E la capitale del peccato si divide sulla decisione di Pier Paolo Luciano

E la capitale del peccato si divide sulla decisione E la capitale del peccato si divide sulla decisione ROMA. «A Palazzo Chigi, la dovevano spostare, perché illuminasse Amato e i suoi colleghi di governo. Anzi, una Madonna sola non basta, ci vorrebbero tutte quelle di Roma» commenta Gianni Boncompagni, ideatore e regista di «Non è la Rai». A lui, però, l'iniziativa di Giovanni Paolo II non è piaciuta. O meglio, la giudica irrilevante: «Non c'era bisogno di spostare un'icona per renderci conto che siamo davvero nei guai, che siamo in piena emergenza. Basta guardare nella cassetta della posta: ogni giorno troviamo nuove fatture, nuove bollette da pagare. Neanche la Madonna ci salva da questa calamità». Antonello Trombadori, politico dell'area migliorista attento ai problemi del mondo cattolico, giudica così il trasferimento della Madonna miracolosa di Santa Maria Maggiore: «Da un punto di vista laico, può essere preso come un incitamento. Non l'attesa di un intervento esterno, superiore, lo si chiami come si vuole. Ma come sprone a una fare pulizia. E ce n'è davvero bisogno. Non credo, però, che lo spostamento di un'icona abbia virtù miracolistiche sulla città. La scelta comunque mi fa riflettere: se il Papa ha deciso di ricorrere a uno strumento per lui di grande importanza quale la devozione nella Madonna, vuol dire che è seriamente preoccupato per la situazione in cui si trovano Roma e l'Italia. Trovo comunque legittimo che il papa invochi l'aiuto di una mano divina, mi sta bene anche il contesto. Non è certo un'iniziativa di parte come la Madonna pellegrina del' 48 le cui lacrime immaginarie furono usate per convincere la gente a votare in un certo modo. E mi auguro che i credenti romani si sentano davvero più sicuri. Però, chissà quale sonetto Giuseppe Gioacchino Belli, quello di "La riliggione der tempo nostro", avrebbe dedicato a una storia come questa». «Spostano la Madonna? E già li sento i romani a ribatte "ce nò io di Madonne", un modo tutto nostro per indica la rabbia, il veleno che ognuno se porta dentro» dice Nino Manfredi. L'attore romano è convinto che: «Non basta la Vergine, qui ci vuole un bell'esame di coscienza collettivo, tutti gli italiani messi insieme. Bisogna riscoprì certi valori morali, che poi sono quelli che la figura della Madonna ci propone. Però se il papa non spiega apertamente che i politici che rubano non devono più ruba, che bisogna esse onesti, con se stessi e con gli altri, la gente non capisce. La sua resta un'invocazione nel vuoto». Giulio Carlo Argan, storico dell'arte ed ex sindaco di Ro¬ ma, liquida l'iniziativa con una battuta: «Affari loro». Poi spiega: «Sono l'ultima persona che può addentrarsi su un tema come quello della devozione, non me la sento proprio di esprimere un parere». Neanche Oreste Lionello vuole pronunciarsi. L'interprete di salaci battute nei panni di Andreotti sul palcoscenico di «Crème caramel», stavolta rinuncia a qualsiasi ironia: «Le battute irriverenti sul papa le lascio fare a Woody Alien, lui può permettersele, è ebreo spiega la "voce italiana" del regista newyorkese -; si può scherzare sulla Madonna, ma non sul Papa. Come cattolico non metto mai in discussione le scelte del Pontefice. Quindi anche questa. Credo comunque che tutte le iniziative che puntano ad accendere le speranze della gente siano positive». Pier Paolo Luciano

Persone citate: Andreotti, Antonello Trombadori, Carlo Argan, Gianni Boncompagni, Giovanni Paolo Ii, Giuseppe Gioacchino Belli, Nino Manfredi, Oreste Lionello, Woody Alien

Luoghi citati: Italia, Roma