«Full immersion» nel caos creativo di Moravia

«Full immersion» nel caos creativo di Moravia Nella casa dello scrittore nasce un museo: diecimila libri, articoli, lettere, fotografie a disposizione degli studiosi «Full immersion» nel caos creativo di Moravia La Francia contribuisce con borse di studio per giovani autori. Dallo Stato italiano, nulla I ROMA L grande appartamento, che s'affaccia sul Tevere e sul verde di Villa Balestra, è immerso nel silenzio. Qui è morto Alberto Moravia, esattamente due anni fa. Aveva appena fatto la doccia, era mattina, stava per ricevere la prima copia della sua auto¬ biografia, scritta in collaborazione con Alain Elkann. In casa non c'era nessuno. Grappoli di persone, alla luttuosa notizia, si misero a stazionare sul portone e nelle scale, si arrampicarono fino all'ultimo piano dove da tanti anni viveva lo scrittore. Mancava Carmen, la giovane moghe, che si trovava in Maroc- co e sarebbe arrivata proprio alla vigilia dei funerali. Oggi la casa è vuota. Le impronte di quella vita che non c'è più sono tante, ma la polvere che si è depositata sui libri, sulla macchina da scrivere di Moravia, sui suoi ricordi di viaggio, richiama drasticamente alla realtà. La camera da letto dello scrittore è stata smantellata: il letto è in piedi, appoggiato a una parete. La stanza che viene dopo è ingombra di carte e appunti: qui un tempo dormiva Dacia Marami, fra il suo tavolo da lavoro e le librerie che correvano lungo le pareti; poi diventò di Carmen Llera, che l'occupava per intero con un grande letto messo al centro. Le due camere - che erano la parte intima della casa - saranno biblioteca, sala di consultazione e di studio. Qui potranno lavorare gh studiosi interessati a ripercorrere qualcuna delle attività di Moravia, autore di romanzi, racconti, reportage di viaggi, recensioni cinematografiche, saggi. Per offrire al pubblico questa opportunità, e per mantenere vivi il ricordo dello scrittore, la memoria della sua identità più privata e quotidiana, è nata una Fondazione a lui intitolata. Appena una ventina, finora, le persone che si sono iscritte: la quota è di 200 mila lue l'anno. Il ministro della Cultura francese Jack Lang e la Maison des Ecrivains di Parigi hanno messo a disposizione borse di studio per giovani scrittori. Dalle autorità italiane, invece, finora non è venuta una lira. Nel silenzio di questo sabato assolato, un'archivista lavora paziente per mettere ordine fra le carte dello scrittore. Ha incominciato nel dicembre scorso, quando si è costituita l'Associazione. Ecco, in una pila, i «quadernoni» su cui Moravia tracciava i primi segni dei suoi scritti. Ecco, attaccati agli scaffali, i foglietti con la data e la testata dei giornali per cui ha lavorato: il suo articolo più vecchio finora ritrovato è del '37. «Moravia era un gran disordinato», raccontano tutti. Gettava insieme - alla rinfusa - lettere, fogli di giornale, appunti, disegni, fotografie. Gettava via moltissime cose: le stesure dei suoi testi, gh scritti che gli arrivavano. «Non ha avuto nessuna cura per i filologi del futuro. Destinava al testo definitivo il valore ultimo e assoluto della sua opera», dice Enzo Siciliano, presidente dell'Associa¬ zione. Non dovrebbero esserci sorprese fra le sue carte, è la tesi di molti. «Chi ha potuto, s'è ripreso le lettere che gli aveva scritto», sussurrano alcuni. Anche la grande biblioteca, diecimila volumi distribuiti lungo tutte le pareti della casa, sarà messa a disposizione del pubblico. L'archivista ha le mani nei capelli. Pure coi libri Moravia era un gran disordinato. Solo quelli suh'Africa, comprati qua e là nel mondo, occupano compatti un'intera libreria: per il resto, è il caos. Ci vorranno almeno sei mesi prima che la catalogazione sia finita. E l'apertura al pubblico? Avverrà solo quando si troveranno i soldi per tenere in vita una struttura stabile. Liliana Madeo Carmen Llera, l'ultima compagna di Moravia, dormiva nella camera che fu di Dacia Maraini. Ora il suo grande letto è stato messo da parte, al suo posto c'è una biblioteca Alberto Moravia. «Era un gran disordinato» ricordano gli amici, «gettava via le stesure dei suoi scritti: non si curava dei filologi del futuro»

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