Il Tg3 aiuta Bruno Vespa di Bruno Vespa

Il Tg3 aiuta Bruno Vespa La sfiducia dei redattori al vertice della Rai rinvia ogni decisione Il Tg3 aiuta Bruno Vespa Da Santoro e colleghi un documento contro Pasquarelli I nemici del direttore del Tgl: «Pugnalati alle spalle» ROMA. Michele Santoro ha salvato la poltrona di Bruno Vespa. Succede anche questo, nell'autunno della resa dei conti, in quella scheggia impazzita della partitocrazia italiana che si chiama Rai. Mercoledì sera: un cartello compare all'improvviso nella bacheca del Tg3. E' la convocazione di un'assemblea dei giornalisti per la mattina dopo, in contemporanea con la riunione del consiglio di amministrazione che dovrà "decidere il destino di Bruno Vespa, direttore del Tgl sfiduciato sabato scorso dalla sua redazione. Di solito le assemblee hanno un preavviso più lungo. Ma stavolta, evidentemente, non c'è tempo. Qualcosa di drammatico pesa sui destini della patria radiotelevisiva. Che sarà mai? E' una voce. Una voce che al Tg3 passa di bocca in bocca e dopo ogni passaggio assomiglia sempre di più a una verità: il consiglio di amministrazione, riunito a pochi palazzi di distanza, starebbe approfittando del problema Vespa per rimuovere d'un sol colpo tutti e tre i direttori dei telegiornali. Compreso quindi l'amato Curzi, padre-padrone del Tg3.1 nomi dei sostituti, definiti pomposamente «commissari», sono già pronti: Albino Longhi, Carlo Brienza e Italo Moretti. Longhi è il vicedirettore generale della Rai e ha già guidato il Tgl nei primi Anni Ottanta. Brienza è il portavoce del presidente socialista dell'azienda Walter Pedullà. Moretti, poi, il pubblico dell'assemblea lo conosce bene: è uno dei vice di Curzi, e fino all'altro ieri nemmeno il meglio piazzato nella corsa alla successione. Le voci seguiranno il destino di quasi tutte le voci: finiranno per rivelarsi quantomeno premature. Diciamo meglio: in questo momento non c'è un'anima nel consiglio d'amministrazione della Rai che abbia davvero intenzione di procedere a rivoluzioni clamorose. Ma tant'è: fra i redattori del Tg3 riuniti in assemblea c'è la stessa emotività che anima una seduta della Borsa. Parla Maurizio Mannoni, a nome del comitato di redazione. Poi va al microfono il direttore Sandro Curzi. Esalta i risultati del suo telegiornale e con un colpo a sensazione si dichiara disposto a subire anche lui un referendum interno come Vespa. Non se ne fa nulla. L'assemblea è tutta con lui. Corradino Mineo prepara un documento, che già contiene un elemento che può sorprendere solo chi non conosca l'orgoglio di testata che anima i ragazzi del Tg3. Che, con scarso senso di diplomazia, si ergono a modello degli altri telegiornali pubblici: «La nostra linea - realizzata grazie ad un clima di unità interna, al rapporto di fiducia con la direzione e alla crescita professionale della redazione - può salvare il servizio pubblico radiotelevisivo dalle piaghe dell'appartenenza partitica e della lottizzazione». Prima del voto, Mineo, con Barbara Scaramucci e altri due colleghi, si allontana dalla sala. Ed è a quel punto che il nervosismo all'improvviso cresce. Michele Santoro, cogliendo gli umori profondi dell'assemblea, espone la possibilità di inserire una critica esplicita all'operato della direzione generale, cioè di Pasquarelli. Dalle mani di Mannoni e di Morrione esce un nuovo documento che contiene un paragrafo in più. Un paragrafobomba: «L'assemblea del Tg3 esprime la propria completa sfiducia nell'attuale direzione generale della Rai». Non solo. Si chiede la nomina di un «consiglio di amministrazione finalmente legittimo», disconoscendo di fatto la legittimità di quello che a poche decine di metri di distanza sta decidendo nello stesso momento il destino di Vespa. Il documento del Tg3 plana su un consiglio diviso in due, con i tre consiglieri del pds e il democristiano Zaccaria propensi a rendere la vita difficile a Vespa, dando mandato a Pasquarelli di «esplorare per un mese la situazione del Tgl e poi venire a riferirne in consiglio». Di fatto è una sfiducia mascherata a Vespa. Gli altri consiglieri democristiani non vogliono saperne. In mezzo, ma non troppo, il presidente Pedullà, che aveva aperto i lavori con un discorso duro. Dopo una bacchettata al direttore di Raitre Gugliemi e un'altra al giornalista del Tgl Fabrizio Del Noce - reo di aver dato del «cattocomunista» ad Albino Longhi - Pedullà coglie di sorpresa l'uditorio: «Il voto di sfiducia al Tgl risulta essere la manifestazione più vistosa di un malessere diffuso e profondo». Parla della necessità di «interventi netti», «di un cambiamento di modello professionale e culturale», di «ridefinizione dei modelli funzionali e organizzativi delle nostre testate». Sui tempi dell'operazione si mantiene però nel vago. Tutto inutile, comunque. Perché, quando il consiglio torna a riunirsi dopo la pausa di pranzo, sul tavolo c'è l'imbarazzante documento del Tg3. Nemmeno Vespa avrebbe potuto fare di meglio: le divisioni svaniscono d'incanto e tutti i consiglieri, offesi e risentiti, si trova- no d'accordo nel parlar male dell'assemblea del Tg3. Non sono i soli. «I nostri "cari" colleghi ci hanno pugnalato alle spalle», ringhiano i nemici di Vespa al Tgl. Piovono i distinguo. Il sin- dacalista dei giornalisti Rai, Giuseppe Giulietti, si dissocia dall'iniziativa, con una dichiarazione che sembra chiaramente indirizzata ai pidiessini del Tg3: «E' giunto il momento che tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione, capiscano che è l'ora di fare le valigie e sloggiare dalle aziende pubbliche». Mineo parla di «radicalismo sindacale ingenuo» dei suoi colleghi. E Curzi? Che diamine, si dissocia dal paragrafo incriminato: «Ritengo sbagliato ed ingiusto individuare nella direzione generale e nel consiglio i responsabili di una crisi che è invece la conseguenza di vincoli politici e di arroganze spartitorie». Per adesso la sua poltrona è salva. Insieme, a quelle di Vespa e La Volpe. Massimo Gramellini Una voce durante l'assemblea: il consiglio di amministrazione punta a cambiare i direttori di tutti i telegiornali Accanto, nella foto grande Gianni Pasquarelli, in quella piccola Walter Pedullà, presidente della Rai Nelle foto in alto, da sinistra Michele Santoro e Sandro Curzi, direttore del Tg3

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