Di Pietro; «Minacce? Non parlo»

Di Pietro; «Minacce? Non parlo» Dopo l'allarme-attentati, una nuova auto blindata, rafforzate le scorte Di Pietro; «Minacce? Non parlo» //pm Colombo: non sottovalutiamo nulla MELANO. «Le minacce? E' una guerra di nervi», dice Gherardo Colombo, pm di Tangentopoli. Un'autobomba per il giudice Di Pietro. Ha paura, dottor Di Pietro? Si sente tranquillo? «No, non posso dire niente. Davvero». E spiega: «Ogni cosa che dico potrebbe essere interpretata male». Antonio Di Pietro chiude la conversazione, tornando alla sua domenica a Curno, con i figli Toto e Titti. Lettere anonime, telefonate, e poi quest'ultima minaccia dell'autobomba, da mesi il pool del giudice Di Pietro vive nel mirino. Solo mitomani o c'è altro? «Non va sottovalutato nulla. Non escluderei proprio niente», aggiunge Gherardo Colombo, che negli ultimi giorni ha seguito le rogatorie per la Svizzera. Non è ancora allarme rosso per i magistrati antimazzette ma le misure di sicurezza non vengono allentate. Scorte continue, auto blindate, carabinieri in borghese, armati, anche al 4° piano del Palazzo di giustizia, dove da mesi è in corso l'offensiva contro la malapolitica e i malaffari accompagnati dalle bustarelle. Il giudice Di Pietre vive sotto sorveglianza ventiquattr'ore al giorno. La villetta di Curno, in provincia di Bergamo, dove abita il magistrato, è controllata a vista. Nei suoi spostamenti, verso Milano, verso il Palazzo di giustizia o il carcere di San Vittore, Antonio Di Pietro è scortato da un corteo di auto blindate. Una Croma verde scuro è stata aggiunta recentemente al parco macchine del magistrato. Alcune auto sospette, che si trovavano sulla strada del giudice, sono state controllate nel timore che stessero seguendo i suoi spostamenti. Protetta co- stantemente, oltre alla villetta di Curno dove Di Pietro vive con la famiglia, anche l'abitazione dei genitori del magistrato, a Montenero, in Molise. Vita blindata anche per gli altri pm, da Piercamillo Davigo a Gherardo Colombo, che la scorta ce l'ha però da dieci anni, da quando scoprì gli elenchi della loggia P2 a Castiglion Fibocchi. Precauzioni esagerate? Meglio non sottovalutare. Le indagini su Tangentopoli possono dare fastidio. A molti. Inseguendo il giro di mazzette, anche nei paradisi fiscali all'estero, si possono toccare i santuari del riciclaggio. E' di qualche mese fa il primo rapporto del Ros dei carabinieri in cui si parlava di Di Pietro e del giudice Borsellino come possibili obiettivi di Cosa Nostra. E quel documento porta la data del 16 luglio, tre giorni prima della strage di Palermo. Pochi giorni fa un'altra telefonata anonima: è l'annuncio di un'autobomba. Obiettivo stavolta è Di Pietro. Rapporti, segnalazioni, missive e telefonate, adesso tutto è raccolto in un fascicolo aperto dalla procura di Brescia. E' contro ignoti, per ora. Ma le indagini continuano. Su più filoni, su diversi versanti. Grande rilevanza è dato al filone svizzero, dove sono finiti parte dei soldi delle tangenti. Le indagini sulle mazzette, finite su conti cifrati delle più importanti banche ticinesi, hanno ricevuto continui stop da parte delle autorità elvetiche, chiamate a difendere la «privacy» dei correntisti. Nuova documentazione per le rogatorie è stata inviata dalla procura milanese, su esplicita richiesta della Camera dei ricorsi penali di Lugano. Quali documenti? Chi sono i correntisti indagati? E' tutto top-secret per i giudici milanesi. Non viene nemmeno confermato che sia stato direttamente il giudice Colombo a portare a Lugano, sabato, la preziosa documentazione. Tocca la Svizzera anche l'ultimo filone di indagini, quello che ha portato al blitz contro i manager pubblici romani. La Socimi, l'azienda che ha pagato 32 miliardi di tangenti, è controllata infatti da due finanziarie elvetiche: la Akg di Chiasso e la Bremsegesallshaft di Bellinzona. Anche loro c'entrano con i pagamenti delle mazzette di cui ha parlato a lungo l'amministratore della Socimi Alessandro Marzocco? I verbali dell'ultima «gola profonda» di Tangentopoli non sono noti. Forse arriveranno altre sorprese dopo le dichiarazioni che hanno portato a San Vittore i 7 manager, un'informazione di garanzia al senatore de Moschetti e l'avvio delle indagini, competente però è la procura di Roma, per l'ex ministro Claudio Signorile (psi). Marzocco ha parlato di altri politici ancora? Sì, potrebbe ulteriormente ingigantirsi l'appendice romana di Tangentopoli. Gli avvocati difensori hanno sollevato un problema di competenza territoriale ma l'ex presidente dell' Atac Pallottino, targato psi, ai giudici ha già raccontato molto. E la sua confessione, adesso, viene raffrontata con gli elementi, compresi i documenti comprovanti il pagamento delle tangenti, portati da Marzocco. E gli interrogatori continuano. Oggi, a San Vittore, verrà sentito Alberto Poggiarti, de, ex segretario amministrativo AcotraJ, l'azienda dei trasporti regionali del Lazio. Fabio Potetti re alla villetta di ietro vive con la l'abitazione dei gistrato, a Mone. Vita blindata ri pm, da Piercaherardo Colom ce l'ha però da uando scoprì gli ggia P2 a Castiagerate? Meglio re. Le indagini i possono dare i. Inseguendo il anche nei paratero, si possono ri del riciclaggio. mese fa il primo s dei carabinieri Nella foto grande, il giudice Antonio Di Pietro A fianco, Gherardo Colombo Sotto, il procuratore capo di Milano, Francesco Saverio Borrelli