«Tutti al mare», quell'invito che scatenò i disubbidienti di Filippo Ceccarelli

«Tutti al mare», quell'invito che scatenò i disubbidienti LA STORIA «Tutti al mare», quell'invito che scatenò i disubbidienti IROMA cavalli normanni alle lor poste, frangean garofani con rumor di croste... Sì, erano proprio quei simbolici fiori l'estremo nutrimento degli animaloni della Polizia, posteggiati alla fiera di Bari l'ultimo giorno del congresso socialista. Garofani, per giunta, appassiti da quattro giorni di scirocco e di caos, impreviste claques e imprevedibili canottiere, leader visibilmente appannati e mugugni che forse tanto nobili non erano, però quel clima, quelle facce, quelle parole dimenticate che tornavano, insomma: si capiva che nel psi non sarebbe finita così. E infatti sono passati 15 mesi, Craxi è ancora segretario, i ribelli si sono moltiplicati, la storia non solo continua ma è diventata più importante. L'altro ieri, nella camera 14B dell'hotel Nazionale, hanno deciso di chiedere il congresso anticipato. Forse non se ne rendono conto, ma con questa richiesta non sono più semplici ribelli. E allora, visto che si va alla guerra, ai giorni calienti di Bari bisogna tornare, per un'eventuale storia, anche minore, del dissenso socialista. Vero è che i primi, tenui sintomi di insofferenza al regime dellVautocraxia» si colgono un mesetto prima, nel maggio del 1991, a ridosso del referendum sulla preferenza unica. Contro la linea «andate al mare» s'erano fatti vivi vecchie glorie (Mancini e De Martino) e cavalieri solitari, bisbetici indomati, craxiani trombati, amanti del rischio e oppositori fino a quel momento all'acqua di rose come Signorile. Non si poteva parlare né di fronda né di dissenso. E tuttavia, proprio sulla nave che portava Craxi a Caprera per l'annuale, scomodissima cerimonia garibaldina, forse valeva la pena di sentire il «vissuto» di un deputato fedele come il marinese Santarelli: lui prendeva a simbolo un archetipo di compagno che tutti chiamavano «Il Bassetto», ma il senso era che l'elettorato del psi non sarebbe andato al mare. Così, a Bari, dopo il referendum perso arriva un partito che nel suo intimo ha già previsto - e azzeccato - il peggio. «Tra noi concede Craxi - giudizi e opinioni possono divergere». E già. «Il psi è sostanzialmente unito». Ma basta far due passi nella fiera per capire che quel «sostanzialmente unito» è un pietoso eufemismo. Sul podio, con acrobatica furbizia, il nome di Craxi è tirato a destra e a manca, utilizzato in mille modi per dire poco. E quel poco è niente affatto craxiano. «Io mi sento di chiedere con amicizia al segretario...»: le formule - questa è di Signorile sono ancora assai prudenti. Più che sulla politica-politica, un embrione di fronda si può cogliere nel refrain «un ciclo s'è chiuso», nello spappolamento in gruppi e improbabili gruppetti (gruppo di Zagari, gruppo per Spini vicesegretario, gruppo semiclandestino amici di Nerio Nesi), nella caccia ai pacchetti di inviti, nei cinque pullman signo- riliani targati Lecce e Taranto. E anche in quella specie di rivolta dei delegati che, poveracci, li hanno messi a dormire sulle navi. Caldo, rollio, motori, zanzare. Sul molo, oltretutto lontano dalla fiera, l'asfalto diventa liquido: questa trovata delle navi a due mesi dall'arrivo degli albanesi proprio al porto di Bari è la classica ciliegina, fonte di ira, non più di mugugno. Per i delegati, ovviamente. Tra i dirigenti che si sono segnalati come potenziali dissidenti non c'è (ancora) Formica. Del gruppo frondista, dal punto di vista craxiano, alcuni (Martelli) sono considerati recuperabili dopo qualche scapaccione; altri (Signorile) persi, e peggio per loro; altri ancora (Del Turco) neutralizzabili. Enrico Manca sta zitto, Capria lo è sempre stato, Spini non si fida di nessuno, Ruffolo idem, Tamburrano, il primo ad aver chiesto «un altro Midas», a Bari chiede a Bettino di «aprire le ali e volare alto come l'albatros». Però, per la prima volta dopo tanti anni, si è respirata un'aria diversa, anche pesante. Appena 90 secondi di applausi al leader. I cavalli mangiano i garofani, tutti a casa. Poi però si apre il giornale e si scopre che nel Mgs è stato fondato il «Comitato Loris Fortuna», che raccoglie firme per il referendum contro la legge anti-droga voluta da Craxi. Non che la cosa sia fondamentale, eppure il fatto che perfino i giovani del psi abbiano a che ridire indica per certi versi la capillarità e l'ineluttabilità della discordia. E hai voglia, adesso, a denunciare «il germe della divisione». Dall'autunno del 1991 il dissenso cresce spontaneamente sottoterra (o sottochiave). Ogni tanto spunta fuori. Si stabilizza, per dire, nella primavera del 1992 dopo la confessione di Chiesa e la batosta elettorale. Poi sembra rientrare. In ultimo non lo fenna più nessuno. Adesso c'è anche Formica che recupera il tempo passato de¬ nunciando «un'assemblea nazionale fatta di nani e ballerine». Martelli tace, ma non è stato recuperato. Del Turco è lungi dalla neutralizzazione. Adesso Manca offre casa sua per tentare di unificare le tante diversità. E si materializza, la rivolta, nei franchi tiratori contro Forlani. Craxi ne prevede cinque o sei, e invece devono essere ben di più: «Una trentina - secondo La Ganga nel psi s'è aperto il congresso anticipato». In 36, solo alla Camera, si rifiutano di votare La Ganga, candidato da Bettino alla presidenza del gruppo. Stavolta è il taciturno Capria a mettersi in gara. Mancini, vecchio leone, benedice il dissenso. Martelli si lancia a Genova dopo un po' di sindaci e addirittura dopo una «marcia di socialisti onesti» a Reggio Emilia. Congresso, pretendono i post-craxiani dalla stanza 14B. E congresso sia. Sangue e arena, come ai bei tempi. Filippo Ceccarelli

Luoghi citati: Bari, Genova, Lecce, Reggio Emilia, Taranto