre, Giorgio, era tedesco; la madre Leonia Sanielevici romena di Bucarest, a lungo residente a Parigi), era soprattutto un innamorato dello sport. Un innovatore ai tempi della pratica agonistica e poi nella veste di allenatore. Un po' teutonico nell'applicare e nel far rispettare la disciplina, molto partenopeo nella vita. Da una parte la frusta, dall'altra l'immancabile tazzulella di caffè, la pizza, il vino, il sole del suo golfo. Fu il fratello Bubi, di quattro anni maggiore, a trascinarlo in acqua. Prima nei dintorni di Bolzano dove la famiglia si era trasferita in momenti difficili, durante la guerra, in un laghetto nel quale, dopo un bagno bisognava cospargersi di sale per togliersi le sanguisughe, successivamente nelle piscine in legno del Molosiglio e di Santa Lucia. I due ragazzi, grandi e grossi, avevano stoffa. Ma Federico «Fritz» era un po' più bravo di Costantino «Bubi». E la sua carriera fu lunga e piena di soddisfazioni: da atleta conquistò 30 titoli nazionali e 5 record europei (nei 100 stile libero e nei 200 farfalla). Oltre 200 presenze in nazionale, con il miglior risultato a Roma nel '60, quarto nella finale dei 200 farfalla. Gli piaceva, nelle gare, partire piano e recuperare nel finale: «Dicono che sono il solito napoletano pigro. Io invece cerco di usare anche il cervello. E' importante anche quello». Era un nuotatore eclettico. E questa dote lo portò alla pallanuoto. Campione d'Italia con la Canottieri Napoli (la sua società di sempre) nel '58 e nel '63. Nel '59 a Belgrado fu premiato come miglior giocatore del mondo. Il passaggio di Dennerlein da atleta a tecnico fu un fatto quasi naturale, quasi scontato. E anche dalla panchina Fritz seppe dare un contributo straordinario: quattro scudetti e una Coppa Campioni (nel '77), praticando per primo il gioco a «zona». Dal 1984 al '90 aveva guidato la Nazionale, alle Olimpiadi di Los Angeles e Seul, ottenendo una medaglia d'argento ai Mondiali di Madrid (in una mitica finale vinta dalla Jugoslavia per 12-11 dopo 8 tempi supplementari), l'oro ai Giochi del Mediterraneo e alle Universiadi. Concluso il suo mandato, un po' burrascosamente, aveva troncato di brutto con lo sport, ultimamente si era dedicato a un'attività di import-export. Ma la sua passione non si era spenta. Forse un giorno lo avremmo rivisto sul bordo di una piscina. «La vita - era solito dire - è una lunga gara. Ci sono i giorni pari e i giorni dispari. Basta sa¬ per attendere quelli buoni. Io li ho saputi attendere». In privato il grande Fritz non aveva avuto una vita facile. Sposato con Gigliola, aveva avuto duo figlie. Dalla moglie si era separato, una delle ragazze, Veronica, si era spenta, giovanissima, per un male incurabile, in un ospedale di New York, dopo due lunghi anni di inutili cure, con i genitori sempre accanto. «Un periodo - era solito a raccontare - intensissimo. Quando la sentenza di morte fu certa, per un attimo pensai al suicidio, volevo buttarmi nel fiume Hudson e farla finita. Ma un secondo dopo capii che non ci sarei riuscito: ero troppo bravo nel nuoto, al massimo mi sarei preso un raffreddore». Dennerlein cinico? No, solo un uomo coraggioso. In difficoltà, avrebbe potuto abbandonare Napoli, la città per la quale si era battuto sempre, con grande impegno civile, andare altrove per raccogliere ancora onori e successi. Ma non poteva sopportare l'idea di fuggire da quella che considerava «zona depressa» anche nello sport. Addio Fritz. Cristiano Chiavegato Dennerlein era uno dei personaggi più popolari di tutto lo sport italiano. Come tecnico era un po' teutonico nel far applicare e rispettare la disciplina

Persone citate: Dennerlein, Fritz Dennerlein