Preferisco tacere

Preferisco tacere Preferisco tacere Sanguineti, Bellocchio, Schifano «Sono lontane le grida del '68» ~W\ NTELLETTUALI silenI ziosi, votati a un garbato I ozio, rinunciatari di fronI te al risveglio operaio? Rispondono tre protagonisti della letteratura, del cinema, dell'arte. Per Edoardo Sanguineti non è un problema di «silenzio», ma di abbandono «della forma di impegno cui eravamo abituati dal dopoguerra». Spiega: «All'intellettuale si chiedeva di legarsi a una militanza politica, di essere l'oratore di una posizione, il persuasore. Oggi non è più così, si sono imposti il predominio dei tecnici e dello strumento televisivo con la spettacolarizzazione». Quale futuro? «Tornerei ai termini gramsciani, a chi è legato a una classe, a un gruppo, e soltanto lì trova la sua giustificazione. Viviamo giorni di emergenza, gli operai sulle piazze sono un gruppo: le cose date per scontate ritrovano attualità». Riconoscersi in un gruppo è difficile per Marco Bellocchio: «L'atteggiamento degli intellettuali non dipende da viltà, pigrizia, compromesso, ma dalla difficoltà di schierarsi con questo o con quello». E soprattutto a sinistra. Replica Bellocchio ad Asor Rosa: «Io sono sempre stato fuori dal conformismo del potere, non sono mai andato via dalla sinistra: ma è la sinistra che è da ridefinire». Dunque, lo stesso impegno su uno scenario diverso? «Bisogna trovare idee nuove. Non basta esaltarsi o compiacersi per la nuova rabbia operaia, che a mio avviso nasce dalla depressione, non dalla vitalità». Secondo il regista «per tanti intellettuali il partito è stato il riferimento: la sua crisi è la loro crisi». Ma, aggiunge, «non per questo si insegue ingenuamente la ricerca del partito rivoluzionario. Alla classe intellettuale non spetta riconoscersi, ma costruire». Basta con le categorie e i doveri, dice Mario Schifano: «Nessuno può avere una funzione se non politica, anche se poi non influenziamo la politica preordinata. Quanto agli intellettuali sono una classe tremenda, sempre più distante dalla quotidianità». Ad Asor Rosa Schifano risponde che oggi non esistono forme trascinanti di partecipazione, di sensibilizzazione, come nel '68. E chiede provocatorio: «Io sono un intellettuale? No. Sono uno che si sporca di colore. L'artista ha responsabilità? Non credo. Quando colpisco non faccio male». E conclude: «A volte sogno di diventare uno dei media, anziché essere mediato». [m. nei.] Edoardo Sanguineti: «Una volta si chiedeva agli intellettuali di fare i persuasori» Marco Bellocchio: «E' diffìcile schierarsi. Oggi la sinistra deve essere ridefinita» Mario Schifano: «Tutti hanno una funzione politica, intellettuali e no»