DALLA radio con furore di Gabriele Ferraris

DALLA radio con furore Attraverso due antenne private il cantautore parla di sé e di «Amen» con i fans DALLA radio con furore TORINO. «Ade devi solo stare quindi non pei se pretendi di ventato un tn so non parlare, tto ad ascoltare e are, tu sei pazzo ensare... sono diadesso son per¬ fetto non mi m iovo più». «Amen», la nuova canzc le di Lucio Dalla, è un feroce attac :o contro la televisione. E il caitautore bolognese, ospite di un; radio privata, è pronto a dare battaglia. Aggrotta le sopracciglia sopra gli occhialini d'oro, si pass la mano sul golf verde, e dice 11 sua: «Un abuso di televisione e computer porta al prosciugameli o dell'animo, non permette di pmsare. Quel titolo, "Amen", è un amen alla società, la fine della civiltà della parola che sta per essere sostituita dalla civiltà dell'immagine». Dura vita d j1 cantautore con disco nuovo, ^ra le tecniche del marketing, u la delle più efficaci è «fare le radi »: ovvero spedire il cantante su e giù per l'Italia a parlare in diretti con gli ascoltatori delle antenns private. Ieri Lucio Dalla era a T irino: è stato a pranzo a casa Ag lelli, alla Mandria, e poi «s'è fatto due radio, Manila e Centro 95. Pc rtandosi dietro i suoi protetti Brac :o Di Graci e Samuele Bei-sani. I ue piccioni con una fava: promoiione del novello album dallesc i, «Amen», e dei giovani virgult Ma il buon Lucio è venuto pur per raccomandare agli ascoltatori di accorrere numerosi all'i icontro della Nazionale cantan i, l'I 1 ottobre al «Delle Alpi» a fa -ore della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro. Dalla ii in gioca, ma si prodiga per Moandi e compagni: «I miei amici iella Nazionale fanno una cosa ù iportante. Io? Ho giocato due-ti : volte. Sono un grande calciatole ma non frequento la squadra -fj-onizza - perché non c'è gente jlla mia altezza: e così preferisco dine dei glandi non capiti., «Fare porsi alle rimanere nella solitu- radio» significa sottobomande dei fans: an¬ che se sor ì fans di qualcun altro. «Pronto, sono Claudia. Vorrei ascoltare "Non amarmi" di Aleandro laidi». «Aspetti... Sono Lucio Dalla e canto anc l'io e mi piace che tu abbia chi sto questa canzone che è bella.. "Non amarmi, non amarmi, i ananana" non mi ricordo bene.. Claudia? Spero che tu non sia delusa del fatto che sono io e non Baldi». Pausa. «No...». «Non sembri convinta... Le conosci le mie canzoni, Claudia? Quale preferisci?». «Non amarmi». Lo speaker interviene, brillante: «Ma la preferisci interpretata da Lucio Dalla o da Aleandro Baldi?». «Aleandro Baldi». Oh, ragazzi, non c'è verso. La ragazzina è cocciuta. Il paterno Dalla s'informa: «Quanti anni hai?». «Dodici». «Anch'io». C'è chi combina piccole gaffes. Luisa balbetta: «Sono emozionata». «Pure io», conviene Dalla il Benevolo. É Luisa, incoraggiata: «Ritengo te e De Gregori i cantautori più grandi...». Il Benevolo borbotta qualcosa di incomprensibile. I tempi di «Banana Republic» sono lontani. Ma Dalla preferisce il tono alto, profetico: «Questa è stata una so¬ cietà violenta, ma quella che sta per venire sarà più violenta: va bene, viviamola, senza però farci sbranare davanti alla tivù». Mezz'ora dopo, a Radio Manila, muta un po' idea sui destini dell'umanità: «Dobbiamo prepararci al mondo nuovo. E' come un treno che passa, se devi salire devi sabre, non puoi restare lì come una pera cotta. Era il senso dell'album "Cambio": cambiare, scendere da un treno e salire su un altro. Viviamo una costante primavera, mi fa pensare che questo mondo, già così migliore del mondo precedente, domani debba cambiare». «Ciao sono Luca. Quando fai un concerto?». Buona domanda. «Prima devo fare il disco, uscirà a fine '93, quindi andrò in tournée nel '94, in teatro o nei palasport». Dopo l'exploit con Pavarotti a Modena, c'è anche chi vuol sapere dal saggio Lucio se mai ha sognato d'essere un gran tenore: «Da ragazzino mi piaceva l'idea, a casa mia erano tutti appassionati di melodramma. Mi è durata venti giorni: poi mi regalarono il clarino e mi appassionai del jazz». E già che c'è, si sdegna perché i giornalisti hanno maltrattato la pavarottata modenese: «Insieme con me, Sting, Zucchero e Suzanne Vega, Pavarotti ha fatto qualcosa di straordinario: ma i giornali amano criticare. Era una serata riuscita. Il playback? Non credo che Pavarotti debba dimostrare di saper cantare. Ha scelto il playback è per ragioni tecniche. E dal punto di vista umano, lo capisco: adesso canta canzoni fuori dal suo specifico, e ciò in qualche modo lo inquieta. Mi sembra legittimo». Gli ascoltatori, invece, non fan¬ no i malignazzi, son innamorati e curiosi: «Sono Wilma. Qual è la tua canzone preferita?». «Ce ne sono due o tre. "Caruso", "Futura", e "Meri Luis" anche se non la canto da anni». E di «Futura» racconta la nascita: «Nell'80 ero a Berlino per un concerto, e quella stessa sera c'erano i Genesis. Non ero mai stato a Berlino. Alle 2 di notte andai a vedere il Muro, c'erano quei fari che sventagliavano, mettevano paura. Dopo mezz'ora arrivò un altro taxi e scese Phil Collins, e rimase lì anche lui, a guardare. Si sentiva l'energia negativa del Muro, venivano in mente la guerra, la divisione dei popoli. Sotto l'effetto di quella scarica adrenalinica ho scritto "Futura": davanti al Muro». Gabriele Ferraris Phil Collins e Pavarotti

Luoghi citati: Berlino, Italia, Manila, Modena, Torino