Walesa: «Cari polacchi mettetevi a lavorare»

Walesa: «Cari polacchi mettetevi a lavorare» Bl, TIMONIERE DELLA NUOVA POLONIA Il Presidente agli ex amici di Solidarnosc: basta scioperi, senza di me non ce l'avreste fatta Walesa: «Cari polacchi mettetevi a lavorare» VARSAVIA DAL NOSTRO INVIATO Davanti a una tazza di té a Palazzo Belvedere, la piccola Casa Bianca di Varsavia, trovo un Walesa nuovo, inatteso. Singolarmente modesto, addirittura umile, il presidente polacco è lontano dalla prosa concitata e dai proclami abbastanza contraddittori del suo passato di sindacalista prima e di politico irruento poi. Se i suoi detrattori affermano che l'ex operaio ha finalmente imparato a farsi il nodo alla cravatta, bisogna ammettere che dall'elezione a Presidente della Repubblica, nel dicembre 1990, Walesa è maturato, che si sente a pieno agio nei panni dello statista. Signor Presidente, il Paese è a un bivio, aspira alla stabilità eppure gli scioperi presso lo stabilimento automobilistico di Tychy sono durati oltre il previsto, hanno rappresentato una pericolosa spia d'allarme. Come spiega quella ventata anche se rientrata di protesta operaia? «Il processo delle riforme è assai difficile. Avevamo da scegliere tra due strade: imporre una soluzione, ed in quel caso non ci saremmo discostati dai metodi del vecchio sistema, oppure tentare la via della saggezza seppure attraverso errori di percorso. Gli scioperi hanno dimostrato che nelle nostre attuali condizioni di Paese democratico essi non dovrebbero avere luogo. Però il prezzo che dobbiamo pagare per ottenere le riforme resta alto». In passato lei si era definito l'incendiario e contem¬ poraneamente il pompiere delle rivendicazioni sociali. Che cos'è oggi? «Preferisco essere un ispiratore, mi vedo bene nel ruolo che prevede il mio coinvolgimento nelle vertenze senza sentire il bisogno di renderlo pubblico. Tutto qui». Concorda con la mediazione che la Chiesa cattolica ha svolto presso gli stabilimenti della Fsm e che ha messo fine alla protesta? «La presenza della gerarchia ecclesiastica si è rivelata determinante, segue una logica nel cui ambito era necessario maturare. In Polonia la Chiesa ha avuto ed avrà sempre una grande autorità». Però in questa Polonia così cattolica sembra diminuire il potere di attrazione esercitato in passato dal clero, le chiese sono meno gremite, il Paese rischia di spaccarsi sulla controversia dell'aborto oggi ammesso domani forse fuorilegge... «Calma, andiamoci piano con simili affermazioni. Io la vedo in maniera diversa. Nella fase precedente alla riconquista della libertà la Chiesa svolgeva ruoli sostitutivi, era l'unico punto fermo, l'unica roccaforte in cui gli scontenti potevano rifugiarsi. Ci radunavamo attorno ad essa per ideare altre soluzioni, ora con la creazione di nuove condizioni di vita la Chiesa ha ripreso semplicemente il proprio antico posto in splendida simbiosi con il popolo». Che voto si dà come Presidente, dove ha sbagliato dove ha visto giusto? «Veramente non saprei, suggerisco invece a coloro che mi criticano di valutarmi sulla base delle trasformazioni storiche che si sono avverate nel Paese, degli obiettivi che ci siamo prefissati di raggiungere. La società polacca ha superato il difficile periodo della guerra e del comunismo e le nuove generazioni devono sopportare sulle spalle il peso della ristrutturazione. In questa essa è sfortunata, deve lavorare duramente per cambiare il sistema, non l'otterrà mai con la lotta ma con la forza della persuasione. Indubbiamente la popolazione è stanca di attendere, vive male la fase della transizione, tuttavia i risultati non tarderanno. Beh, diciamo che per certi versi i voti sulla mia pagella sono bassi e per altri sono alti». Lei menziona l'attesa dei polacchi. Quanto dovranno ancora pazientare? «Non si può pretendere che il Presidente agisca d'imperio come per cinquant'anni aveva fatto il primo segretario del partito comunista. Bisogna capire che è giunta l'ora di costruire il nostro futuro tramite l'impegno di ognuno di noi affinché il polacco si svegli dal letargo, che si prenda il lavoro nelle sue mani e capisca che il Presidente e il governo si limitano a indicare le possibilità d'azione». Ma lei aveva minacciato di brandire l'accetta invocando una presidenza forte, autoritaria... «Vorrei poterla avere in pugno però senza usarla. E' una metafora di cui mi servo per mettere in giro un po' di paura. Respingo il concetto di diventare capo supremo, preferisco innervosire i polacchi, provocarli». Spesso lei era entrato in conflitto con i governi precedenti. E' contento del primo ministro, la signora Hanna Suchocka? «Di tutti i governi sui quali posso pronunciarmi questo è decisamente il migliore, ognuno ha tentato di operare in condizioni diverse, dalle valutazioni difficili, ma l'attuale compagine ministeriale rispecchia la migliore configurazione per la realtà del Paese. Mi riservo il diritto di sfilare un asso dalla manica al momento opportuno se il processo delle riforme dovesse subire rallentamenti». I suoi ex compagni di lotta di Solidarnosc l'accusano di aver dissolto il movimento, hanno interrotto ogni rapporto con lei. Di chi la colpa? «Mi basta rispondere che in Cecoslovacchia non c'è stato un Walesa, lì chi ha battuto il comunismo è stato sconfitto alle elezioni, lo stesso Gorbaciov è uscito di scena. Avevo previsto queste evoluzioni e ho salvato l'elite che aveva accompagnato durante la resistenza al totalitarismo piazzandola in diversi partiti, collocando ciascuno secondo le sue ideologie. Parto da una semplice constatazione filosofica: la nostra vittoria ai negoziati della "tavola rotonda" del 1989 era legata al nome di Walesa e le successive divergenze sono state inevitabili». Però il suo indice di popolarità è in caduta, secondo l'ultimo sondaggio appena il 39 per cento della popolazione appoggia il suo operato contro il 78 per cento dei consensi riversati sul ministro del Lavoro Jacek Kuron. «Mi viene la tentazione di riderci sopra ed insieme la voglia di rispondere per le rime. Siccome non mi trovo in campagna elettorale non mi preoccupo più di tanto. Infatti sono calmo perché la Polonia ha smesso di essere un Paese a rischio, si trova in posizione più avanzata rispetto al resto dell'Europa, torna ad essere un Paese stabile. Stiamo modificando il nostro assetto economico, sarebbe stato peggio aver soldi e proventi a volontà per utilizzarli in modo sbagliato». Che appello vorrebbe rivolgere ad amici e nemici? «Ai polacchi: mettetevi all'opera, all'Occidente venite ad investire da noi perché qui si aprono enormi prospettive economiche». Piero de Garza rolli «Se le riforme dovessero fermarsi non starò a guardare Mi riservo un asso nella manica da tirare fuori all'ultimo istante» «Nel nostro Paese la Chiesa ha avuto e avrà sempre una grande autorità» Nella foto In alto il presidente Walesa con la moglie Danuta A fianco, l'ex leader di Solidarnosc in una caricatura di Levine [COPYRIGHT .THE NEW YORK REV1EW OFBOOKS»] Nella foto In alto il presidente Walesa con la moglie Danuta A fianco, l'ex leader di Solidarnosc in una caricatura di Levine [COPYRIGHT .THE NEW YORK REV1EW OFBOOKS»]

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