Msi: addio Battisti, non ti riconosciamo più di Stefania Miretti

Msi: addio Battisti, non ti riconosciamo più Al «Secolo d'Italia» non è piaciuto l'ultimo disco del cantante, considerato per 20 anni un mito delle destre Msi: addio Battisti, non ti riconosciamo più L'Unità invece ne parla bene, si ribaltano le antiche posizioni QUESTO qui, questo che si firma Csar con un acrostico scarabocchiato in copertina, non è Battisti». Questo qui era, fino all'altro ieri, il loro caro angelo. E il perentorio, quasi stizzito, forse risentito giudizio sull'ultimo disco di Lucio Battisti, emesso ieri dai missini del «Secolo d'Italia», riapre, rovesciandola, una vecchia e, ancorché oziosa, mai sopita polemica: a chi, a chi il «canto libero» dell'artista che non c'è? Alla destra che per vent'anni ne ha fatto un mito, e ora lo scarica coi toni dell'amante deluso? O alla sinistra che sempre lo ha snobbato e oggi, sulle pagine de «l'Unità», è pronta a riconoscere i pregi d'un disco modesto come «Cosa succederà alla ragazza»? Nel paradosso annaspa l'organo ufficiale del movimento sociale: «A tifare per l'album (l'ultùno di Battisti, ndr) ci sono quelli che negli Anni 70 avrebbero mandato al rogo "Luci dall'Est" senza tanti complimenti. A stroncarlo sono i tanti che "Il mio canto libero" lo mettevano sullo stereo come una bandiera sul pennone». Ma paradosso è fino a un certo punto, poiché il tono di tutto il corsivo, a firma «f. p.» e frutto di un dibattito in redazione, ci riporta esattamente al clima e alla dialettica tipici degli Anni Settanta, quando persino la forma delle scarpe o il tipo di scollo del maglione, figurarsi le canzoni, erano «di destra» oppure «di sinistra». Un bell'impiccio, dal quale non si esce così facilmente come vorrebbe il sindacalista Ot¬ taviano Del Turco, storico fan di Battisti e pronto ad affermare che «le sue canzoni ci commuovevano quanto "Blowin' in the wind", a noi di sinistra». Mica vero. Dell'interprete de «La canzone del sole» si diceva, allora, che finanziasse Ordine Nuovo; sospettosissime apparivano le sue maghe a dolcevita nere, le sue polemiche contro il consumismo, i suoi amori «anticomunisti» (ad Est). E altissimo sembrava il tasso di misoginia in canzoni come «Neanche un minuto di non amore» o «Emozioni». Un impiccio dal quale non riesce a defilarsi del tutto neppure il musicologo pidiessino Gianni Borgna: «Sul piano musicale considero Battisti un innovatore e un progressista», ha detto, ma i missini incalzano: «E i testi?». A dirimere la questione ci avevano provato, pochi mesi fa, Arnaldo Bagnasco e Bruno Lauzi, nel corso della trasmissione di Raitre «Aspettando Lucio Battisti»: si disse allora che l'artista era un «liberaloide», forse un «qualunquista». Fu¬ rente e immediata la reazione del «Secolo d'Italia»: bestemmiatori, giù le mani dal Mito. Ma oggi che il Mito è diventato «questo qui», a chi, a chi Lucio Battisti? Lui stesso, flaubertianamente, sembra domandarselo («Cosa succederà alla ragazza?» «Quella ragazza sono io»), se pure non ce lo dirà mai, «Dare il silenzio come spiegazione», canta. La redazione del «Secolo d'Italia» sceglie di augurargli «tanto successo in discoteca e altrove», e conclude: «Poi, per rifarci le orecchie, metteremo su "Pensieri e parole"». Il critico musicale de «l'Unità» riporrà «Cosa succederà alla ragazza» tra i dischi dello scaffale buono, perché «siamo sempre a un livello piuttosto alto di elaborazione». E questo nuovo Lucio così «dance» se lo prenderanno forse i ragazzi degli Anni Novanta, quelli che ballano indifferentemente «Faccetta nera» o «Bandiera rossa» senza curarsi di pensieri e parole., Stefania Miretti Lucio Battisti, per vent'anni al centro d'uno scontro ideologico

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