Guevara, il mito ha 25 anni e lo iscrivono a Rifondazione di Luciana Castellina

Guevara, il mito ha 25 anni e lo iscrivono a Rifondazione Il giornale cossuttiano commemora da solo la morte del Che. Che cosa rappresenta oggi per le sinistre? Guevara, il mito ha 25 anni e lo iscrivono a Rifondazione chi appartiene Che Guevara? Ieri è stato proprietà di Rifondazione comunista, che sul suo set timanale Liberazione, diretto da Luciana Castellina, ha dedicato una pagina al rivoluzionario cubano, assassinato dai rangers venticinque anni fa, a Higueras in Bolivia il 9 ottobre del 1967. La data di quella morte coincide con l'ultimo giorno di permanenza in edicola del numero di Liberazione uscito ieri: la testata di Rifondazione ha battuto sul tempo gli altri giornali per ragioni di calendario. Ma l'effetto è quello di una scelta politica: Rifondazione si annette uno dei simboli più affascinanti e meno irreggimentabili dell'ondata sessantottina. Ma qual era la consistenza politica di quel simbolo? E quale può essere oggi? Chi erano i giovani che tenevano in camera il poster del «Comandante Guevara» e ne cantavano la canzone? E chi potrebbe veramente raccogliere quell'eredità? «Nella mia stanza e in cento altre stanze c'era un grande poster del Che, quello che lo raffi gura come un vero eroe garibaldino, sotto ci avevo aggiunto una scritta a pennarello: "Guerra no, guerriglia sì"», ha scritto su Liberazione Rina Gagliardi, vicedirettore del manifesto. Significativo il titolo: «Voglia d'impossibile». Lei commenta: «Che cos'è oggi Guevara? Forse un autore che varrebbe la pena di rileggere, perché il suo pensiero politico è più ricco e complesso di come lo si sia tradotto allora. Ma i valori che rimangono sono quelli della scelta coraggiosa, della coerenza personale: è il ruolo politico della soggettività». «E' curioso come una generazione formatasi sui Beatles si rivolgeva a una guerra lontana e teorizzazioni arretrate. In realtà per la maggioranza delle persone che scandivano il suo nome Che Guevara era come James Dean», dice al contrario Ferdinando Adornato, autore per Laterza di un saggio sugli Eroi del nostro tempo. «Era l'eroe solitario e romantico, che muore misteriosamente, tradito da qualcuno, come il Che, o tradito dall'asfalto, come Dean. Soltanto delle minoranze interpretavano il Che in senso proprio, credendo realmente che le campagne dovessero accerchiare le città e che nel mondo si dovessero accendere i mille "fuochi di guerriglia"». Mutato il contesto culturale e politico, in effetti, oggi non si ve¬ dono giovani con il distintivo del Che. Il mito di una stagione è stato dimenticato. I tempi cambiano: «Nelle stanze dei diciottenni il suo poster è stato sostituito da quello del cestista Magic Johnson - dice Adornato - e io preferisco che i giovani si rivolgano a un bel cestista coraggioso piuttosto che a un rivoluzionario con il mitra». All'Unità non hanno in programma articoli sul Che: non gli sembra che il personaggio sia d'attualità. Al manifesto se ne è parlato ma non si è presa una decisione. Può apparire curioso che la Gagliardi ne scriva su Liberazione invece che sul giornale di cui è vicedirettore: «Ho scritto l'articolo - dice - per la semplice ragione che me l'hanno chiesto». Ma su Liberazione il Che è stato rievocato anche da Armando Cossutta, senatore di Rifonda¬ zione comunista. Il quale, per l'occasione, si è lanciato in insoliti voli pindarici: «Nel sacrificio purissimo di Che Guevara si incarna e si sublima la grandiosità stessa dell'utopia». I tempi cambiano, ma evidentemente cambiano anche le persone: quando i cortei inneggiavano al Che, il senatore Cossutta faceva parte dell'ala conservatrice del partito comunista di Luigi Longo e «probabilmente sognava - dice Adornato - che arrivassero i poliziotti a manganellare i manifestanti». Nel suo articolo («La forza di un esempio») Cossutta si dichiara un guevarista della prima ora, in dissenso con Alicata e gli altri. La Gagliardi azzarda che «forse nel gruppo dirigente c'erano divisioni di cui non eravamo a conoscenza». Naturalmente, in politica, «scurdammuce 'o passato». Conta il presente. Conta il fatto che uno dei capi di Rifondazione comunista «s'infiammi per il Che come una sedicenne» (Adornato) o comunque che «ripensi la propria storia» (Gagliardi). Resta da domandarsi se l'eroe lontano possa essere rilanciato come modello di lotta per minoranze politiche. La Gagliardi, che nel suo articolo ha soprattutto rievocato un clima, con le ballate di Ivan Della Mea e lo slogan «Creare duos, tres, muchos Vietnam», dice di non avere una risposta pronta: «Certo non lo vedo come il santino di qualche partito o gruppo». Adornato gli oppone la figura di Gandhi: «Tra la grande pace del Mahatma e il romantico sigaro del Che, credo che un diciottenne non abbia dubbi». Alberto Papuzzi li manifesto di Che Guevara che fu simbolo di molti giovani. In alto a sinistra: Luciana Castellina. A destra: Armando Cossutta.

Luoghi citati: Bolivia, Vietnam