«Sono i metodi della Gestapo»

«Sono i metodi della Gestapo» IL VICERÉ' DELL'ABRUZZO «Sono i metodi della Gestapo» Gaspari: quel magistrato, un tipo strano « L m ROMA * HO detto al presidente Oscar Luigi Scalfaro, nella mia terra c'è solo gente onesta, l'Abruzzo non è Milano. La ferocia della magistratura dimostrerà solo che la classe dirigente della regione è per bene, come lo sono anche i democristiani delle mie parti. L'inchiesta diventerà un certificato di buona condotta per tutti noi. Io ogni anno faccio 250 mila chilometri in Abruzzo e non ho mai visto una porcheria, delle tangenti non c'è neanche l'odore. Quelli che hanno preso li conosco tutti, uno per uno, non sono delinquenti ma persone per bene, anche quelli del psi». Remo Gaspari, padre-padrone della democrazia cristiana abruzzese e governatore ombra dell'intera regione, queste parole le grida nel bel mezzo del corridoio dei passi perduti di Montecitorio. Non si dà pace l'intramontabile capo doroteo per quell'inchiesta che ha portato in cella quasi tutta la giunta regionale. Lui questa storia non la manda giù, specie adesso che per la prima volta, dopo tanti anni, si trova a non aver posto nel governo. E non sono pochi i deputati che gli vanno incontro per stringergli la mano. «Remo - gli domanda il sottosegretario de Mario Angelini, dandogli una pacca sulla spalla - hanno arrestato anche la giunta di Vercelli. Qui bisogna fare qualcosa». «Io l'ho detto a Forlani - è la risposta di Gaspari, elevato involontariamente da mezzo Parlamento a simbolo dei politici aggrediti alla magistratura - se non reagiamo ci mettono tutti in galera per niente. Lui mi ha detto che farà qualcosa. Speriamo. Intanto, oggi pomeriggio raccolgo le firme per presentare un documento, un'interrogazione in aula». Ma cos'è successo onorevole Gaspari? L'Abruzzo non è più quella terra dei sogni che lei ha sempre osannato? «E' stato creato un precedente incredibile nella storia legale di questo Paese, è stato messo in galera l'intero governo di una regione. L'accusa poi è strana: ci sarebbero state delle irregolarità nell'assegnazione dei fondi Cee. Secondo me non c'è mai stata una Regione che ha adottato il criterio dei punteggi in questi casi. Debbo dire che la giunta, per non avere rotte le scatole, ha fatto qual- che tempo fa una legge per adottare un criterio del genere. La delibera sotto accusa, però, era stata già presa. Poi, c'era bisogno di almeno 5 mesi di tempo per applicare il nuovo criterio, mentre la Cee pretendeva una risposta subito, con i nomi dei soggetti cui assegnare i fondi». Adesso, però, gli amministratori della sua regione sono in galera. E questo non è certo un bel risultato... «Lasciamo perdere. Hanno usato metodi da Gestapo! Ma non lascerò che vengano criminalizzati l'Abruzzo e la sua classe dirigente. L'Abruzzo in manette? Ma che, scherziamo! La magistratura dell'Aquila crede di essere in un momento magico. E' sotto l'effetto Di Pietro e pensa che noi siamo come quelli di Milano. Ma questo è un altro mondo, altroché Tangentopoli! Venite qui, guardate in faccia l'Abruzzo. A Gissi, il mio paese, noi teniamo ancora la porta di casa aperta, con le chiavi fuori, infilate nella serratura. Vada a casa mia e guardi. Chi vuole spinge la porta ed entra dentro. Ci conosciamo tutti, siamo persone per be- ne. Io ho un vanto: l'Abruzzo era agli ultimi posti come reddito pro-capite, ora siamo cresciuti ma senza imbastardirci». Cosa le ha dato più fastidio? «I metodi nazisti. Avete visto la pubblicità che hanno fatto agli arrestati: telecamere, riflettori e foto sui giornali. I carabinieri sono andati a prenderli nelle loro case a notte fonda. Hanno guardato, perquisito dappertutto. Dentro i cassetti, nelle tasche dei vestiti appesi negli armadi, tra le cose più private, più intime, addirittura tra le mutandine delle mogli. Sa cosa pensavano di trovarci tra gli in¬ dumenti intimi! E non avendo trovato niente inerente all'inchiesta, hanno portato via tutto, dai bigliettini da visita agli incartamenti che riguardano la vita politica di 15-20 anni di queste persone». Lei li conosce personalmente gli arrestati? «Prendiamo il presidente della giunta, Rocco Salini, io lo conosco bene. Un onest'uomo, mi creda. Sono andati a prenderlo all'una di notte. Dopo avergli perquisito la casa dove abita, i carabinieri lo hanno prelevato e si sono fatti portare nella sua casa al mare. E anche lì, visto che non hanno trovato niente, hanno portato via tutto quello che riguardava l'attività politica del mio amico. E quando dico tutto, dico tutto. Ieri mi ha telefonato la moglie, disperata: "L'hanno messo dentro - mi ha detto - come un delinquente e, invece, è un galantuomo. Chi glielo ha fatto fare di mettersi in politica, poteva stare a casa con me". Io gli ho risposto: "Tu sei una brava cuoca e sai che l'onestà viene a galla come l'olio nell'acqua. Bisogna solo aspettare che il cucchiaio si fermi"». Due assessori, però, si sono salvati, almeno a leggere le cronache dei giornali. «Comunque, ci hanno pensato ieri a metterli sotto custodia, non in stato di arresto e li hanno tenuti dalle 9 del mattino alle 21 di sera. Hanno subito degli interrogatori molto duri. Prima da soli, poi li hanno messi a confronto ed infine hanno fatto degli interrogatori incrociati. Hanno tentato ogni cosa: hanno cercato di prenderli in fallo, gli hanno fatto delle domande trabocchetto. Cercavano assolutamente qualcosa, volevano un appiglio che motivasse quanto hanno fatto. Ma i loro tentativi però sono stati vani. Così, dopo gli interrogatori, hanno tenuto quei due poveracci per il resto della giornata chiusi in una stanza con dieci finanzieri. Dico io: come fa lo Stato a far pagare le tasse se dieci finanzieri passano un'intera giornata a controllare una persona onesta?». Lei ce l'ha con il giudice Como, quello che sta conducendo le indagini? «Io non ce l'ho con lui, però, è un tipo strano. Tre mesi fa aveva spiccato un mandato di cattura contro il segretario regionale del psi, colpevole di aver offerto un cocktail in una discoteca. Secondo l'accusa, non scherzo, il segretario di un partito non può offrire cocktail. La buon'anima del capo procuratore dell'Aquila gli strappò quel mandato di cattura e quel giorno al palazzo di Giustizia volarono parole grosse, tanto che la cosa finì sui giornali. Un mese dopo il capo procuratore è morto e adesso questo giudice fa ciò che vuole». Secondo lei quest'inchiesta nasconde qualcosa? «Io ho qualche sospetto. Ad esempio, so che la giunta aveva adottato una prassi rigida, che non lasciava i funzionari con le mani libere per combinare qualche pasticcio. E forse qualcuno si è vendicato. Oppure, visto che sono state ristrette le spese per il settore sanitario, qualche privato, che ha perso miliardi, ha lavorato contro la giunta. C'è sempre gente che pensa di poter sostituire gli amministratori per bene con gente disonesta». Quindi ne è proprio sicuro: l'Abruzzo, la sua terra dove la gente la chiama ancora «zio Remo», non è terra di tangenti? «Bisognerebbe portare la gente in pullman a visitarla. Qui si sono mantenuti intatti i valori della famiglia, della religione e della società civile. Glielo dice uno che ha preso 86 mila voti. La percentuale più alta in Italia tra i ministri e i democristiani. E questi voti li ho presi senza un manifesto, senza uno spot televisivo. Sono bastati i miei santini con la fotografia formato tessera. Risultato: ogni due abruzzesi che sono andati a votare, uno ha votato per me». E questo, a suo avviso, che cosa dimostra? «Glielo dico io cosa dimostra. Ancora oggi, quando vado in giro per la mia regione, trovo i vescovi sul palco, i frati e i parroci che vogliono stringermi la mano. Questa è gente che ha naso, se sentissero puzza di tangenti starebbero alla larga». Augusto Minzolini «Ho detto a Forlani: se non reagiamo ci mettono tutti in galera per niente. Mi ha risposto: faremo qualcosa...» «Nella mia terra di bustarelle neanche l'odore» Nella foto grande: Remo Gaspari, leader della de abruzzese «Quelli che hanno preso li conosco uno per uno Non sono delinquenti, sono tutte persone perbene» A destra: Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica A sinistra: l'assessore regionale democristiano Aldo Canosa A destra: Himmler capo della Gestapo A sinistra: il segretario nazionale della de Arnaldo Forlani Nella foto a destra: Franco Marini leader della corrente di Forze Nuove