L'apartheid alla cassa del bar

L'apartheid alla cassa del bar Bolzano, un locale fa pagare il doppio la consumazione degli extracomunitari L'apartheid alla cassa del bar // titolare si difende: niente razzismo «Voglio solo selezionare la clientela» BOLZANO DAL NOSTRO INVIATO Due pakistani entrano nel bar New Time, a pochi passi dalla stazione. Vi si trattengono una decina di minuti, scambiano quattro chiacchiere sotto lo sguardo sospettoso del barista. Quando escono, uno di loro stringe tra le dita lo scontrino: due caffè, 4800 lire. Sotto c'è scritto: «Grazie, arrivederci». Ma lo sapete, diciamo loro, che quei caffè vi sono costati il doppio? «Ah sì? - risponde quello che ha pagato -. Allora c'è stato un errore». E fa per tornare indietro. Purtroppo, non c'è stato nessun errore, perché in quel locale per «certi clienti» il prezzo delle consumazioni viene raddoppiato: a marocchini, ghanesi, tunisini, altri extracomunitari è riservato questo trattamento. Quando lo si racconta ai due pakistani, sgranano gli occhi. Quello che infila nella tasca del giubbotto il resto del denaro scuote il capo. Poi gli scappa un'imprecazione. «Guarda dove siamo finiti, dentro un bar di razzisti. Che schifo». Se ne vanno gettando un'occhiata a quel locale, ai tavolini ordinati sulla piazzola, alla gente che beve birre e cappuccini ed è diversa da loro perché paga la metà. A uno dei tavoli ci sono due tunisini: uno lavora come meccanico, l'altro è in cerca di un'occupazione. Il primo sorseggia un caffè, poi dice: «Sì, lo so che certi qui pagano il doppio. Perché io vengo qui? Perché a me fanno un prezzo normale: 1200 lire, come a tutti gli altri. Si vede che non hanno nulla contro di me. Sono venuto qui altre volte, e mi hanno sempre trattato bene». S'infila nel discorso il barista, che regge un vassoio pieno di bicchieri per «chenti come si deve»: «Vuol sapere per quale motivo questo qui e Ù suo amico li trattiamo diversamente? Per il fatto che loro si comportano bene, sono persone a posto». E gli altri? «Eh, per quelli c'è bisogno di regole speciali, se no non ce la caviamo più». Altri extracomunitari escono dal New Time con un carico di umiliazione, dopo aver bevuto qualcosa. Il barista posa il vassoio e mette le mani avanti: «Ma guardi che non è mica questione di razzismo, di extracomunitari. Adesso le spiego come stanno le cose. Qui stava aumentando un tipo di clientela che a noi non andava bene: prostitute, drogati, spacciatori. Tra questa gente, anche extracomunitari. Succede che questi qualche volta fanno casino. E noi vogliamo evitare personaggi di questo tipo. Voghamo lavorare tranquilli, cercando di avere una clientela normale». Allora, c'è questa di¬ scriminazione. «Certo che c'è, e non comporta nessuna conseguenza per noi, sia ben chiaro: i prezzi sono esposti e rilasciamo regolare sccontrino». Il barista tira diritto nel discorso: «Vede, noi all'inizio abbiamo trattato sempre bene tutti. Poi, stando dietro il banco, si vede come certi si comportano, che gente frequenta il locale. Allora ci diamo da fare per allontanare gli indesiderati, visto che non ci si può rifiutare di dar da bere alla gente. Quindi, questa è la nostra regola: se uno si comporta male, paga due volte il prezzo delle bevande. Ma io non sono mica razzista, sa». Dal retro del New Time esce il titolare del locale, Oswald Fili: ha appena ricevuto la visita di un funzionario della Questura, che ha voluto vederci chiaro in questa storia. «Ma mi ha detto che non c'è niente di irregolare». Oswald Fili si siede su una sgabello davanti al bancone. «Sono stati loro a farmi diventare così: volevano fare i loro affari, qua dentro. Allora ho dovuto prendere quella decisione. Le assicuro, però, che il razzismo non c'entra niente. Soltanto, io non posso avere un tal genere di clientela». Fili si mette una mano sul petto: «Non è per il colore della pelle. Il fatto è che noi li conosciamo, quelli. E poi, basta guardarli in faccia. Allora, i prezzi delle consumazioni sono uguali per tutti, ma poi la differenza la faccio io. Ripeto che voglio una clientela normale». In città, sbigottimento per questo bar dove si pratica una sorta di apartheid. Il sindaco, Marcello Ferrari, dice che «appare dubbia la legittimità giuridica di tale modo di agire», e annuncia un intervento dei vigili annonari. «Non è certo questo il modo - aggiunge - di risolvere i problemi di integrazione degli extracomunitari. Si tratta di una realtà che esiste, ed è gente che va aiutata ad inserirsi nel tessuto sociale». Interviene indignato anche Christian Masten, responsabile dell'Unione dei commercianti altoatesini: «Si tratta di un modo di agire ottuso. Sembra che il gestore di quel bar viva in un secolo sbagliato. Bolzano non è il Sudafrica, e da noi non si può applicare l'apartheid». Conclude Masten: «Un fatto disgustoso sul piano umano e da deprecare dal lato sociale. L'Alto Adige si caratterizza per la sua cordialità nei confronti dell'ospite, e cose di questo genere non debbono essere tollerate. Se vi sono dei problemi, esistono mezzi legali per allontanare i clienti». Per il presidente dell'azienda di soggiorno di Bolzano, Ermanno Fuestoess, questa è una vicenda «incredibile». «Agendo in questo modo, si arreca.un danno non soltanto ai bar, ma a tutto il centro storico della città». Giuliano Marchesini Scandalizzato il sindaco «Non siamo in Sud Africa. Farò subito intervenire i vigili» smo la» 1 TFL 374549 BOLZANO WSfft* 014369402 4.BQ0J * 4.eoo! GRf>l£Pfl ,52009351 no del caffè pio dai neri Nel riquadro lo scontrino del caffè pagato doppio dai neri

Persone citate: Christian Masten, Ermanno Fuestoess, Giuliano Marchesini, Marcello Ferrari, Oswald Fili

Luoghi citati: Alto Adige, Bolzano, Sud Africa, Sudafrica