L'INSULTO COME POLITICA di Enzo Bettiza
L'INSULTO COME POLITICA L'INSULTO COME POLITICA LO stile è l'uomo, diceva un famoso critico francese d'altri tempi. La sentenza, riferita ai partiti e ai movimenti, potrebbe tradursi così: il linguaggio di un leader è la chiave della sua politica. Nella volgarità accademizzante di Togliatti, quando stroncava Orwell o Silone, c'era lo stalinismo più o meno morbido ch'egli avrebbe propinato agli italiani se il suo partito fosse salito al potere. Nella vaselina oscura e pretesca dei capi democristiani c'era già tutto, dall'assistenzialismo clientelare al buco nel bilancio, dal compromesso storico alla lottizzazione fino alla tangentocrazia. Nel delirio semantico dei brigatisti c'era la pedagogia della morte ammantata di subcultura ideologica. Ora che la Lega lombarda si propone o come partito motore di un nuovo governo italiano o come rasoio di una cesura italiana lungo lo spartiacque mantovano del Po, cosa intravediamo nel drastico linguaggio dei suoi leader? Col professor Miglio ci troviamo ancora sul terreno di una sarta nostalgia reazionaria: dalle sue frasi esatte, tornite da ottimi studi e da buone letture, traspare non tanto la mitica ombra del Carroccio, quanto il disegno ottocentesco di un Lombardo-Veneto radetzkiano onestamente amministrato dalla Casa d'Austria. Ma col senatore Bossi, che non sarà la testa della Lega, ma ne è certamente l'anima e il sangue, dove ci troviamo? Per ora, purtroppo, soltanto nell'informe della scurrilità. Assieme alla secessione fiscale egli agita i Kalashnikov, minaccia di rappresaglia fìsica i potenziali traditori, dileggia con tocchi di turpiloquio le procacità della nipote di Mussolini, infine definisce «canaglia» una sua sorella che ha osato disturbarlo con una Lega alpina dissidente nelle elezioni di Mantova. Anche nella scurrilità ci può essere, se non ancora un programma, almeno un'intenzione programmatica. E' presto detto quale, premesso che la scurrilità è quasi sempre l'anticamera della violenza in politica. Non lo diciamo per ridere, ma, pensando alla campana di Mantova, lo diciamo e lo ribadiamo con preoccupata serietà. Enzo Bettiza
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