Roy cuor di fumetto

Roy cuor di fumetto Lichtenstein a Losanna con un'antologica di settanta opere Roy cuor di fumetto Dalle strip ai giochi di specchi E| LOSANNA j un altro grande ritorno. Roy Lichtenstein, padre storico della Pop Art I (con Warhol, Rosenquist e Oldenburg), sbarca sulle rive del lago Lemano. E' un'antologia dagli Anni Sessanta a oggi, l'intero cammino scandito in 70 pezzi - dipinti, sculture, disegni, collages - fino al 31 gennaio al Piccolo FAE, il Musée d'Art Contemporain di Pully, presso Losanna. Una riflessione storica che attraversa l'Atlantico? Asher Edelman, uomo di finanza, gran collezionista, direttore di questa fondazione che reca il suo nome, è soddisfatto: «E' la prima retrospettiva europea che rappresenta tutti i periodi dell'artista, con opere che vengono da ogni parte del mondo». Siamo nel suo studio, dalla finestra si vedono le acque del lago un po' increspate; più in là si snodano le bianche sale che ospitano su due piani la mostra. E' costata tanto? Edelman replica con una domanda: «Quanto è tanto?». Non vuole parlare di denaro, dice che lui «è amico di Roy, come di molti altri artisti», ma si viene poi a sapere che l'assicurazione è di 70 milioni di dollari. Il pezzo più difficile da avere? «Whaam.!, la battaglia aerea: prima non era mai stato prestato dalla Tate Gallery». E proprio la Tate Gallery di Liverpool riprenderà in febbraio questa esposizione mentre il Guggenheim di New York annuncia una grande retrospettiva nel '93 per i settant'aniii di Lichtenstein. Quasi una consacrazione. L'artista ha ricevuto sorrisi, ma anche sberleffi dalla critica, come dimostra una selezione di documenti, qui in bacheca, che provengono dalla Galleria di Leo Castelli: articoli, cataloghi, biglietti, poster. La storia della sua contrastata fortuna. Negli Anni 60 molti non gli perdonavano di prelevare le sue immagini dai fumetti e dalla pubblicità, territori considerati lontani dalla «nobile arte». Quell'apparente semplicità era intesa come-parodia, una sfida commerciale ai valori estetici. E il suo lavoro spesso solo una copia ingigantita di oggetti tolti dalla società dei consumi. Ma lui (sono parole di una recente intervista) voleva «ripensare le cose», trovare uno stile «duro e incisivo», adatto allo «spazio industriale americano» dove tutto è sfornato in serie, stampato, contraffatto. Di qui la tecnica con quei puntini, che evocano il retino di stampa, i colori primari, i contorni neri che delimitano le forme. E adesso si apprezzano il suo filtro, la capacità di costruzione, la visione lucida, la luce diffusa che sembra scaturire dall'interno delle cose. «Questa rassegna - afferma la curatrice Chantal Michetti - rivela come Lichtenstein abbia sempre interrogato il mondo, il passato e il presente. Non esistono più gerarchie di generi, in ogni tema l'autore cerca un motivo formale e lo manipola. In modo distaccato, spesso ironico». Due opere capitali, ricavate da fumetti, portano qui il sapore degli esordi, a testimoniare i filoni della guerra e dell'amore. Whaam! (1962), grande dipinto su tela, raffigura un pilota da caccia nell'attimo in cui colpisce e fa esplodere l'aereo nemico. Accanto il disegno preparatorio mostra il complesso lavoro di modifica rispetto al «comic» originale. La scena è ridotta a uno schema più semplice, più efficace: due aerei sul fondo sono cancellati, il cielo da rosso diventa grigio mentre tutto il colore si accende nell'esplosione gialla e rossa. Altro «momento forte» di una storia a strisce è la ragazza di Eddie Diptych (1963), Capelli biondi, anzi gialli, abito verde, immagine fìssa («Il fumetto è un ritorno ai bizantini» lui dice), tolta da una sequenza: sappiamo che è innamorata, non conosciamo il prima e il dopo. Lichtenstein riorganizza e rimodella, tira fuori dai fumetti istanti di una realtà esaltata. Quasi icone quotidiane, oggetti che grandeggiano in bianco e nero, disegnati nei loro tratti primari, sono Large Spool (1963), una grossa bobina, e Compositìon II (1964), copertina di un taccuino esplorata nelle sue venature come marmo prezioso. Lichtenstein è insieme naif e sofisticato. Lo si vede anche nella serie dei Brushstrokes, colpi di pennello, dove fa il verso all'espressionismo astratto: la pennellata, gialla o rossa, sta lì con i contorni precisi, su un fondale puntinato, come una strana bandiera. Difficile per un artista che si muove in un mondo senza ombre (qualcuno, con un po' di esagerazione, ha tirato in ballo le torme primarie di Platone) cogliere i guizzi dell'indeterminato e i lampi del tempo. Eppure lui si misura con un mondo di specchi e di riflessi, vuole materializzare l'effimero. Come? Mirror No 2 (1970) è un cerchio di tela percorso da bande bianche, nere e blu. Mirror II (1977) è una superficie di bronzo, in forma ovale, dipinta e patinata, una scultura piatta con forme bianche e tratteggi scuri. Sono specchi opachi che non rispecchiano nulla, riflessi che riflettono se stessi: ma talvolta hanno degli squarci e si può guardare al di là di essi, come nella magia di Alice. L'impalpabile prende corpo in certe opere tridimensionali: in Cup and Saucer II (1977) il fumo della tazzina è un intreccio di lingue di bronzo bianche e gialle, i raggi di luce in Lamp II (1977) sono fili metallici dipinti. Visione precisa, concreta, eppure irreale. La tavolozza dì Lichtenstein con gli anni si arricchisce, si infittiscono le incursioni, alla sua maniera, in movimenti e autori: purismo e surrealismo, Picasso e Mondrian. Cita gli altri, cita anche se stesso come in Reflections on Sure!? (1990) dove si mescolano bagliori di specchi e frammenti di fumetto. Ironia? Esercizio intellettuale? Desiderio di appropriarsi del passato? L'opera più recente (Bedroom at Arles, 1992) è ispirata al celebre dipinto di Van Gogh. Ma questa stanza è fredda, ordinata e geometrica, con appena qualche riga ondulata sul pavimento. «Se Vincent tornasse ha commentato Lichtenstein sarebbe sorpreso di vedere le sue camicie stirate e appese, l'asciugamano ben piegato...». Ernesto Gagliano //pittore ha rifatto anche la camera di Van Gogh: «Se Vincent tornasse si stupirebbe di vedere le camicie stirate e appese» Un dipinto di Lichtenstein ricavato da un fumetto: «Whaam!» (1963). Qui sotto: «Bedroom at Arles» (1992) la celebre stanza di Van Gogh rivisitata

Luoghi citati: Liverpool, Losanna, New York