La storia fatta dagli esuli

La storia fatta dagli esuli Zaslavsky: nell'ex Urss la speranza non è più emigrare La storia fatta dagli esuli Così l'Occidente ci ha trasformati I celebre per L significato principale dell'emigrazione sovietica in Occidente negli Anni 70 è stato quello di aver fornito una conoscenza molto diretta e realistica sulle condizioni di vita a Ovest, e di aver fatto cambiare dopo un certo numero di anni l'immagine dell'Occidente nelle menti di una parte significativa della popolazione civile russa. Essa ha dischiuso la società sovietica, e le prime conseguenze di questa nuova situazione hanno iniziato a delinearsi dinanzi al governo sovietico già all'inizio degli Anni 80. In questo modo aumentò il grado di libertà per coloro che svolgevano un lavoro intellettuale, per i quali l'emigrazione rappresentava un'uscita di sicurezza rispetto all'ulteriore peggioramento delle condizioni politiche o economiche nell'Urss; crebbe considerevolmente l'efficienza delle stazioni radio occidentali che trasmettevano nell'Urss e, parallelamente, l'efficacia della propaganda occidentale; nella società iniziò a farsi sentire l'effetto della «fuga dei cervelli», rinvigorita dalle notizie sulle stupefacenti carriere in Occidente di musicisti, fisici e altri artisti o specialisti ex sovietici. Inoltre dopo l'intervento in Afghanistan la politica di distensione venne completamente annientata, la cooperazione economica con l'Occidente sparì nel nulla, e il governo sovietico non poteva temere alcuna conseguenza negativa dal blocco dell'emigrazione. Per di più l'emigrante sovietico tipico aveva subito mutamenti decisivi nell'arco del decennio. Non si trattava già più di emigranti pronti a lottare collettivamente per il diritto di tornare in Israele, ma di persone per le quali l'emigrazione in Occidente era solo un mezzo di soluzione individuale di problemi personali, e perciò poco disponibili a azioni di gruppo. Un divieto indolore Dal punto di vista dell'Occidente, poi, l'emigrazione sovietica assumeva sempre più le ben note caratteristiche di emigrazione economica da un Paese povero a uno ricco, e non richiedeva più un supporto particolare. Il governo sovietico insomma avendo molti motivi per vietare di nuovo l'emigrazione, potè farlo in modo indolore. Di conseguenza, nel periodo che include i governi di Andropov e Cernenko e i primi due anni dopo l'arrivo di Gorbaciov al potere, l'emigrazione tornò al livello degli anni di Stalin e dell'immediato dopoStalin. Nel 1982-86 solo un migliaio di persone l'anno uscirono dall'Unione Sovietica attraverso il canale israeliano, in sostanza pensionati senza famiglia invitati da parenti già all'estero. L'analisi dello sviluppo dell'emigrazione di massa sovietica nei primi dieci anni della sua esistenza mostra come alla fine di questo periodo, quando i suoi attori potenziali acquisirono una rappresentazione sufficientemente realistica sull'Occidente e sullo status e le prospettive di chi emigrava in Occidente, l'emigrazione iniziò ad assumere i caratteri di una reazione a catena. Al contempo essa non solo iniziò a minacciare la stabilità interna del regime sovietico, ma arrivò anche a consumare quelle risorse che l'Ovest era in condizione di utilizzare per l'organizzazione e il supporto dell'emigrazione sovietica. La decisione del governo sovietico di bloccare l'emigrazione di massa dispensò i governi occidentali dalla spiacevole necessità di limitare drasticamente l'accoglienza di profughi dall'Unione Sovietica (...). L'emigrazione di massa dall'Unione Sovietica in Occidente Sopra Victor ha svolto il ruolo di importante strumento per l'apertura della chiusa società sovietica e di catalizzatore dei suoi mutamenti interni. La società sovietica ha percorso negli ultimi 15 anni un enorme cammino, da una situazione nella quale al potenziale emigrante era richiesta una grande dose di anticonformismo per superare gli stereotipi negativi sull'Occidente creati dalla propaganda sovietica e decidere di espatriare, alla situazione attuale, nella quale l'emigrazione in Occidente è divenuta lo scopo nella vita di milioni di persone che non vedono altra possibilità di risolvere i propri problemi. Ma essendo sorta nelle condizioni della guerra fredda, l'emigrazione cessa di esistere insieme a essa. Le speranze di milioni di ex cittadini sovietici di emigrare in Occidente sono assolutamente illusorie. Nella sua aspirazione a una vita più libera, più agiata e più dignitosa, alla popolazione dell'ex Unione Sovietica non resta che fare affidamento prima di tutto su se stessa e sulla riforma interna del proprio Paese. Victor Zaslavsky La fuga in massa all'Ovest, meta per milioni di persone. Ma, finita la guerra fredda, l'esodo diventa difficile LIVORNO. Si conclude oggi nel Palazzo della Provincia il convegno internazionale «L'immagine dell'Occidente nella società sovietica» organizzato dalla Fondazione Franco Antonicelli. In programma fra gli altri un intervento di Vittorio Strada. Nella relazione finale Victor Zaslavsky parlerà sul tema: «L'immagine dell'Occidente nell'emigrazione sovietica degli anni 70-90». Nato a Leningrado nel '37, laureato in ingegneria, Zaslavsky vive da 16 anni in Canada dove insegna alla St. John University e continua a studiare la realtà del suo Paese. Ecco una parte del suo intervento, nella traduzione di Andrea Romano. celebre < per I Sopra Victor Zaslavsky, fuggito dali'Urss nel 1976. A fianco un altro dissidente, il premio Nobel la letteratura losip Brodskij Sopra juri Andropov e a sinistra Andrej Cernenko. A destra lo scrittore dissidente Andrej Siniavskij uri pov stra nko. ra tore nte kij