Tragica evasione a Lugano, 3 morti

Tragica evasione a Lugano, 3 morti Il tentativo messo in atto da otto detenuti. Tra le vittime una guardia carceraria Tragica evasione a Lugano, 3 morti Ucciso un ex terrorista di Pi LUGANO DAL NOSTRO INVIATO La pioggia battente a poco a poco cancella le sagome tracciate sull'asfalto con il gesso giallo. Le 15 di ieri, Mauro Andreazza, scende da una Mercedes: in mano un mazzo di rose rosse e gialle che appoggia al muro di cemento. Ha 23 anni e piange come un bambino: «Sì, è qui che hanno assassinato mio fratello». Michele Andreazza, 25 anni, è stato falciato da una raffica all'alba. Era su un'auto usata da alcuni evasi e bloccata dalla polizia un minuto dopo aver varcato il cancello del carcere della «Stampa» alle porte di Lugano. Un'evasione in massa, otto in fuga, balordi di tutte le specie, con due automobili, armi e tre ostaggi. Ora, il giudice Luca Marcellini, incaricato di indagare sul tentativo di fuga, si affretta a dire che sì, «alcune cose lasciano sospettare che quell'Andreazza fosse d'accordo con i detenuti». E questo, forse, per spiegare che il sistema di sicurezza non ha avuto falle. Tre morti e due feriti, il tutto a un posto di blocco della polizia cantonale che è stata rapida a premere i grilletti dei mitra, come se non aspettasse altro. «E' stata un'esecuzione e che ci fosse mio fratello, a loro non interessava un bel nulla», accusa Mauro. Oltre alla guardia carceraria, gli uccisi sono due. Uno è Pietro Leandri, 33 anni. Era in attesa di giudizio, in Svizzera per una rapina. Poi, saldato il conto, sarebbe stato estradato. Era nato a Milano, ma risiedeva a Bresso. Aveva militato in Prima Linea insieme a Sergio Segio. Era finito anche in carcere, nel 1980 era evaso da Piacenza, nell'84, a Cossato, aveva compiuto una rapina ed era stato arrestato. E' morto anche Anasco Villalon, un cileno di 45 anni, conosciuto nel giro degli spacciatori, già evaso da un carcere italiano. Erano chiusi nel braccio «B», che non viene considerato il più a rischio. La «Stampa» è stato costruito una trentina di anni or sono. Nella sezione «aperta» in cinquanta hanno la possibilità di andare al lavoro la mattina e tornare la sera, non esistono le inferriate; per gli altri detenuti, e sono 120, grate alle finestre e controlli severi. Ma la prigione è sovraffollata: per questo c'erano proteste continue e da una settimana la polizia era stata avvertita che «qualcosa di grosso» stava per accadere. Così era stato deciso il posto di blocco sulla strada dal penitenziario a Lugano centro. Cinque giorni fa c'era stata anche una perquisizione, cella per cella, in cerca di armi: un fiasco. All'alba di ieri Michele Andreazza prende servizio e viene avvertito che dovrà occuparsi del braccio «B». Deve portare la colazione ai detenuti. Come apre il battente della cella di Manuel Pereira, un gigantesco portoghe¬ se di 30 anni, si sente afferrare al collo. Il detenuto stringe anche una pistola, gli sibila: «Fai quello che ti dico o sei morto». Poi il gigante ordina: «Apri le celle dei miei amici». Così escono Villalon, Leandri con altri tre italiani: Giancarlo Calzavaro, 30 anni, Michele Di Sisto, 34, ed Armando Casnici, 36; Hot Smajo, 31, e Minov Kole, 36, albanesi. Sono tutti armati, chi di pistola, chi di coltello, uno stringe una granata. Altre due guardie vengono catturate nel percorso fino al cancello d'ingresso. Il gruppo esce nel cortile, salgono su una fuoristrada Suzuki e su una Subaru rossa, le auto delle guardie in ostaggio. Un attimo dopo il piccolo convoglio ha imboccato la strada per Lugano. Due curve, sembra tutto possibile, ormai. Ma dietro la terza, più o meno un chilometro a valle, la carreggiata è sbarrata dalle macchine della polizia. L'alt viene dato con una raffica di mitra: colpita alle gomme la Suzuki sbanda e sbatte sul muro di cemento di un parcheggio; l'altra auto tenta di fuggire in retromarcia, ma un uragano di piombo si abbatte su di essa. «No, non sappiamo se l'agente sia stato ucciso dai colpi sparati dalla polizia», dirà più tardi Alex Pedrazzini, il capo del dipartimento delle istituzioni. Tiene conferenza stampa alla centrale di polizia, appare sereno, sicuro di sé. Conta i morti, che sono tre, e i feriti: Calzavaro, colpito di striscio, il gigante portoghese, che è in serie condizioni. Prosegue Pedrazzini: «Certo, non possiamo escludere che la guardia sia stata raggiunta dai proiettili della polizia. Sì, eravamo informati, c'erano state voci, come spesso succede, erano state rafforzate le misure di sicurezza, perché si temeva anche un assalto al carcere dall'esterno. E poi, quelli erano armati». Insomma, tutto giustificato. Ma c'è preoccupazione, ora, qui in Svizzera, per questa polizia che ha ripreso a spiare i cittadini e uccide, quando la pena massima sono vent'anni di detenzione. Vincenzo Tassandoti Gli agenti avevano avuto una soffiata e si sono appostati sulla via della fuga Velate accuse alla polizia elvetica «Un'esecuzione» Lugano, il luogo della sparatoria. Nel riquadro Pietro Leandri, ex Prima Linea, in una foto dell'84

Luoghi citati: Bresso, Cossato, Lugano, Milano, Piacenza, Svizzera