«Oggi lo scrittore ha meno naso»

«Oggi lo scrittore ha meno naso» «Oggi lo scrittore ha meno naso» 7n| MILANO L ^ ONO affascinato dagli m altri, dalla vita altrui, I j che è abissale e richiede luna infinita comprensione anche se in partenza sai che non riuscirai mai ad afferrarla. Cosa è la Recherche di Proust se non il fascino per l'altrui e la coscienza di non raggiungerli?». Pietro Citati parla dei suoi Ritratti di donne, il nuovo libro di saggi che Rizzoli ha tirato in trentamila copie per le librerie e altre trentamila per i club del libro. «La critica è una letteratura - dice Citati - di secondo piano ma i critici che sanno scrivere rimangono. Ma è inutile sperare che un grande critico di Dostoevskij sia come Dostoevskij. La critica letteraria dura poco nel tempo, sono sempre tentativi di avvicinamento all'opera. Un grande scrittore non sa da dove viene né dove arriverà. Un critico ha, invece, una coscienza razionale più precisa, certo anche il suo lavoro è fatto di intuizioni ma molto di smontaggio dell'opera». In epilogo al volume di saggi, Citati traccia un'«arte del ritratto» fra accostamenti e distanze, fra colori e inchiostro, fra pittura e scrittura. E' un autoritratto? «Forse - dice il critico - un profilo di ciò che vorrei essere. Il critico è una fusione fra l'arte di Sainte-Beuve e Proust, qualcuno che assicura la continuità. Che passa dalla vita all'opera di un autore. Ne studia i comportamenti, poi li dimentica. Dimentica la superficie della vita e tenta di dare una interpretazione all'opera letteraria, senza modificarla». Fra i tanti saggi, su D'Annunzio, Collodi, Potoki, Robert Walser, Citati scruta la «tela di ragno» d'amicizia e stima letteraria fra James e Stevenson, due scrittori opposti. Cosa l'ha affascinata in questo rapporto? «Il fatto - spiega Citati - che il lento, aggrovigliato James riuscisse a capire il veloce Stevenson. James si innamora di quel bel ragazzo malato. James è un incerto, un tentacolare quanto Stevenson è un diretto. Ma Stevenson non capisce James. Sono i romantici che riescono a vedere i classici. L'esperienza di James è totale, coincide con l'orizzonte. Stevenson dell'orizzonte è solo una parte, possiede e cura la forma, ha una grande levità ma tende a chiudere. James non rinuncia a nulla. Il veloce Stevenson abolisce il dettaglio, fila come un razzo. Calvino che era partito come Stevenson si è poi aggrovigliato come James. Italo era due persone in uno stesso corpo...». Citati ricorda l'amico Calvino, ma un ritratto altrettanto affettuoso lo disegna ad un altro amico scomparso: Manganelli. «Amavo Manganelli per le tenebre che erano in lui e non in me. Per la sua intelligenza che portava la chiarezza, per il suo dono verbale che lo spingeva a parlare come un libro stampato. Era un uomo dolce, avevo pena del suo dolore». Cosa manca, secondo Citati, alla letteratura di oggi? «Oggi sentiamo meno, gli scrittori sentono meno. E' un problema di ricezione. Pensiamo a Proust, a Pascoli, a Pessoa, a un pittore come Monet... allora l'essere era come un apparecchio di ricezione, raccoglieva sensazioni, profumi. L'artista moderno non ha più queste capacità. Oggi dare una forma sembra più importante che ascoltare... Fra il 1850 e il 1910 gli scrittori hanno più naso. Bisognerebbe studiare la sensitività del '600, del periodo romantico. Ma anche prima: quanto hanno sentito Dante e Shakespeare. Nella storia del mondo ci sono dei momenti in cui l'uomo sente l'universo, si stringe a lui. Poi forse, misteriosamente, le sensazioni si esauriscono e i sensi devono ri posare. Anche la letteratura femminile, più che sensibile, è tragica». NicoOrengo

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