Rizzoli, l'Angelo vendicatore torna a Milano di Alberto Papuzzi

Rizzoli, l'Angelo vendicatore torna a Milano «Gente provinciale, sta con i giudici». Stajano: non è vero, la classe dirigente è al tramonto Rizzoli, l'Angelo vendicatore torna a Milano Attacca la borghesia meneghina (e qualcuno fa autocritica) I—11 MILANO l ANGELONE, al secolo Angelo Rizzoli, dissipai tore delle fortune di una LI dinastia, è tornato in campo con un oplà da grande contorsionista: da pecora nera della borghesia milanese si è trasformato in fustigatore delle sue debolezze e vizi. Ieri ha incominciato una collaborazione al Giorno, come opinionista, con un articolo in prima pagina intitolato «Se Milano sospetta di essere provincia». Dove parte dai Catari per arrivare all'ex sindaco Tognoli, vittima sacrificale di una «eresia manichea» e simbolo di una intolleranza «che stringe la città». Il Tognoli, «orgoglio di dieci anni fa», oggi, dopo Di Pietro, «è diventato vergogna. E' giusto?». No, è l'implicita ri¬ sposta: questo è provincialismo. «La borghesia milanese scrive Rizzoli - comincia a sospettare di non vivere né in una metropoli né in una capitale, ma soltanto in una grande città di provincia come Stoccarda o come Lione». La tesi è ardita: i milanesi sarebbero provinciali perché si schierano con i giudici. E' anche una tesi «Cicero prò domo sua», visto che Rizzoli è stato un alacre capofila dello sfascio. Ma è vero che Milano sembra una città paralizzata dallo shock: soprattutto una città senza una classe dirigente che la rappresenti. I Pirelli, i Falck, i Crespi si fanno dare lezioni dall'Angelo Rizzoli che rischiò di mandare all'aria il Corriere? Perché negli attuali frangenti la buona borghesia meneghina è senza voce e viene Cesare Romiti a dire «Vergogniamoci delle tangenti»? «Perché, in verità, nessun milanese di grande prestigio è stato sfiorato da quel problema, né un Pirelli né un Falck, ma il gruppo Fiat sì», risponde polemicamente Guido Roberto Vitale, amministratore dell'Euroimmobiliare, fratello di Alberto Vitale, l'editore della Random House. «Però è anche vero che questo silenzio rispecchia una caduta di impegno civile della classe dirigente milanese, speculare alla caduta di impegno di tutto il Paese». «I Pirelli e i Falck sono degli sconfitti, questa è la verità. Mattioli è morto. Cuccia è sepolto nella sua cella. Quella è una classe dirigente al tramon¬ to», controbatte invece Corrado Stajano, che all'impegno civile della sua città ha dedicato il libro Un eroe borghese, storia dell'avvocato Giorgio Ambrosoli. «Però Milano non è spenta: è stanca. La gente alla fermata del tram è incazzata. Le manifestazioni non sono disertate. Ci sarebbe una voglia di partecipazione». La crisi della borghesia è in realtà una sindrome ricorrente per i milanesi. Giorgio Bocca incominciò a scriverne quando la Pirelli lasciò il Pirellone. Scandalizzarono i flirt di Giulia Maria Crespi, editrice del Corriere della Sera, con i leader sessantottini. Quindi venne la débàcle di Rizzoli e Tassan-Din, mentre sorgeva l'astro di Silvio Berlusconi. E su quel mondo mezzo sconquas- sato c'è stata la cosiddetta «calata dei piemontesi». «Non c'è nulla di sorprendente nella crisi attuale - dice Vitale, che fa l'autocritica -. Abbiamo vissuto, come tutto il Paese, sull'equivoco del denaro facile, il denaro finto, tanti debiti, tanti consumi, pochi investimenti, la corruzione nel senso latino della parola, funzionale a una visione egoistica ed edonista. Tuttavia mai come ora la borghesia sente il bi- sogno di riscattarsi. Ma deve fare i conti con un'impasse politica. Per la nuova generazione, per i quarantenni-cinquantenni che hanno mostrato di saper fare qualcosa nell'economia e di poter costruire qualcosa nell'industria, si è bloccato l'accesso alla vita politica. Ecco cos'è che non funziona più, non solo a Milano ma nell'Italia attuale». Qualcuno ci prova. A Palazzo Marino da luglio sono entra¬ ti gli esterni: come Guido Artom, ex presidente della Federtessili, o come Tiziano Trau, docente universitario, entrambi assessori. «Però è la vecchia classe politica nel suo insieme che non è ancora saltata - dice Stajano -. Bisogna ricominciare politicamente, se si vuole rivedere la Milano pulsante che abbiamo conosciuto negli anni della ricostruzione e del centro-sinistra e subito dopo piazza Fontana. Quella è stata la grande Milano, della partecipazione e dell'impegno. Chi non ricorda gli affollati dibattiti al Club Turati? Adesso il Turati è in mano a Bobo Craxi». E la borghesia si lascia dare le bacchettate sulle dita dall'Angelone. Alberto Papuzzi Da pecora nera della classe dirigente a fustigatore di debolezze e vizi Corrado Stajano: Milano non è spenta, è stanca Angelo Rizzoli è diventato opinionista del «Giorno» e vuole dare lezioni ai Pirelli, ai Falck, ai Crespi