Mazzini socialista? No

Mazzini socialista? No Si apre oggi a Roma il convegno sui cento anni del psi. Spadolini interviene per dissipare un equivoco Mazzini socialista? No Voleva giustizia, non materialismo Oggi, nella sala della Protomoteca del Campidoglio, il senatore Giovanni Spadolini aprirà il convegno nazionale di studi dedicato ai cento anni del partito socialista da parte della Fondazione Nenni: convegno che sarà chiuso sabato 3 ottobre, nella sala Zuccari del Senato, dal senatore Leo Valiani. In questa occasione abbiamo chiesto a Giovanni Spadolini di rispondere al quesito: Mazzini fu socialista? DICEMBRE 1834. Per la prima volta, scrivendo a Carlo Battaglini che si trova a Ginevra, Giuseppe 1 Mazzini identifica la causa dell'umanità con la causa del socialismo. Il termine «socialismo», sia pure con i contorni indefiniti dell'utopia sansimoniana, sia pure in una dimensione sentimentale e acritica che prescindeva dai rigori della «lotta di classe», irrompe nel linguaggio mazziniano, resterà a lungo oggetto di discussione, poi di contestazione e di condanna fino al «no», formale e categorico, opposto al verbo marxista agli inizi dell'Internazionale e opposto al comunismo nella Parigi del 1870-71. «L'epoca passata, epoca che ha finito colla rivoluzione francese, era destinata a emancipare l'uomo, l'individuo, conquistandogli i dogmi della libertà, dell'eguaglianza, della fratellanza: l'epoca nuova è destinata a costituire l'umanità, il socialismo, non solo nelle sue applicazioni individuali, ma tra popolo e popolo». E' la stessa Europa di «popoli liberi e indipendenti», la stessa federazione europea era collocata in quella prospettiva. Dicembre 1834. Eravamo all'indomani del fallimento a Lione del tentativo insurrezionale che aveva visto affiancati i repubblicani della Société des Droits de ITwmme e i celebri operai Setaioli, i canuts raccolti nelle associazioni mutualistiche: in aprile, sulle barricate di rue Transonian, dopo giorni di scontri furibondi e di carneficine, è stato ammainato l'ultimo stendardo della «insurrezione rossa». Esule a Marsiglia, nel periodo fervido di fondazione della «Giovine Italia» e più tardi a Berna della «Giovine Europa», Mazzini era entrato in contatto con l'organizzazione dell'estrema sinistra buonarrotiana e ne era stato inizialmente conquistato, o almeno affascinato. Fra «Giovine Italia» e Alta Vendita le relazioni erano state buone per qualche mese. Nei suoi primi scritti l'esule genovese aveva mostrato di apprezzare l'intento tendenzialmente egualitario dell'esperienza di Robespierre e accennava a una lotta per l'avvento della democrazia in Europa in termini di inevitabile antagonismo. . Ma Tidillio era durato poco. L'influenza di un'altra forma di socialismo, a base quasi religiosa, era prevalsa nel giro di pochi mesi stille simpatie pro-Buonarroti e pro-Babeuf. Già nel 1832 l'apostolo aveva dimenticato le leggi agrarie, si era sdegnato di fronte alle pretese «usurpazioni di proprietà», che considerava «violazioni inutili di facoltà individuali». Era affiorato, piuttosto, il filo conduttore di un pensiero politico in cerca di approdo, la necessità, per i progressisti italiani, di affrancarsi dalla tutela francese e di ricercare una propria via atta a strappare l'indipendenza e la libertà. Mazzini era stato considerato da molti suoi contemporanei un socialista per il solo fatto di aver innestato sul tronco della lotta politica italiana i suoi incontri e scontri con le dottrine egualitarie dei sansimoniani, dei fourieristi, dei proudhoniani. E' un equivoco, quello del presunto «socialismo» di Mazzini, che sarà duro a morire. Dopo il fallimento del Quarantotto, nel suo intreccio di rivoluzione politica mescolata con fremiti di rivoluzione sociale, Mazzini pensò a un regolamento di conti ideologico all'interno della sinistra che avrebbe dovuto propiziare un processo di profonda revisione dottrinaria, volto al superamento dei deleteri frazionamenti e di tutte le contrapposizioni. «Le riforme sorte devono discutersi e compirsi per voto libero dell'intera nazione. L'associazione vive di libertà; è debito di un governo promuoverla e aiutarla; è follia e colpa imporla. Qualunque sistema miri ad impiantarla subitamente, universalmente, per via di decreti, viola la santità dei diritti dell'individuo, senza il quale può fondarsi tirannide, non già associazione. Le tendenze veramente repubblicane degli italiani stanno mallevadrici contro si fatto pericolo». Ecco delineata la differenza fra il socialismo «sistema» e il socialismo «tendenza». Il primo mirava a incidere, anche per via coercitiva, sulla struttura di classe, ritenuta il fondamentale problema dell'epoca, secondo la schematica applicazione di un principio egualitario di sapore dottrinario e scolastico; il secondo si identificava con la percezione dell'urgenza della questione sociale, risolta tuttavia in un approccio più vasto e generale della revisione della vita morale e istituzionale di una nazione, secondo l'orientamento propugnato dal movimento democratico e repub¬ blicano. E' noto l'equivoco dell'Internazionale, alla cui costituzione e ai cui primi passi contribuì non poco il Mazzini, che fu anzi l'autore del primo manifesto della nuova Associazione, fondata a Londra nel settembre del '64. Quel manifesto infatti - per quanto approvato dalla gran maggioranza del consiglio composto di vecchi rivoluzionari del '48 e di tradeunionisti inglesi - fu poi manipolato, mutilato e addirittura sfigurato dal Marx prima della sua pubblicazione, al fine di svuotarlo di tutte quelle frasi e accenni che il pensatore tedesco riteneva residui di socialismo utopistico e incrostazioni di mentalità piccolo borghese, umanitaria e progressistica, e comunque ostacoli all'affermazione della sua teoria della lotta delle classi e della sua concezione del materialismo storico. Il contrasto, così aspro, fra Marx e Mazzini toccherà allora il suo acme. E condizionerà la storia del movimento operaio in Italia. L'Internazionale dei lavoratori voluta da Mazzini era inquadrata nei congiunti principi di patria e di umanità: entrambi respinti da quello stesso Marx, che Mazzini definirà più tardi «uomo d'ingegno acuto ma dissolvente, di tempra dominatrice, geloso dell'altrui influenza, senza forti credenze filosofiche e religiose, e temo con più elemento d'ira che d'amore nel cuore». Mazzini, che non fu «socialista», pur avendo convissuto sempre col socialismo, che si ispirò a un'idea religiosa della democra- zia, intuì i pericoli del rivendicazionismo esclusivista della sinistra di classe, associandolo, nella denuncia dei rischi morali intrinseci ai «sistemi», all'altra grande ideologia del conflitto: il liberalismo. Due facce della stessa medaglia, l'individualismo materialista e il collettivismo materialista: due volti contraddittori di una società moderna in via di industrializzazione ma percorsa da spinte egoistiche. Dieci anni dopo la nascita dello Stato italiano, il destino dividerà Mazzini e Garibaldi proprio su quel terreno. Il generale delle camicie rosse è a favore della Comune, dell'esperienza socialista, va a combattere con i francesi per la Repubblica francese. Mazzini arretra sgomento di fronte alle scelte della Comune parigina e a quella che è la prima esperienza di comunismo, che egli giudica legata al socialismo, ma contraddittoria al suo ideale di redenzione umana non classista e non internazionalista. La risposta di Garibaldi sarà il «sol dell'avvenire». La risposta di Mazzini saranno i «patti di fratellanza» concepiti come lo strumento di una grande forza sindacale nazionale: qualcosa di simile all'esperienza fabiana in Inghilterra. Un fabianesimo che resterà sempre estremamente minoritario. Non a caso Salvemini parlerà di «tendenza cooperativistica o gildista» come peculiare dell'associazionismo mazziniano; il sogno inglese, che non diventerà mai italiano. Giovanni Spadolini |9 Giuseppe Mazzini. Scrisse il manifesto della Prima Internazionale nel 1864. Marx glielo manipolò radicalmente prima della pubblicazione per svuotarlo di tutti gli accenni di socialismo utopistico: allora il contrasto fra i due uomini diventò rottura. Mazzini credeva nei princìpi della patria e nell'umanità, Marx li respingeva