Cresci; Ronchey chiuderà anche l'Arena? di Simonetta Robiony

Cresci; Ronchey chiuderà anche l'Arena? II sovrintendente dell'Opera risponde al ministro dei Beni Culturali che nega allo spettacolo gli spazi storici Cresci; Ronchey chiuderà anche l'Arena? Caracalla vietata da ottobre, il concerto di Battiato si farà ROMA. Giampaolo Cresci, giornalista, fanfaniano per amicizia più che per politica, ex grande capo della Sacis, attuale sovrintendente del teatro dell'Opera è sceso in guerra contro Alberto Ronchey, celeberrimo giornalista esperto di politica estera, repubblicano per affinità elettive, neoministro dei Beni Culturali che vorrebbe togliergli il diritto di fare la lirica a Caracalla. Ma non è solo questo. Ronchey non ce l'ha solo con Caracalla. Non vuole che piazze e monumenti, chiese, musei, luoghi sacri e luoghi profani consacrati dalla storia e dall'arte vengano usati per manifestazioni che abbiano a che vedere con lo spettacolo, qualsiasi tipo di spettacolo. E così^prima ha vietato piazza San Marco-aiLeoni del festival di Venezia lasciandola però in mano ai bancarellari, potè_stata la volta delle Terme di Carcalla che fra tre mesi l'Opera di Roma dovrebbe abbandonare, adesso si parla del teatro greco di Taormi- na, delle basiliche bizantine di Ravenna, perfino dell'Arena di Verona. Cresci, è vero che lei ce l'ha con Ronchey? «Non potrei mai. Siamo due giornalisti, una volta abbiamo addirittura lavorato su uno stesso servizio. Non sono arrabbiato con Ronchey. Non condivido la sua posizione». Su tutto? «Su Caracalla certamente». Perché? «Perché da cinquantadue anni le Terme sono state concesse al tea¬ tro dell'Opera per la sua stagione estiva. Perché se oggi Caracalla è un nome noto nel mondo lo deve al concerto di Domingo, Pavarotti e Carreras. Perché a Roma nelle notti d'estate si muore di noia e se si vuole salvare quel po' di turismo che resta occorre offrirgli l'opera a Caracalla. Ma lo sa che su 115 mila biglietti venduti quest'anno il 35% li abbiamo dati agli stranieri in vacanza a Roma?». Ma le Terme di Caracalla sono un monumento, non un luogo dove i turisti debbano divertirsi. «Verissimo, ma Roma non ha altro. Fate la Città della Musica e noi. sia pure con la morte nel cuore, restituiremo Caracalla». Perché con la morte nel cuore? «Caracalla è un luogo speciale, magico, insostituibile. Un posto che se non ci fosse l'opera nessuno verrebbe a vedere. Saranno quaranta, massimo cinquanta al giorno i turisti che le vanno a vi¬ sitare. Per sentire la musica sono migliaia». Che però danneggiano quei preziosi resti... «Anche questo non è del tutto vero. Signorello, quand'era sindaco, fece fare una perizia da cui risultò che questi famosi danni erano poi piccola cosa, e Sisinni, direttore dei Beni Culturali, aveva elaborato un piano per spostare il palcoscenico altrove ma lasciando Caracalla all'Opera». E questo non si può fare? «Costa. E non ci sono soldi». Allora? ((Allora io dico a Ronchey di soprassedjre finché non avremo un auditorium, un teatro, uno spazio qualunque, Caracalla deve continuare ad esser usata per far musica». Il concerto di Battiato comunque stasera si farà. «Non c'era alternativa. Tutto era previsto. Comunque non è Ronchey che ci ha aiutati». E chi vi ha aiutati? «L'assessore alla Cultura Alfredo Barbera, un professore universitario prestato alla politica, il sindaco di Roma, Franco Carraro, e soprattutto il ministro Margherita Boniver che è in assoluto il miglior ministro che io abbia conosciuto». In che senso? «Nel senso che anche per i de quel ministero sembrava una punizione. Perfino Bernardo D'Arezzo continuava a sognare le Poste. La Boniver invece s'è data un gran da fare». Secondo lei i monumenti devono esser tutti a disposizione dello spettacolo? «Meglio un salotto usato e vivo che un salotto vuoto con le fodere sulle poltrone». Adesso che succederà? «Un collegio legale sta studiando il caso. Il 28 si riunirà il Consiglio d'amministrazione. Se troviamo gli sponsor potremmo anche fare quei lavori che chiedeva Sisinni e adattare Caracalla alle nuove ri¬ chieste. Altre vie d'uscita non ce ne sono: occorre programmare la stagione 1993, firmare i contratti, vendere alle agenzie turistiche straniere i "pacchetti" per Roma». Caracalla è davvero un affare? «Ogni spettatore che assiste a un'opera costa 350 mila lire: con Caracalla il costo è sceso a 111 mila nonostante i prezzi popolari, anche di 10 mila lire a biglietto». Le pare giusto che si facciano i tagli sulla salute e non sulla lirica? «Più è grave la situazione più si ha bisogno dei teatri. Lenin appena al potere riaprì il Bolscioi, Vienna era ancora in fiamme e già si raccoglievano i soldi per restaurare il teatro, De Gaulle a Parigi volle che l'Opera riprendesse la sua attività. Non si può ragionare solo in ternani economici: l'uomo chiede anche altro». Simonetta Robiony I «Solo la Boniver e Carraro hanno a cuore i nostri problemi» Il ministro Alberto Ronchey e il sovrintendente Cresci due amici giornalisti divisi da un'annosa polemica: come utilizzare gli spazi monumentali italiani