La Rai non disarmi col teatro ma, per favore, attenta all'autore di Masolino D'amico

La Rai non disarmi col teatro ma, per favore, attenta all'autore r TIVÙ' & TBVU' La Rai non disarmi col teatro ma, per favore, attenta all'autore CHI è convinto non solo dell'opportunità ma anche della possibilità tecnica di ascoltare del decente teatro dal video televisivo anche in Italia ha avuto una notevole occasione di verificare le proprie idee grazie alla programmazione di «Uscita di emergenza» di Manlio Santanelli (Raidue). Qui infatti due attori di grande richiamo come Lello Arena e Luca De Filippo si sono messi al servizio di un testo autarchico e relativamente recente, sostenuti da quanto di meglio la nostra televisione può offrire, ossia da una coppia di registi accurati, urbani e non prevaricatori come i fratelli Andrea e Antonio Frazzi; da una fotografia luminosa come quella di Antonio Baldoni; da una scenografia inventiva e pittoresca (a indorare la pillola della claustrofobica vicenda) inventata da Nicola Rebertelli e dall'arredatore Mario Di Pace; da musiche dolcissime di Bruno Moretti. Almeno questa volta, mamma Rai non può essere accusata né di avarizia né di diffidenza nei confronti del repertorio nazionale. Se la cosa è andata maluccio temo dunque che la colpa sia proprio della commedia scelta. Riproposta con tanta opu| lenza al vaglio spietato di un I medium che sviscera e disse- ziona e, come si dice, non ne passa una, essa è apparsa, ahimé, prevedibile, ripetitiva, invecchiata. Si capisce che, quando apparve, la sua materia - la convivenza di due emarginati insediatisi in un palazzo vuoto perché condannato dal bradisismo; alla fine, non senza essere stato più volte preannunciato, arriva il terremoto dall'Irpinia (una «Strana coppia» dialettale con echi di Pinter? Sì, bravo Pierino, hai capito tutto) sembrò un passo avanti del teatro in napoletano ancora schiacciato dal gigante Eduardo, col suo sguardo su di una realtà di disgregazione e di degrado, non ancora approdata sulle scene. Sennonché altri autori come i Moscato e i Martone avrebbero presto sviluppato il discorso con una violenza ben altrimenti inquietante; mentre ripensandoci ci rendiamo conto che anche «allora» i cabarettisti della Smorfia, con Massimo Troisi e lo stesso Arena, affrontavano temi analoghi con più verisimiglianza e anche con maggiore ironia. I due personaggi di Santanelli non riescono a diventare simbolici, sono solo due stravaganti dagli ex mestieri improbabili, uno suggeritore teatrale (attività, come sappiamo, scomparsa), l'altro sagrestano e pertanto soprannominato «Pacebbene» (fa ridere?); la loro lingua, benché insaporita dalla risciacquatura nel vernacolo, è spesso pomposamente letteraria. Così, malgrado la prova degli eccellenti interpreti e in particolare di Lello Arena, più portato a dilatare le possibilità comiche, le insofferenze regolarmente rientrate dei due non portano in nessun luogo, e alla lunga i 120' risultano aridi. I telecomandi, temo, saranno entrati in funzione; speriamo che lassù dove si programma, chi ama il teatro tenga duro lo stesso. Masolino d'Amico icoj Lello Arena

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