Per la mia Polonia ho scelto la Cia

Per la mia Polonia ho scelto la Cia Le confessioni dei colonnello Kuklinsky: braccio destro di Jaruzelski, agente segreto degli americani Per la mia Polonia ho scelto la Cia EWASHINGTON ORSE passerà alla storia come «da spia che venne dal caldo». Perché Ryszard Kuklinsky, che solo adesso la Cia rivela essere stato la più grossa spia della guerra fredda, più grande anche del leggendario Oleg Penkovsky, mandava i suoi dettagliatissimi e preziosi rapporti dalle stanze calde del quartier generale del Patto di Varsavia e non era mosso né da interesse, né dal desiderio di sfidare l'avventura, né da algidi calcoli di vendetta, ma era un uomo bruciato dalla passione patriottica, dall'amore per la sua Polonia vilipesa e umiliata. Si sapeva già che Kuklinsky aveva fornito agli americani informazioni tempestive sull'intenzione del generale Wojciech Jaruzelski di introdurre lo stato d'emergenza per bloccare Solidarnosc. Si sapeva già che era sfuggito alla condanna a morte, comminatagli in Polonia per «alto tradimento», trovando rifugio negli Usa dopo una fuga rocambolesca, i cui particolari rifiuta ancora di svelare. Ma si è saputo solo oggi, che, nel corso di 11 anni, il colonnello Kuklinsky spedì agli americani oltre 35 mila pagine di documenti segretissimi sui piani e le armi del Patto di Varsavia, il 90% dei quali sull'Unione Sovietica. «Ha praticamente plasmato il nostro grado di conoscenza negli ultimi 20 anni», ha detto al Washington Post un alto funzionario della Cia. Le informazioni mandate da Kuklinsky tra il '70 e l'81 erano tante e di tale livello che al Pentagono venne costituito un apposito ufficio per vagliarle e approfondirle. I numerosi analisti che vi lavoravano, «arricciandosi i capelli con le dita», come ha raccontato uno di loro, credevano che quelle informazioni provenissero da una vastissima rete di informatori. Era, invece, il lavoro di un uomo solo. Kuklinsky fornì i piani strategici quinquennali del Patto di Varsavia per il '71-75, il '76-80 e l'81-86. Permise di individuare quali obiettivi sovietici rilevabili dai satelliti erano veri e quali, invece, fallaci. Trasmise la pianta con le previste localizzazioni dei bunker nascosti dove i comandi sovietici e del Patto di Varsavia si sarebbero installati in caso di guerra. Inviò montagne di documenti tecnici che specificavano le caratteristiche di oltre 200 tra i più avanzati sistemi d'arma messi a punto dai sovietici, compreso il nuovissimo carro da battaglia T-72, di cui la Cia non conosceva neppure l'esistenza. Per non parlare di tutte le informazioni sulla Polonia, la cui nuova dottrina militare era stata scritta proprio da lui. I verbali di Kuklinsky sulle riunioni del comando centrale del Patto di Varsavia erano talmente precisi che, secondo un altro funzionario della Cia, «era meglio che avere un microfono attaccato al muro». Nell'aprile del 1987, Kuklinsky concesse una lunga intervista al mensile degli emigrati polacchi Kultura, pubblicato a Parigi. Ma raccontò soltanto il ruolo da lui svolto nella crisi polacca, per impedire che Solidarnosc venisse schiacciata dalla legge marziale che Jaruzelski si accingeva a imporre. Nelle scorse settimane, in 50 ore di interviste con un giornalista del Washington Post, il colonnello ha raccontato tutta la sua storia e la sua amarezza di patriota, considerato ancora un «traditore», quando il comunismo non c'è più. A 62 anni, ha detto il suo intervistatore, Kuklinsky non assomiglia più al magro e azzimato ufficiale che compare nelle foto dell'epoca accanto a Jaruzelski, al maresciallo sovietico Viktor Kuìikov o nei documenti d'identità che gli consentivano libero accesso negli uffici più impenetrabili. Non si sa dove, negli Usa, Kuklinsky viva e sotto quale nome. Quando era un ragazzino, suo padre, dopo l'invasione nazista della Polonia, venne arrestato dalla Gestapo per attività clandestina. Torturato, morì poco dopo in un campo di concentramento tedesco. A 15 anni, Kuklinsky assistè alla «liberazione» sovietica della Polonia. Due anni dopo, credendo che l'esercito fos¬ se l'unica istituzione indipendente, iniziò la carriera militare, ma, per fare questo, dovette iscriversi al partito comunista. Venne però sospeso per 6 mesi, perché aveva fatto delle battute sarcastiche sulla collettivizzazione forzata delle campagne. Riaccettato nei ranghi, Kuklinsky cominciò a fare carriera e, nel '68, venne inviato a Legnica, nel Sud del Paese, base del comando per l'invasione sovietica della Cecoslovacchia. La sua fede nell'esercito cominciò a marinarsi e, accampando problemi familiari, chiese di essere spostato. Perse la battaglia, ma, in compenso, ottenne l'incarico di riferire personalmente a Jaruzelski, allora soltanto un militare, i messaggi dei generali polacchi che partecipavano all'invasione. Così conquistò la sua fiducia. Il punto di rottura della lealtà di Kuklinsky fu nel '70, quando l'esercito polacco attaccò i lavoratori che scioperavano nel Balti¬ co, uccidendone dozzine. «La mia conclusione - ha raccontato il colonnello - fu che era necessario stabilire qualche comunicazione con l'Occidente». Gli ci volle un anno per riuscirci. Come pianificatore militare, convinse i suoi superiori a permettergli un viaggio di «ricerca» nei porti del Nord Europa, travestito da turista assieme a un gruppo di altri ufficiali. Così riuscì a prendere contatto con l'addetto militare dell'ambasciata americana in Germania. «In caso di guerra - gli spiegò - la Polonia si troverebbe in mezzo, usata come corridoio dai sovietici e colpita dalla rappresaglia americana. Anche se il Patto di Varsavia vincesse, noi cosa ci guadagneremmo?». Venne organizzato un sistema di «punti morti», così furono chiamati, che Kuldinsky poteva utilizzare per mantenere i contatti e trasmettere materiale. Intanto il colonnello, in patria, continuava a fare carriera, al punto che dovette rifiutare un incarico da generale per non essere costretto ad abbandonare il quartier generale. Nel '76, Kuklinsky venne inviato a una speciale accademia militare a Mosca e, in seguito, venne promosso capo del Dipartimento I per la Pianificazione della Difesa strategica della Polonia. Aveva 46 anni, l'incarico di scrivere i discorsi di Jaruzelski e di sedere al suo fianco durante le trattative con i capi militari del Patto di Varsavia. Apprese una valanga di segreti, di alcuni dei quali, fra l'altro, era l'autore. Fu infatti allora che Kuklinsky ebbe l'incarico di riscrivere la dottrina militare polacca. La Cia, come in altri casi, la ricevette prima di Jaruzelski. La specializzazione principale di Kuklinsky erano i piani sovietici per una guerra convenzionale in Europa: spedì tutti i documenti sulle strategie messe a punto dall'Urss per fronteggiare la Nato in Germania, Danimarca, Olanda, Belgio e Francia. Poi mandò anche i piani per Turchia e Grecia. Dal '75, Kuklinsky fece lavorare come pazzi gli analisti della Cia sull'operazione chiamata in codice «Albatross», un piano segretissimo per collocare in tre punti i posti di comando e di controllo del Patto sull'intero teatro europeo. Oltre alla loro localizzazione, fornì perfino dati sullo spessore dei bunker e sulla planimetria delle costruzioni, aggiungendo sujjgerimenti sulle armi necessarie per distruggerli. Nell'80 e nell'81, Kuklinsky si concentrò sulla sua Polonia e suU'incombere della legge marziale. Chiese alla Cia di organizzare prelevamenti quotidiani di materiale. Informò che Mosca aveva già organizzato un «governo-ombra» di polacchi fedelissimi, nel caso Jaruzelski non fosse stato abbastanza deciso con Solidarnosc. Nel dicembre dell'80, Kuklinsky avvertì la Cia che 15 divisioni sovietiche si stavano preparando a invadere la Polonia, assieme a truppe della Germania Orientale e della Cecoslovacchia. Forte dell'informazione, il presidente Jimmy Carter lanciò un ammonimento a Leonid Breznev e i sovietici, perplessi, sospesero il piano. La situazione, per Kuklinsky, si faceva pericolosa. Durante un riunione del 15 settembre '81, la leadership polacca cominciò a parlare di una fuga di notizie in corso. «Temo che la mia missione sia verso la fine», trasmise Kuklinsky alla Cia. «Siate prudenti - aggiunse - io sono pronto a pagare il prezzo più alto, ma noi possiamo ottenere qualche risultato solo attraverso l'azione, non con il sacrificio». E firmò: «Lunga vita alla Polonia». Kuklinsky continuò il suo lavoro, ma i superiori vennero di nuovo informati di una fuga di notizie. Era il momento di chiudere la missione. Kuklinsky, moglie e due figli, vennero trasferiti dalla Cia negli Usa, dove arrivarono, con solo i vestiti che avevano addosso, pochi giorni prima di quel 13 dicembre dell'81 in cui Jaruzelski firmò la legge marziale. Jaruzelski, a quel punto, sapeva che gli americani erano stati informati delle sue intenzioni. Interpretò l'assenza di ogni ammonimento preventivo come una specie di disco verde: gli americani preferivano la sua dittatura a un'invasione sovietica. Dopo la fuga di Kuklinsky, il generale diventato dittatore perse ogni dubbio sull'identità della talpa. Ne rimase sconvolto. «Fu un doppio dolore - raccontò poi -. Sia per i danni provocati dalla sua defezione, in quanto lui conosceva i segreti della cucina, sia sul piano personale». Nessuno sospettava, neppure lontanamente, di Kuldinsky. Il ministro dell'Interno, generale Czeslaw Kiszczak, dichiarò: «Eravamo molto amici. Se mi avessero messo di fronte una lunga fila di ufficiali, lui sarebbe stato l'ultimo che avrei sospettato come spia». Nell'84 Kuklinsky fu giudicato in contumacia dalla corte marziale polacca per diserzione e tradimento. «Ne sono orgoglioso, lo considero un distintivo d'onore - dichiara -. Non ho fatto nulla di cui vergognarmi e, nello stesso tempo, merito completamente la loro punizione, forse la merito addirittura tre volte più grande». La Cia ha confermato che il colonnello non chiese e non ricevette mai danaro. Fu solo aiutato nella fuga e dopo. William Casey, direttore della Cia, conferì a Kuklinsky la Distinguished intelligence medal, l'onorificenza più alta concessa dagli americani a un loro informatore. «Lei è un amico, un uomo di coraggio, un patriota polacco e un eroe», gli scrisse in una lettera. Zbignew Brzezinski, un anno e mezzo fa, intervenne su Lech Walesa, diventato Presidente della Polonia, perché cancellasse la condanna tuttora pendente sul capo di Kuklinsky, nel frattempo ridotta a 25 anni di carcere. «La situazione di Kuklinsky è nel cuore di tutti - rispose Walesa il 12 gennaio del '91 - ma ci vorrà tempo per risolverla. Sono sicuro che lei capirà». Se la gratitudine di Solidarnosc e dei polacchi liberati dal comunismo nei confronti di Kuklinsky è infinita, i militari non hanno dimenticato. Per loro il colonnello è ancora un traditore e Walesa potrebbe pagare caro un gesto di generosità. Così, in Polonia, Kuklinsky è ancora ufficialmente un ricercato. «E io dice lui - questo non riesco ad accettarlo». Paolo Passarmi «Ho tradito il comunismo quando ho visto l'esercito massacrare i compatrioti che scioperavano sul Baltico» Al centro, soldati per le vie di Varsavia durante il golpe del I960. A fianco, William Casey, ex capo della Cia. Qui sotto, Viktor Kuìikov e Jimmy Carter. In basso, il generale Jaruzelski e, a destra, Lech Walesa